La crisi finanziaria in Grecia è costantemente in prima pagina e sta focalizzando l'attenzione di tutti sulle sue possibili conseguenze. Come abbiamo già spiegato, la ragione di questo non è dovuto al reale peso dell'economia greca nel capitalismo europeo e mondiale. In termini assoluti la Grecia rappresenta solo il 2% del PIL dell'Unione Europea e anche il debito pubblico è solo il 3% del debito pubblico totale dell’ Eurozona. Il punto è, tuttavia, che la Grecia è l'anello più debole del capitalismo europeo, che ora è al centro della crisi globale del capitalismo.
Mercoledì, 6 ottobre, c’è stato un altro grande sciopero di 24 ore contro le misure di austerità da parte dei lavoratori del settore pubblico. Voli e traghetti sono stati cancellati, scuole, uffici pubblici e luoghi di interesse turistico sono rimasti chiusi e gli ospedali hanno erogato solo i servizi essenziali. Anche i controllori di volo, i dipendenti del fisco, i lavoratori dei trasporti pubblici, i poliziotti e gli operatori del soccorso in genere sono scesi in sciopero.
Questo sciopero è il primo da quando il governo ha annunciato la sua ultima serie di misure di austerità fiscale, tra cui la nuova tassa di proprietà e il licenziamento di 30.000 lavoratori del settore pubblico. Secondo il governo, si tratta di misure necessarie per ridurre il deficit dello Stato e soddisfare i requisiti dell'Unione Europea che permetterebbero alla Grecia di ottenere nuovi prestiti. Il governo è in una situazione disperata: sostiene di avere in cassa solo il denaro sufficiente a pagare le pensioni, gli stipendi pubblici e obbligazioni fino a metà novembre. Eppure, a dispetto di tagli senza precedenti nella spesa e di un massiccio aumento delle imposte, il governo si sta dimostrando incapace di raggiungere l'obiettivo imposto alla Grecia di ridurre il deficit di bilancio al 7,5% del PIL, che sembra invece non inferiore a 8,5%. Il che significa che bisognerà inventare ulteriori misure di austerità, anche più severe.
I lavoratori greci ne hanno avuto abbastanza
Ma i lavoratori e la gioventù greci ne hanno avuto abbastanza. Si sta chiedendo loro di pagare per una crisi non loro, e stanno reagendo attraverso una mobilitazione in grande stile. Lo sciopero ha visto la più grande partecipazione degli ultimi 18 mesi, con manifestazioni molto grandi ed una forte partecipazione di studenti universitari e medi. Ad Atene hanno manifestato oltre 30.000 persone. Contemporaneamente sono stati occupati i tre ministeri delle finanze, dei trasporti e dell'istruzione dove i lavoratori hanno deciso di continuare l'occupazione nonostante l'intervento del nuovo segretario dell’ADEDY.
Dopo la fine della manifestazione la polizia ha sparato gas lacrimogeni contro i manifestanti, attaccandoli brutalmente. In questa occasione hanno anche aggredito diversi giornalisti e fotografi. Reagendo a questi episodi di brutalità poliziesca l’ESIEA, l'Unione dei Giornalisti, ha lanciato ieri una campagna contro la violenza della polizia, portando all’attenzione il caso alla televisione di Stato.
Tuttavia, il debito greco non è un fenomeno isolato. L'enorme aumento del debito pubblico in tutta Europa deriva dal fatto che i capitalisti hanno disperatamente cercato di evitare di entrare in una grave recessione. Ora, però, il problema si sta aggravando, con l'economia mondiale che sta entrando in un'altra fase recessiva, molto più profonda rispetto al 2009, mentre un capitalismo parassitario continua le sue speculazioni sul debito dell’Eurozona. L'esplosione del debito pubblico greco è un riflesso della crisi mondiale del capitalismo e l'impatto che sta avendo sul debole capitalismo greco è aggravato dalla natura altamente parassitaria e dipendente dagli interventi statali della borghesia locale.
Il fatto è che lo stato greco è stato inadempiente cinque volte dal raggiungimento dell'indipendenza (1826, 1843, 1860, 1894 e 1932). Il default del 1932 è durato in realtà fino al 1964, il più lungo di tutti e cinque. Tuttavia, nessuno di questi eventi impostazioni predefinite precedenti ha mai realmente nuociuto a lungo termine all'economia globale.
Oggi, però, le cose sono molto diverse: la Grecia è nell’euro e le banche straniere possiedono obbligazioni greche per un valore di 195 miliardi di euro, con le banche francesi e tedesche come principali possessori. Quindi in caso di insolvenza la Grecia produrrebbe un effetto domino che colpirebbe il cuore stesso del sistema bancario internazionale, destabilizzando l'euro e con esso l'intero sistema capitalistico mondiale.
Tutto questo spiega perché i principali potenze capitaliste vogliano evitare a tutti i costi un default greco con l'introduzione di due "pacchetti di salvataggio" per la Grecia. In realtà, come abbiamo spiegato in precedenza, questi cosiddetti "pacchetti di salvataggio" sono progettati in modo da prevenire il collasso delle banche, dell'euro e del capitalismo mondiale, lasciando l'onere di pagare il debito essenzialmente alla classe lavoratrice. Nel corso degli ultimi 18 mesi il governo greco ha introdotto cinque pacchetti di austerità principali che hanno distrutto le condizioni di vita dei lavoratori. Come risultato di tutti questi tagli i consumi dei lavoratori in Grecia sono tornati ai livelli del 1983 e la disoccupazione è salita ai livelli del 1961.
Dalla fine del 2009, il governo greco ha messo in atto quello che è probabilmente il più ampio pacchetto di tagli mai visto nella storia recente del mondo, con l'obiettivo di ridurre il deficit annuale di bilancio di 25 miliardi di euro. Tenendo conto della differenza di dimensioni dell'economia questo equivarrebbe al taglio di oltre 250 miliardi di euro in Germania!
Due settimane fa il governo ha approvato nuove misure. Le tasse imposte ai lavoratori, ai poveri ed ai piccoli proprietari hanno raggiunto livelli che le rendono impossibili da sostenere per la gente comune. Questo mese si dovrà pagare la cosiddetta imposta straordinaria "di solidarietà", dal 2 a 5 per cento del proprio reddito annuo, oltre ad una tassa sulla proprietà separata. Inoltre, ulteriori tagli alle pensioni ed agli stipendi dei dipendenti pubblici (la riduzione totale complessiva dal 2010 è ormai prossima al 40%) e, come spiegato sopra, l'ultimo annuncio di 30.000 esuberi nel settore pubblico già solo per quest'anno.
Una pressione insostenibile
La pressione esercitata sui lavoratori greci è talmente insostenibile che è sorto un diffuso movimento popolare, “Io non pago”. La scorsa settimana in tutta la Grecia manifestanti arrabbiati hanno pubblicamente bruciato i documenti, relativi al pagamento del nuovo contributo di solidarietà, che avevano ricevuto dalle autorità fiscali.
Tuttavia, la pressione a operare ulteriori tagli è inarrestabile. A causa della recessione, profonda e di lunga durata, il deficit di bilancio annuale greco rimane all’ 8,5%, ben al di sopra dell’obiettivo, ed il Ministro delle Finanze, Evangelos Venizelos, ha anche lasciato intendere che senza la politica fiscale in atto potrebbe raggiungere il 9%. Perciò la Troika (UE, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale) sta chiedendo anche "più sangue": il taglio di 150.000 posti di lavoro nel settore pubblico, l'abolizione del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, che aveva precedentemente stabilito un salario minimo di € 750 nel settore privato, ed una enorme riduzione del salario minimo legale, portandolo probabilmente a 500 euro!
Le condizioni dei lavoratori stanno drammaticamente peggiorando. Nelle scuole statali, i figli di lavoratori non hanno libri, le università non hanno i soldi per funzionare, molti ospedali mancano di medicinali di base e, a causa del numero enorme di licenziamenti la principale linea metropolitana di Atene, ora ha solo un treno ogni 30 minuti! In contrasto con la situazione disperata che i lavoratori devono fronteggiare, abbiamo lo scenario disgustoso degli armatori privati greci, che quest’anno sono risultati al primo posto nel mondo per l'acquisto e la vendita di navi, con un investimento di oltre 12 miliardi di euro, 10 miliardi in più rispetto alla Cina! E le principali banche greche hanno ottenuto dallo Stato finanziamenti per oltre 100 miliardi di euro in contanti e garanzie, anche se il totale del loro valore attuale in borsa è solo di 9,4 miliardi di euro.
Il debito pubblico greco è ora pari al 167% del PIL e dovrebbe salire al 179% entro la fine del 2012. Un'indicazione di quanto sia drammatica la situazione si può avere dai seguenti dati: 1) L'interesse sul debito solo per il 2012 ammonta a 18 miliardi, che è molto più del previsto disavanzo pubblico primario [cioè senza gli interessi] di 14,659 miliardi (secondo i calcoli della Troika), e solo leggermente inferiore al disavanzo dell'amministrazione centrale che si prevede raggiunga i 19 miliardi. 2) E’ superiore al costo complessivo dei salari e delle pensioni dei lavoratori pubblici (17,5 miliardi). 3) E’ anche superiore ai 15,9 miliardi che lo stato ha in previsione di spesa per il 2012 in materia di assicurazione, assistenza sanitaria e sicurezza sociale. 4) E infine, è pari a circa il 40% (!) della spesa primaria dello Stato prevista, e superiore a 1 / 3 delle entrate fiscali previste.
Il problema, per la borghesia, è che le severe misure di austerità adottate stanno rendendo impossibile per la Grecia uscire dalla spirale recessiva in cui è stata risucchiata. Più si tagliano i salari, si riducono i posti di lavoro e si aumentano le tasse, meno denaro è disponibile per il consumo. E quanto più l'economia si indebolisce, tanto meno lo Stato può ricavare dal fisco e così via, in una spirale che non fa che peggiorare via via la situazione.
La profonda recessione in cui versa la Grecia è sottolineata dal fatto che il PIL è sceso quest'anno di quasi il 6% e continuerà a scendere il prossimo anno di almeno il 2,5%. L'anno prossimo sarà il quarto anno consecutivo di recessione in Grecia, con una diminuzione totale del PIL di circa il 15% nel periodo 2009-2012: il peggior crollo dalla fine della guerra civile. Per il solo 2011, la stima ufficiale del governo è che i consumi privati diminuiranno del 6,5%, gli investimenti del 12,9% e l'occupazione del 5,6%.
Il default della Grecia sarà ad un certo punto inevitabile
Ormai tutti gli analisti seri sono giunti alla conclusione che un default greco è inevitabile. Non è più una questione di se ma di quando. Il raffazzonato piano UE dello scorso luglio, che è servito solo a ritardare il default di qualche mesi, è ora oggetto di controversia, con un paese del Nord Europa dopo l'altro che chiede garanzie prima di impegnarsi in un nuovo prestito. Il problema che devono affrontare è che più a lungo si rinvia una riduzione del debito greco, più presto si arriverà ad un default incontrollabile di questo paese.. Ma il problema per i leader della borghesia europea è che, purtroppo per loro, la Grecia non è l'unico paese esposto a questo rischio.
L’esperienza reale ha dimostrato che non è possibile costruire una muraglia cinese attorno alla Grecia per limitare il pericolo di diffusione di default da un paese all'altro. Il prezzo da pagare per salvare la Grecia, o anche il Portogallo e Irlanda, è relativamente basso rispetto a quello che costerebbe salvare l'Italia e la Spagna, che vedono anch’esse il loro debito salire di giorno in giorno. Il costo del salvataggio della terza e quarta economia europea sarebbe enorme, e ben oltre le possibilità anche di finanziatori importanti come la Germania.
Questa impasse ha aperto un conflitto interno alla borghesia europea, e la questione ora è: chi pagherà tutto questo? In ultima analisi, le maggiori potenze europee si trovano di fronte al seguente enorme dilemma: assumersi l’onere del salvataggio di tutti i paesi in grave debito attraverso un default selettivo e nuovi prestiti (accettando così il pericolo di un trasferimento immediato della prospettiva di default dal sud verso i paesi del Nord Europa), o bloccare tutti i nuovi prestiti e spingere "consensualmente" fuori dall’Eurozona le economie nazionali più deboli , dopo aver trovato una soluzione per salvare le banche, e quindi mettere in discussione il futuro stesso della moneta comune?
C'è, naturalmente, un altro scenario molto probabile: un effetto domino di default incontrollato e lo scioglimento dell’Eurozona, con tutte le disastrose conseguenze che questo avrebbe per tutti gli Stati UE, con un crollo generale del PIL. Ma con qualunque di questi scenari, la Grecia rimane il candidato numero uno ad un default incontrollato e all'espulsione dall’Eurozona. Il ritorno alla dracma in condizioni di profonda recessione, tuttavia, spingerebbe la Grecia in una situazione simile a quella della Germania agli inizi degli anni ’20, con inflazione alle stelle, crollo degli investimenti e disoccupazione di massa.
La nuova ondata di rivolte della classe operaia
La crisi si è manifestata prima in Grecia, perché questo è l'anello più debole del capitalismo europeo, ma ci fornisce anche una vivida immagine dell’ immediato futuro della lotta di classe nel resto d'Europa. Il movimento di massa che abbiamo vissuto dal 25 maggio agli inizi di luglio di quest’anno segna ufficialmente l’ingresso della Grecia in un periodo prerivoluzionario, in cui le masse si preparano ad apparire sulla scena della storia. Dobbiamo ricordare che una tale situazione è stata preparata da due movimenti di massa degli studenti nel 2006 e 2007, da una rivolta giovanile (soprattutto studenti medi) nel dicembre 2008 e da una serie di scioperi generali di 24 ore a partire dal dal 2007.
In Grecia sono ormai presenti tutti gli elementi principali di una situazione rivoluzionaria, proprio come descritti a suo tempo da Lenin. La classe dominante ha cominciato a rendersi conto che non può più governare come hanno fatto in passato, con metodi “pacifici” e "democratici". La borghesia è confusa e in crisi, vedendo che i propri partiti (Nuova Democrazia, ND e il più populista LAOS, di estrema destra) non riescono ad accrescere il loro sostegno tra la popolazione.
La borghesia greca è molto debole in questo momento e non può muoversi in una direzione apertamente reazionaria. Questo spiega perché è costretta a imporre il suo programma appoggiandosi ai leader del PASOK e alla burocrazia sindacale. Il motivo è che un atteggiamento chiaramente bonapartista nel confronto con la classe operaia, invece di risolvere i problemi, li complicherebbe. Nel corso degli ultimi 18 mesi i lavoratori hanno dimostrato di essere pronta a lottare senza tregua, con a 13 scioperi generali, uno dei quali di 48 ore.
Il pilastro tradizionale della borghesia, le classi medie, sono state radicalizzate e sono ora in lotta. Tutte le componenti della società si sono ormai mobilitate, ivi compresi quelli tradizionalmente su posizioni arretrate (camionisti, negozianti, tassisti, ecc.)
L'unica cosa che manca è un chiaro programma rivoluzionario e una direzione veramente rivoluzionaria profondamente radicata tra le masse. Questo è ciò che sarebbe necessario per trasformare la situazione prerivoluzionaria in una rivoluzione vittoriosa. Il compito che ci attende è appunto quello di costruire questa direzione.
Resta il fatto che le misure di austerità, sono state approvate in Parlamento, nonostante le mobilitazioni di massa. Le masse non possono essere costantemente in lotta, e questo inevitabilmente ha portato ad una temporanea riduzione nell’intensità del movimento. Tuttavia, è anche un fatto che un simile movimento di massa ha cambiato radicalmente la coscienza di milioni di persone, e questo ha già creato una nuova tradizione di lotta.
Sebbene la mobilitazione che abbiamo visto durante l'estate nelle principali piazze sia ormai finita, le assemblee popolari create in questa occasione continuano ad esistere nei quartieri di Atene. Allo stesso tempo abbiamo anche assistito alla recente meravigliosa lotta degli studenti universitari che al suo apice ha portato all'occupazione di 350 facoltà, seguito ora da una grande mobilitazione degli studenti medi, con l'occupazione di 750 scuole superiori.
Dopo lo shock iniziale delle nuove misure di austerità, i lavoratori hanno cominciato a reagire in modo molto dinamico. Tutti i lavoratori del settore pubblico si stanno mobilitando. Lavoratori di tutti i servizi pubblici e delle aziende statali hanno organizzato assemblee di massa. Negli ospedali statali i lavoratori hanno organizzato le più grandi assemblee degli ultimi 20 anni, dove hanno deciso di organizzare una campagna per il rifiuto di pagare le nuove tasse.
Abbiamo anche i primi segnali di una chiara radicalizzazione politica. Per esempio alle Industrie Elleniche della Difesa (EAV), per la prima volta le forze di sinistra (Partito Comunista, Synaspismos, ecc.) hanno ottenuto la maggioranza tra i lavoratori.
Come abbiamo già visto, mercoledì scorso il paese è stato ancora una volta paralizzato dallo sciopero unitario dei lavoratori del settore pubblico, proclamato dai sindacati GSEE e ADEDY. A seguito della grande pressione dal basso, i dirigenti del GSEE ora sono stati costretti a proclamare un altro sciopero generale di 24 per il 19 ottobre. Ma dopo l'annuncio ufficiale dell’intenzione di abolire il presente Contratto Collettivo Nazionale al fine di tagliare i salari, la pressione dei lavoratori sulla burocrazia sindacale per uno sciopero generale a tempo indeterminato cresce di giorno in giorno.
La situazione politica
Stiamo per assistere ad una nuova, inevitabile ondata di lotte, ed è molto probabile che questa volta il governo possa cadere e che si debba andare a nuove elezioni. Ciò esercita una pressione enorme sul PASOK, tra i cui militanti cresce costantemente l’opposizione al governo, in particolare tra gli iscritti ai sindacati e tra i giovani. L’organizzazione del PASOK interna ai sindacati è il PASKE, i cui dirigenti si trovano oggi a subire le maggiori pressioni. Nel settore degli insegnanti e in quello dei dipendenti comunali, il PASKE si è separato dal PASOK. Il PASP, l’organizzazione degli studenti universitari del PASOK, la sua base principale tra i giovani, si è spaccata a metà durante l'ultimo grande movimento studentesco. In molte università i membri del PASP hanno chiesto di creare un fronte comune con le altre organizzazioni degli studenti di sinistra a sostegno delle occupazioni e di conseguenza un gran numero di studenti del PASOK è stato espulso dal partito.
Anche molti parlamentari del PASOK nelle ultime settimane hanno dichiarato "di non poterne più” e che non voteranno a favore delle nuove misure di austerità. Simili fatti rivelano come la posizione del governo stia diventando sempre più insostenibile, e le voci che Papandreou starebbe pensando alle elezioni anticipate, pubblicate due giorni fa dall'edizione tedesca del Financial Times, potrebbero in realtà essere più che un semplice pettegolezzo.
I sondaggi di opinione mostrano che è assai probabile che nessun partito sarebbe in grado di formare un governo da solo dopo le elezioni. Il PASOK si attesta attualmente a meno del 20% e Nuova Democrazia solo al 26-27%, in effetti molto più basso rispetto al suo precedente minimo storico (32%) alle ultime elezioni. Ecco perché la borghesia potrebbe anche pensare ad un governo di coalizione tra il PASOK e ND, cioè un governo di "unità nazionale". Ma un tale governo sarebbe inevitabilmente un governo di crisi: con politiche necessariamente condizionate dalla possibilità di un default e magari del ritorno alla dracma, favorirebbe una enorme spaccatura a sinistra nel PASOK, che a sua volta porterebbe ad una brusca svolta a sinistra della società greca nel suo complesso. All'estrema destra, il populista LAOS non riesce a guadagnare dall'attuale crisi, raccogliendo solo il 7%.
A sinistra del PASOK, alcuni sondaggi assegnano alla "sinistra tradizionale", KKE (Partito Comunista) e SYRIZA / Synaspismos, un 20%, superiore quindi ai voti del PASOK stesso. Tuttavia, è anche vero che i dirigenti della sinistra non sono in grado di rispondere adeguatament alle esigenze del momento.
La direzione del KKE anziché che preparare il partito alla presa del potere, ha organizzato una campagna nazionale per riproporre la figura di Nikos Zachariadis, (Segretario Generale del partito tra il 1931 e 1956) guida politica dello stalinismo greco, che ha portato avanti in Grecia le tattiche più burocratiche e avventuristiche dello stalinismo internazionale.
In linea con il loro metodo già visto, invece di costruire una strategia di lotta per il potere, continuano a tenere dimostrazioni separate nei giorni di lotta decisi da GSEE e ADEDY. Invece di offrire alle masse un programma con una prospettiva socialista ed internazionalista, ripetono monotonamente la loro richiesta di "potere popolare ed economia popolare" come un primo passo a sé prima della costruzione del socialismo, e solo nel ristretto ambito dei confini nazionali della Grecia.
I dirigenti di Synaspismos, invece, si limitano a difendere gli Eurobond insieme ad un generica retorica contro il neoliberismo. L’opposizione interna, guidata da Panagiotis Lafazanis, sostiene con forza l'uscita dall'euro come soluzione alla crisi. Ma, come abbiamo già spiegato, questa non è una soluzione. Sarebbe semplicemente il risultato inevitabile, finale e fatale della crisi del capitalismo greco e le condizioni sociali che ne deriverebbero porterebbero ad una flessione molto forte delle condizioni di vita della classe lavoratrice, peggiore di tutto quello cui già abbiamo assistito finora.
L'unica via percorribile
Di fronte alle dimensioni di questo attacco a tutto ciò che la classe operaia ha acquisito negli ultimi decenni, uno sciopero generale di 24 ore finisce per essere semplicemente l'occasione per tenere un paio di dimostrazioni, mentre il governo persiste inesorabile nella sua offensiva contro il movimento operaio. I leader sindacali non possono fermare questa aggressione con periodici scioperi giornalieri. La crisi è troppo seria per permetterci qualsiasi compromesso col governo. Invece di questi scioperi generali con scadenza periodica, occorre un programma ben organizzato di scioperi che si trasformino in un vero e proprio sciopero generale a tempo indeterminato, combinato con occupazioni delle fabbriche e degli uffici in cui i lavoratori vengono licenziati e dove vengono imposti tagli salariali. Dopo tredici scioperi generali, per lo più di 24 ore, senza alcun effetto, l'unica via possibile è una seria organizzazione del movimento di massa per una lotta generalizzata in cui siano riunite tutte le forze della classe operaia, che possa arrivare a paralizzare l'intero paese.
I sindacati sono tra le armi più preziose che abbiamo a nostra disposizione in questa lotta. L'evidente contraddizione in tutto questo, però, è che i dirigenti di GSEE e ADEDY chiaramente rifiutano di impegnarcisi. La ragione di questo è più che evidente: una lotta diffusa e generalizzata porterebbe naturalmente ad una messa in discussione del governo e solleverebbe la questione del potere, e gli attuali dirigenti sono indissolubilmente attaccati all'idea di concessioni e trattative con il governo e la classe dirigente. Purtroppo per loro non ci sono più concessioni fattibili. La mancanza di volontà da parte di costoro di organizzare e vincere questa lotta è l'ostacolo più grave al successo del movimento dei lavoratori.
Questo ostacolo può essere superato solo con iniziative coraggiose e di massa nei luoghi di lavoro. Non c'è bisogno di partire da zero, il movimento può iniziare da quelle realtà che sono già in sciopero, come ad esempio lavoratori dei trasporti, insegnanti, professori, pubblici servizi, ecc. Questi dovrebbero coordinare la loro azione e iniziare una campagna all'interno del movimento operaio per uno sciopero generale a tempo indeterminato. Lo slogan dovrebbe essere “nessun sindacato si mobiliti da solo, coordinare ed unire tutte le realtà che sono o saranno colpite dai tagli." Ciò significa una giornata di scioperi e cortei unitari, allo scopo di costruire l'unità di azione di tutto il movimento operaio ed organizzare uno sciopero generale a tempo indeterminato.
Tuttavia, la convocazione di un simile sciopero è una questione molto seria. In primo luogo, richiede il tempo necessario e una buona preparazione in tutti i luoghi di lavoro. Inoltre, il fatto che debba essere organizzato contro la volontà della dirigenza sindacale non significa affatto che il movimento dovrebbe abbandonare l'idea di “ufficializzarlo” sotto le bandiere di GSEE e ADEDY, le confederazioni sindacali tradizionalmente riconosciute dai lavoratori greci. Perché un simile sciopero riesca ad essere il più lungo possibile e ad ottenere il massimo impatto, la base dovrà poter esercitare enormi pressioni sui dirigenti di questi sindacati. Quindi bisogna che la questione venga prima discussa in assemblee di tutti i lavoratori in ogni posto di lavoro, e una volta deciso in tal senso si dovrà premere sui dirigenti per un’azione immediata.
Ma, indipendentemente dalla posizione dei leader sindacali, è necessario organizzare la campagna per lo sciopero con la partecipazione attiva dei lavoratori in ogni luogo di lavoro: le assemblee dovrebbero eleggere comitati di sciopero e creare gruppi di autodifesa per proteggere i lavoratori mobilitati, ed i comitati dei singoli posti di lavoro devono essere coordinati in un comitato centrale di sciopero nazionale, che prenda su di sé le responsabilità organizzative, in coordinamento con le assemblee popolari di quartiere, con la scuola, il movimento degli studenti universitari e con i poveri in generale.
Un simile sciopero, in condizioni di povertà diffusa, comporta grandi sacrifici per la classe operaia, ed è pertanto è necessario garantire che gli scioperanti e le loro famiglie non siano minacciati dalla fame. In ogni posto di lavoro e nei quartieri, i dirigenti del movimento di sciopero dovrebbero creare casse di sciopero e mense. E gli attacchi da parte della polizia, di provocatori o le azioni fasciste possono essere affrontate solo con picchetti e squadre centralizzate di difesa, dotati dei mezzi necessari.
Come abbiamo più volte sottolineato, una tale azione porrà inevitabilmente la questione del potere e del governo. Se il governo sotto la pressione del movimento dovesse cadere e si indicessero le elezioni, l'attenzione delle masse si sposterebbe sul fronte elettorale. In tali circostanze, tutte le forze politiche di massa coinvolte nel movimento (KKE, SYRIZA, le opposizioni interne al PASOK) avrebbero il dovere di formare un’alleanza politica la cui autorevolezza si fondi sull'unico programma in grado di offrire una soluzione alla crisi, cioè un programma socialista di nazionalizzazione sotto il controllo operaio democratico e la gestione sotto tale controllo di tutti i settori chiave dell'economia, al fine di creare una economia pianificata democraticamente.
Se il governo, determinato a rimanere al potere anche senza alcuna reale legittimazione formale, rifiutasse di ritirare tutte le misure di austerità e persistesse nel suo programma di tagli draconiani, rispondendo anzi con lo scontro violento e le azioni di polizia, allora il comitato centrale di sciopero nazionale, in un fronte unico con tutte le forze politiche di sinistra di cui s’è detto, dovrebbe porsi il compito di prendere il potere, basandosi sui lavoratori democraticamente organizzati nelle aziende e nei quartieri, e realizzare un attuare un programma socialista.
E in ultima analisi, ogni vittoria di un tale movimento dovrebbe essere accompagnato da un appello immediato alla solidarietà e all'intervento da parte della classe operaia di tutta Europa e del mondo. Perché il problema non è solo un greco. La lotta deve essere estesa ai lavoratori di tutto il mondo, come mondiale è l'intero sistema capitalista, che è ovunque in crisi e in declino.
Un simile programma è, a nostro avviso, l'unico modo efficace di combattere questa spietata guerra di classe contro l'austerità, la povertà e la disoccupazione che i lavoratori e la gioventù greci hanno intrapreso contro i capitalisti e la Troika che sta dietro di loro. Esortiamo tutti i militanti nel movimento dei lavoratori ed i giovani a lottare perché esso sia adottato da tutte le organizzazioni della classe operaia.
Quale programma?
La cancellazione totale del debito e l'arresto di tutti i pagamenti agli usurai nazionali e internazionali è un punto di partenza fondamentale del programma che la sinistra dovrebbe adottare oggi. La rinegoziazione e la semplice cancellazione parziale del debito non sono sufficiente a soddisfare le esigenze pressanti delle masse lavoratrici. E tuttavia, anche la semplice cancellazione totale del debito non può portare da sola ad una soluzione reale e duratura alla crisi. Essa deve essere accompagnata dall'introduzione di un programma socialista che porti alla creazione di un'economia pianificata attraverso il consolidamento delle azioni volte ad ottenere la nazionalizzazione e la gestione di tutte le grandi imprese sotto il controllo operaio, dalla creazione di una banca unica nazionale e dall'introduzione di un monopolio di Stato sul commercio estero.
Di importanza decisiva sarebbe poi il rovesciamento dell’attuale sistema politico sprecone e corrotto, e la sua sostituzione con il potere democratico dei lavoratori e della povera gente, che abolirebbe ogni privilegio di classe, garantirebbe l'elezione con diritto di revoca di tutti i rappresentanti politici, funzionari pubblici con il diritto di revoca, e porrebbe le basi per una gestione dell'economia in base alle esigenze sociali e non al profitto.
Sul lungo periodo però la mera applicazione di un programma socialista in un paese solo, pur costituendo un enorme passo avanti, non potrebbe portare al socialismo: un fatto che è stato ampiamente dimostrato dal destino dell'Unione Sovietica e della Cina. E’ stato impossibile costruire il socialismo in questi grandi paesi, lo sarebbe ancor meno in un'economia come quella greca, le cui forze produttive sono molto ridotte.
Oggi, il capitalismo greco è parte integrante di una divisione internazionale del lavoro nel moderno capitalismo globalizzato altamente sviluppata. È per questo che la rivoluzione socialista in Grecia è parte integrante della rivoluzione socialista europea e mondiale. E proprio per questo, i leader del movimento operaio e della sinistra dovrebbero pazientemente spiegare alla classe operaia - a partire dagli strati più avanzati - che è necessario un approccio internazionalista se si vuole svolgere portare a compimento la rivoluzione socialista. Non c'è altra via d'uscita da questa crisi.
La tragedia dei lavoratori greci è che nessuno dei partiti di sinistra ha dirigenti preparati a questo compito. Pertanto è necessario battersi per portare le organizzazioni di massa ad adottare il programma e le prospettive che abbiamo spiegato. Non ci sono scorciatoie per raggiungere questo obiettivo: i lavoratori più avanzati ed i giovani devono organizzarsi nei partiti di massa della sinistra e nei sindacati per ottenere questo risultato. Nelle attuali condizioni della Grecia, se si sviluppasse una vera tendenza rivoluzionaria basata sulle idee del marxismo, essa potrebbe conquistare molto rapidamente le masse, e allora nessuna forza al mondo sarebbe in grado di fermare i lavoratori greci. Questo è lo scopo per cui i compagni di Marxistiki Foni stanno lavorando
7 ottobre 2011
Translation: FalceMartello (Italy)