Il più grande terremoto elettorale della storia italiana si è trasformato, nel giro di poche settimane, in un grande pantano. Il tentativo di Bersani è fallito, le Camere sono senza alcuna maggioranza. Ad oggi non c’è ancora un governo che abbia la fiducia del Parlamento e continuerà così per settimane, almeno fino a quando non si eleggerà il Presidente della Repubblica.
Napolitano ha subito risolto il dilemma. Niente paura, il governo c’è ed è pienamente operativo, ed è il governo Monti. Per rendere la cosa meno impresentabile, ha nominato dieci “saggi” che dovrebbero delineare in meno di due settimane quel pacchetto di riforme istituzionali ed economiche che “l’opinione pubblica” aspetta da decenni. Il compito dei “saggi” è così palesemente inutile che la cosa è ammessa candidamente da uno di loro, il costituzionalista Onida, salvo poi frettolosamente chiedere scusa della gaffe istituzionale.
Ma a Napolitano questo poco importa: la cosa che conta è aver rassicurato i mercati, chiarito che c’è Monti, ma soprattutto lui, l’inquilino del Colle, a garantire i desiderata dei padroni. Che sono subito stati esauditi. Il governo “pienamente operativo” dei tecnici, con l’appoggio di tutti i gruppi parlamentari, ha sbloccato 40 miliardi per pagare i debiti contratti dalla pubblica amministrazione verso le imprese.
Lo stanziamento non è naturalmente a costo zero: verrà utilizzata la leva dell’indebitamento i cui maggiori interessi saranno pagati con “corrispondente riduzione lineare” delle spese, come rivela il Ministero del tesoro.
Insomma i milioni di lavoratori e giovani italiani che hanno votato contro l’austerità e per un cambiamento, oggi si ritrovano oltre al danno la beffa. Milioni di voti “contro il sistema” non sono serviti a nulla, a governare sono sempre gli stessi (usciti sconfitti dalle elezioni) che tutelano i medesimi, interessi quelli del grande capitale.
Mai un Presidente della Repubblica aveva goduto di un’indipendenza e di un potere così grande come Napolitano.
La borghesia italiana però non è onnipotente, anzi storicamente è stata sempre ben lontana da esserlo. E oggi ha un problema: Napolitano è in scadenza e il governo del Presidente non può durare molto a lungo senza il suo nume tutelare. La carta dell’unità nazionale appare l’unica utilizzabile per la borghesia, ma è già pesantemente logorata e rischia di non funzionare più.
La crisi del Pd
Un governo di grande coalizione non è sostenibile da Bersani, il quale comprende che ha perso quelle elezioni che era sicuro di vincere proprio perchè considerato uno dei principali sostenitori di Monti.
L’unità nazionale ha stremato il Partito democratico, che da essere il partito più stabile, dopo il successo delle primarie dello scorso novembre, oggi è l’anello debole del sistema politico italiano. Un partito nato per governare nel 2008, che non riesce mai a farlo, è inevitabilmente destinato prima o poi a entrare in crisi. Ed oggi esistono tutte le condizioni per una rottura all’interno del Pd, anche se non possiamo sapere se e quando avverrà.
Queste condizioni, sempre presenti sottotraccia, sono oggi esplose con la sfida aperta di Renzi a Bersani. Le differenze non sono affatto di principio, ma sono su come governare, per conto della borghesia, la prossima fase del capitalismo italiano.
Renzi si accredita come colui che potrà riuscire là dove Bersani oggi e Fassino e Veltroni prima hanno fallito, cioè a ricostruire una forza di governo affidabile per la classe dominante. E se questo implicasse un periodo di governo di larghe intese con Berlusconi, ciò non sarebbe visto dal sindaco di Firenze come un grande problema. Renzi crede che il tempo sia dalla sua parte.
Bersani e i dirigenti attorno a Fassina pensano invece che, per non venire travolti dalle proteste, una qualche parvenza di “discontinuità” bisogna pur darla in pasto al popolo. Da qui il tentativo, vano, di coinvolgere il Movimento 5 stelle nell’appoggio al governo. Un tentativo destinato al fallimento, che però ha collocato una buona parte della sinistra, parlamentare e non, tra i principali tifosi di Bersani. È, inoltre, un’illusione piena di pericoli per le masse perchè l’esperienza dei governi di centrosinistra e delle socialdemocrazie negli ultimi anni in Europa dimostra, dalla Grecia alla Danimarca, dalla Spagna fino all’ultimo esempio della Francia di Hollande la loro natura di esecutivi di controriforme.
Alla fine molto probabilmente un governo si farà, un governo di unità nazionale con una maggioranza simile a quella che sosteneva Monti ma molto più debole e instabile. Esacerberà le contraddizioni all’interno delle forze che lo sostengono, accelerando spaccature e ricomposizioni all’interno e fra queste stessi partiti politici.
Dalla palude attuale anche la “rivoluzione grillina” esce ridimensionata, nonostante le molte speranze di coloro avevano premiato nelle urne il M5S. Anzi, dialetticamente, ciò si è prodotto proprio per l’enorme esposizione avuta dopo il 24-25 febbraio. Anche se saranno gli avvenimenti a mettere alla prova in maniera decisiva il movimento di Grillo, non possiamo escludere del tutto una divisione a breve all’interno dell’attuale gruppo parlamentare pentastellato.
In ultima analisi, sarà la natura interclassista del M5S a fare esplodere le sue contraddizioni interne. Ma i vertici della sinistra sono oggi in grado di svelarle?
I compiti della sinistra
Dalla consultazione elettorale del 24-25 febbraio e dalle settimane successive, i dirigenti del movimento operaio e della sinistra sembrano avere imparato ben poco. Vendola si presenta come più bersaniano di Bersani; non avendo raggiunto la sospirata terra promessa di un governo di centrosinistra, Sel invoca l’accordo coi grillini per il fantomatico governo del fantomatico “cambiamento” (Ferrero sottoscrive, ma pochi se ne accorgono). Si ripropone così l’ennesima versione del gioco a “condizionare a sinistra” il Pd, gioco che ha demolito la sinistra negli scorsi anni.
La segretaria della Cgil Camusso si era attestata, durante il giro di consultazioni di Bersani, sulla linea “è necessario un governo subito”, perché naturalmente è necessario sempre avere un interlocutore. Anche ora, imperterrita, chiede, affiancata da Landini, a un ipotetico “governo che verrà” che l’articolo 8 della controriforma Sacconi venga abrogato. (Il manifesto, 5 aprile). Il segretario della Fiom, presentando la manifestazione nazionale del 18 maggio, rivendica “un governo che cambi rotta”, che tuttavia non si comprende come potrebbe nascere nell’attuale parlamento.
Mentre precipita la crisi peggiore di sempre, mentre i diritti nei luoghi di lavoro arretrano peggio che negli anni ‘50, i dirigenti del più grande sindacato italiano si riducono a invocare l’esistenza del governo. Centrosinistra, centrodestra, unità nazionale: negli ultimi cinque anni abbiamo sperimentato tutte le formule possibili, e tutte hanno significato attacchi feroci ai lavoratori.
Lo stallo a cui stiamo assistendo, dal punto di vista politico e sociale non può durare. Non è possibile, dato il peggioramento incessante della situazione economica, ma anche dato il contesto di crescita della lotta di classe a livello internazionale. La crisi di regime che attanaglia la classe dominante non può che annunciare grandi sommovimenti sociali. È alla preparazione dello scontro di classe che bisogna dedicare ogni minuto della propria giornata, ogni energia e ogni risorsa!
Il movimento operaio e la sinistra devono farla finita con l’attendismo e passare all’offensiva. Nessun governo di sua spontanea volontà ripristinerà l’articolo 18 o risolverà il problema della disoccupazione. I diritti dobbiamo riprenderceli noi, e se i vertici sindacali non organizzano la lotta, dal basso il conflitto non tarderà a farsi sentire, senza attendere alcun salvatore della patria.
È da questa consapevolezza che nasce la nostra proposta. In questo paese c’è bisogno di una sinistra di classe, che sviluppi in modo autonomo e indipendente una proposta rivoluzionaria e anticapitalista. Non per portarla in dote a un prossimo segretario del Pd, ma per organizzare ed aggregare le migliori avanguardie contro le politiche della destra, del centrosinistra ed anche del Movimento cinque stelle. A questo lavoreremo senza indugi.
Source: Governano sempre loro