La trama si infittisce! Un mese dopo la pubblicazione di un’inchiesta esplosiva da parte del celebre giornalista americano Seymour Hersh, che accusava la CIA di aver architettato il bombardamento dei gasdotti Nord Stream tra la Russia e la Germania lo scorso anno, sono apparsi simultaneamente due articoli su due importanti testate, una statunitense e una tedesca, che collegano l’Ucraina all’attentato. E per di più, affermano che i servizi segreti occidentali lo sapevano fin dall’inizio! Cosa dobbiamo pensarne?
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Finora, in Occidente ci avevano ripetuto continuamente (in mezzo al fiume di propaganda di guerra) che è stata la Russia a commettere l’attentato contro il Nord Stream.
Ma, con un voltafaccia incredibile, due dei principali portavoce della classe dominante statunitense e tedesca – cioè, dei più importanti alleati politici e militari dell’Ucraina- alludono a “nuove informazioni” che suggeriscono che l’attacco sarebbe stato orchestrato da un non ben definito gruppo “filo-ucraino”.
Kiev ha immediatamente negato qualsiasi coinvolgimento nell’esplosione, che costituisce niente meno che un attacco terroristico e un crimine di guerra su un’infrastruttura civile, che ha condannato innumerevoli famiglie europee alla povertà energetica.
Durante questa guerra, i mass media occidentali hanno sparso menzogne infinite, almeno quanto il gas versato nel Mar Baltico. Di conseguenza, dovremmo maneggiare questi nuovi articoli con profondo sospetto. Anche perché sono pieni di buchi, elementi bizzarri e contraddizioni. Ma perché questo cambio di narrazione e perché adesso?
“Grazie, Usa”
Quando si è venuto a conoscenza della notizia dei danni irreparabili ai gasdotti Nord Stream 1 e 2 nel settembre 2022, Kiev non perse tempo a incolparne la Russia.
Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente Volodymyr Zelensky, twittò che la “‘fuga di gas’ dal Nord Stream 1 non era nient’altro che un attacco terroristico pianificato dalla Russia e un atto di aggressione nei confronti dell’Unione Europea. La Russia vuole destabilizzare la situazione economica in Europa… La migliore risposta e l’investimento più sicuro sono: carri armati per l’Ucraina. Soprattutto quelli tedeschi.”
Alcuni commentatori occidentali furono più cauti, dicendo che era “poco chiaro” chi si celasse dietro questo atto di sabotaggio, sebbene ci fossero forti sospetti di una responsabilità russa, mentre il rappresentante della politica estera dell’Unione Europea, Josep Borrell, minacciava una “risposta ferma e unitaria” a “qualsiasi danno deliberato all’infrastruttura energetica europea”.
Altri puntarono il dito immediatamente sul Cremlino, come il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki che chiamò il danno al Nord Stream “un atto di sabotaggio collegato al prossimo passo dell’escalation nella situazione in Ucraina”.
Il ministro degli esteri polacco aggiunse: “Malauguratamente, il nostro partner orientale sta perseguendo indefesso una traiettoria politica aggressiva… Se è capace di una condotta politica aggressiva in Ucraina, allora è scontato come non possano essere esclusi atti di provocazione in Europa occidentale.”
Ugualmente, Gerhard Schindler, ex-direttore dell’agenzia federale dei servizi segreti tedeschi, disse in un’intervista al Welt che “solo la Russia può veramente esserne considerata [colpevole], soprattutto perché è quel paese che si trova nella posizione di approfittare maggiormente da questo atto di sabotaggio” [corsivo nostro].
In realtà, la Russia non aveva nulla da guadagnare e molto da perdere da questo attentato. La sua azienda energetica statale (la Gazprom) era la principale proprietaria dei gasdotti; avrebbe dovuto incaricarsi dei costi di riparazione; e la possibilità di controllare i rifornimenti di energia a basso costo diretti in Europa era un’importante leva contro gli alleati occidentali dell’Ucraina.
La Russia ha strenuamente rigettato le voci di un suo coinvolgimento, e nel corso dei mesi, non è venuta fuori la benché minima prova che suggerisse che ci fosse la sua mano dietro l’attentato.
Inoltre, la Germania (dove arrivava il Nord Stream) è stata tagliata fuori da un’investigazione congiunta condotta da Svezia e Danimarca, nelle cui zone economiche esclusive è avvenuta l’esplosione, e che hanno preferito condurre l’inchiesta indipendentemente da essa.
In seguito, l’8 febbraio, Hersh ha pubblicato un post su Substack, che citava una fonte anonima “con conoscenza diretta del piano operativo”, accusando gli Stati Uniti di aver architettato il piano.
Egli sostiene che gli Stati Uniti abbiano operato in maniera congiunta con la Norvegia per installare degli esplosivi sulle tubature sottomarine, sotto la copertura di un’esercitazione pianificata dalla marina NATO nel giugno 2022, facendoli poi detonare da remoto a settembre. Il suo reportage entra in alcuni dettagli su come l’operazione sia stata organizzata, di chi l’abbia autorizzata e chi portata a termine.
Washington ha bollato le affermazioni di Hersh come “assurde” e come “una trovata della disinformazione russa”, ridicolizzando il fatto che si sia basato su una singola fonte anonima. La sua storia (che nessuna delle testate principali ha osato pubblicare, come viene messo il risalto dalla sua apparizione su una libera piattaforma di blogging) ha ricevuto una copertura minima nella stampa mainstream.
Tuttavia, era impossibile ignorare l’osservazione di Hersh secondo la quale, in contrasto con le dichiarazioni illogiche rispetto a una responsabilità della Russia, gli Stati Uniti e l’Ucraina erano coloro che avrebbero tratto profitto dal sabotaggio.
Gli Stati Uniti non hanno mai nascosto di aver sempre ostacolato il Nord Stream, che veniva visto come un qualcosa che rendeva l’Europa dipendente dalle forniture di energia della Russia e la avvicinava alla sfera d’influenza politica del Cremlino.
Al contrario, la sua distruzione ha reso il continente più dipendente dal ben più caro GNL (Gas Naturale Liquefatto) americano. Ciò ha anche impedito agli alleati europei dell’Ucraina (in particolare la Germania) di cercare un accordo di pace prematuro con la Russia in cambio della riapertura dei rubinetti del gas, mentre sia gli Stati Uniti che l’Ucraina erano intenzionati a continuare a combattere.
Il presidente americano Joe Biden ha persino affermato in una conferenza stampa nel febbraio 2022 che “se la Russia invade… non ci sarà più un Nord Stream 2. Gli metteremo fine”.
La possibilità di un coinvolgimento statunitense non è passata inosservata al Ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sirorski, che aveva twittato un’immagine degli effetti delle tubature distrutte del Nord Stream con la scritta: “Grazie, Usa”.
Uno scaricabarile
Sebbene in pubblico abbiano liquidato o ignorato l’articolo di Hersh, è indubbio che molti politici occidentali l’abbiano letto con attenzione, specialmente a Berlino.
Dopotutto, è la Germania che ci perde di più dalla distruzione del Nord Stream e la sua popolazione ha dovuto affrontare bollette dell’energia alle stelle, in “solidarietà” con l’Ucraina, da ben prima del sabotaggio. Qualsiasi indizio del coinvolgimento da parte dei suoi presunti alleati a Washington sarebbe assolutamente scandaloso.
Nel frattempo, l’ufficio del Procuratore Generale tedesco sta conducendo da mesi un’investigazione indipendente sul bombardamento. Chissà che ne è saltato fuori?
Venerdì 3 marzo, il Cancelliere tedesco Olaf Scholz ha incontrato Biden per un summit di guerra top secret. Si è speculato su che cosa abbiano discusso, ma il livello di segretezza dell’incontro (al quale non ha potuto assistere nessuno) è significativo, come lo è il fatto che nella conferenza stampa successiva all’incontro non sia stato concesso ai giornalisti di fare domande.
Giorni dopo, il 7 marzo, sono apparsi due articoli in simultanea sul New York Times e sul Die Zeit che commentavano “nuove prove” di un coinvolgimento ucraino.
Non abbiamo modo di sapere di cosa abbiano discusso Biden e Scholz, ma la tempistica e la pubblicazione sincronizzata di questi articoli – a distanza ravvicinata dall’incontro tra i governi statunitense e tedesco – colpisce molto.
Notiamo che l’articolo del New York Times si affida interamente a fonti anonime: presumibilmente procurate loro da Washington. Questo è molto ironico, dato il modo con cui l’articolo di Hersh è stato bollato da molti “seri analisti” come una “teoria cospirativa” per non aver citato la sua fonte.
Il report afferma che “nuove informazioni controllate da funzionari statunitensi suggeriscono che un gruppo filo-ucraino abbia portato a termine un attacco alle tubature Nord Stream lo scorso anno”.
Il rapporto non si dilunga su che tipo di informazioni siano ed è accorto nel sottolineare che “non ci sono prove che il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky o i suoi ufficiali siano coinvolti nell’operazione, o che i responsabili stessero agendo sotto la direzione di qualsiasi funzionario del governo ucraino”.
Le nuove informazioni suggeriscono che i responsabili sono “molto probabilmente di nazionalità ucraina o russa” e “oppositori del Presidente Vladimir V. Putin”, ma “non specificano chi siano i membri del gruppo o chi abbia diretto e pagato per l’operazione”.
Tuttavia, i funzionari citati sono chiari sul fatto che “nessun cittadino americano o britannico era coinvolto”. Suggeriscono anche che “l’operazione potrebbe essere stata condotta clandestinamente da un gruppo di fiancheggiamento con collegamenti con il governo ucraino o con i suoi servizi di sicurezza”.
Così abbiamo dei sabotatori anti-Putin ucraini (o russi), con possibili “collegamenti” con Kiev, ma non autorizzato da Zelensky né da uno dei suoi ufficiali.
Questo profilo estremamente nebuloso sottolinea alcuni punti principali: gli Stati Uniti non sono i responsabili; e anche se gli attentatori potrebbero essere “filo-ucraini”, non stavano agendo ufficialmente sotto il comando del governo di Kiev.
Queste rivelazioni sembrano più che altro congegnate per placare gli alleati di Washington in Europa e per scaricare la colpa su qualcun altro (pur senza accusare direttamente l’Ucraina).
Sapevano tutto fin dall’inizio?
L’inchiesta su Die Zeit (presentata come il risultato di un’investigazione da parte di varie agenzie giornalistiche tedesche) è più specifica nelle sue affermazioni, sebbene anch’essa ometta numerose informazioni.
Afferma che gli investigatori tedeschi hanno localizzato l’imbarcazione che è stata usata per trasportare gli esplosivi utilizzati nel bombardamento. Dice che lo yacht in questione è stato noleggiato da un’azienda con base in Polonia e di proprietà di due ucraini.
Sostiene che l’operazione sia stata eseguita da una squadra di sei persone (di nazionalità sconosciuta), che utilizzava “passaporti di fattura professionale”, che è salpata dal porto tedesco di Rostock il 6 settembre 2022, per installare gli esplosivi all’altezza della costa dell’isola danese di Bornholm. Il resoconto afferma che lo yacht non è stato restituito al suo proprietario in “condizioni di pulizia”, bensì con tracce di esplosivi nella cabina.
Come l’inchiesta americana, Die Zeit cita nuove informazioni che indicano che “un gruppo filo-ucraino potrebbe esserne responsabile” e attribuisce la “distruzione” del Nord Stream 1 e 2 a un “comando ucraino”. Aggiunge che “gli investigatori non hanno ancora trovato alcuna prova del mandante della distruzione”.
L’articolo suggerisce anche che il tutto potrebbe essere “un’operazione “false-flag” (sotto falsa bandiera, ndt)” dei russi, affermando che “potrebbero essere state lasciate deliberatamente delle tracce per incolpare l’Ucraina”. Anche se ammette che “gli investigatori non hanno trovato apparentemente alcuna prova che confermerebbe un tale scenario”.
Ma l’affermazione più eclatante di tutte è che “si dice che un servizio segreto occidentale abbia inviato un’informativa a servizi europei alleati in autunno, cioè appena dopo la distruzione”.
Questo rende l’affermazione di un’operazione di “false-flag” totalmente priva di senso. Perché i servizi segreti europei avrebbero dovuto ricevere una soffiata dai responsabili di un’operazione russa di false-flag?
Se è vero, questo articolo equivale a un’ammissione del fatto che, nonostante le loro accuse pubbliche nei confronti della Russia, i governi europei disponevano fin dall’inizio di informazioni che andavano nella direzione opposta. Ma perché lasciare che i fatti rovinino una buona storia, come si dice.
Questa linea di pensiero trova un’eco in un articolo sul Times, pubblicato l’8 marzo da un giornalista di stanza a Kiev, intitolato: “L’Occidente non ha rivelato nulla sull’attentato al Nord Stream per proteggere l’Ucraina”.
Afferma:
“Una settimana dopo l’esplosione del gasdotto Nord Stream, il personale della delegazione scandinava a Bruxelles ha lasciato la sua riunione di intelligence all’ambasciata colpito dal livello di dettaglio di cui erano stati resi partecipi così presto dopo l’attentato.”
“Non era stato fatto dagli americani, dai russi o dai polacchi, dissero apparentemente loro i servizi di intelligence, ma da un’agenzia privata con base in Ucraina [corsivo nostro]. Dissero loro che ciò non doveva essere divulgato e di declinare qualsiasi domanda riguardo al motivo per cui l’investigazione ufficiale sulla distruzione del gasdotto russo-tedesco stesse procedendo con tanta lentezza”.
“Il nome del finanziatore privato sospettato, un ucraino non affiliato al governo del Presidente Zelensky, circolava nei circoli dei servizi segreti da mesi, ma non è stato rivelato”.
Un altro articolo sul Times, pubblicato nello stesso giorno, attribuisce il sabotaggio a una “piccola cellula ‘filo-ucraina’… un affiatato gruppo privato di oppositori al regime di Putin, ma che agisce in maniera indipendente dal governo ucraino”.
Così, abbiamo un misterioso comando ucraino e una cellula segreta filo-ucraina, che operano in maniera indipendente dal governo di Kiev, in contatto con i servizi segreti occidentali, sotto gli ordini di persone sconosciute, per sabotare il Nord Stream.
La prima domanda è questa: come ha fatto un’organizzazione non-statale a condurre un’operazione di sabotaggio così sofisticata, utilizzano tonnellate di esplosivi specializzati su tubature a centinaia di metri sotto il livello del mare, in acque altamente pattugliate, senza che nessuno se ne accorgesse?
Possiamo solo concordare con l’osservazione di August Hanning, che guidò la BND (Servizio di Intelligence Militare Tedesco) dal 1998 al 2005, che disse nel settembre dell’anno passato:
“Questa operazione è stata evidentemente portata a termine in una maniera talmente professionale e complessa che solo forze speciali altamente addestrate possono essere prese in considerazione per la sua esecuzione”.
Le inchieste su Die Zeit e sul Times affermano che agenzie statali occidentali erano già conoscenza dell’attacco immediatamente dopo che era avvenuto. Ci chiediamo se Borrell terrà fede alla sua promessa di “una risposta ferma e unitaria” a “qualsiasi danno deliberato all’infrastruttura energetica europea”!
Mezzi e movente
Tutto ciò ha senso? Tutte queste informazioni contorte e contraddittorie rendono impossibile essere assolutamente certi di quanto è accaduto l’anno passato. Ma possiamo fare alcune deduzioni ragionevoli.
Come è evidente, questa esplosione si sarebbe potuta eseguire solo con il supporto di un qualche Stato. I funzionari tedeschi e svedesi hanno detto all’epoca la stessa cosa, con quest’ultimi che commentavano nel settembre 2022:
“Molto probabilmente questo atto è doloso e non si tratta di un incidente, ed è molto improbabile che sia stato fatto da altri se non da uno Stato, altrimenti sarebbe stato sventato immediatamente”.
Dunque quale Stato si cela dietro l’attentato? Nonostante i loro tentativi di lavarsene le mani, gli Stati Uniti ancora hanno i migliori mezzi e moventi.
Come ha commentato beffardamente un funzionario russo su Global Affairs: “A voler essere precisi, l’amministrazione statunitense rientra nella definizione” di “gruppo filo-ucraino”.
È molto improbabile che questi rapporti venissero alla luce senza le domande scomode sollevate da Seymour Hersh. Ma se ci sono gli Stati Uniti dietro l’attacco, perché mettere di mezzo l’Ucraina?
Alcuni indizi si trovano nell’articolo del New York Times (da cui possiamo leggere il parere del Dipartimento di Stato).
Esso nota che “qualsiasi scoperta che dia la colpa a Kiev o a fiancheggiatori ucraini causerebbe un contraccolpo in Europa e renderebbe più difficile all’Occidente mantenere un fronte unito a sostegno dell’Ucraina” [corsivo nostro].
Questa è una accusa non troppo velata a Kiev. Ma perché? Più in là, l’articolo dice:
“Nonostante la profonda dipendenza dagli Stati Uniti per l’appoggio militare, di intelligence e diplomatico, i funzionari ucraini non sono sempre trasparenti con le proprie controparti americane riguardo alle proprie operazioni militari, specialmente su quelle contro obiettivi russi dietro le linee del nemico. Queste operazioni hanno frustrato i funzionari statunitensi, che pensano di non avere migliorato in maniera consistente la posizione dell’Ucraina sul campo di battaglia, ma hanno rischiato di alienarsi gli alleati europei e di approfondire la guerra.” [corsivo nostro].
Queste operazioni includono: “un attacco durante i primi di agosto alla base aerea russa sulla costa occidentale della Crimea, un camion pieno di esplosivo che distrusse parte del ponte sullo Stretto di Kersh, che collega la Russia alla Crimea, a ottobre, e attacchi con droni a dicembre alle basi militari russe di Ryazan e Engels, circa 300 chilometri al di là del confine ucraino e…. una bomba in un auto vicino a Mosca a agosto che uccise Daria Dugina, la figlia di un noto nazionalista russo”.
In altre parole, il messaggio da parte della classe dominante statunitense a Zelensky è: “smettila di agire a sproposito per provocare la Russia e intensificare la guerra, o l’appoggio occidentale si fermerà”.
Piccole nazioni, alla stregua di spiccioli
Nonostante il coro infinito di propaganda occidentale di una imminente sconfitta della Russia e di totale supporto all’Ucraina per il recupero di tutto il suo territorio perduto, la situazione reale è molto differente.
In questo conflitto, che è in realtà una guerra per procura tra la NATO e la Russia sul suolo ucraino, l’imperialismo statunitense conduce le danze. Esso vuole indebolire la Russia e riportare l’Europa all’ovile, ma non vuole che le cose gli sfuggano di mano.
Sta anche facendo una valutazione lucida dell’attuale situazione militare dell’Ucraina. Nonostante i proclami trionfali di Kiev sui suoi ininterrotti successi sul campo di battaglia, le sue forze sono attualmente in rotta nella città orientale di Bakhmut, che è diventata il punto focale della guerra e ha visto mesi di combattimenti sanguinosi e estenuanti.
L’Ucraina ha più volte liquidato l’importanza di Bakhmut come meramente “simbolica”, mentre Zelensky ha avvertito che la sua caduta darebbe ai russi un “corridoio aperto” per prendersi l’intero Donbas. Il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha perfino ammesso l’8 marzo che la città potrebbe cadere presto (mentre anch’egli sminuiva la sua importanza).
In ogni caso, gli analisti seri negli Stati Uniti comprendono che la vittoria totale dell’Ucraina (cioè, il recupero di tutti i territori contesi, inclusa la Crimea) è inverosimile e potrebbe portare al rischio di un’escalation verso uno scontro diretto tra la NATO e la Russia.
Questo è stato messo nero su bianco dalla RAND Corporation, un think tank libertario che rappresenta essenzialmente la prospettiva del complesso militare-industriale degli Stati Uniti senza troppi fronzoli.
In un rapporto intitolato “La politica degli Stati Uniti per evitare una guerra prolungata e la traiettoria del conflitto russo-ucraino”, afferma schiettamente che una vittoria totale ucraina è molto improbabile e il rischio di un’escalation che deriverebbe da una guerra prolungata non è negli interessi dell’America. Dovrebbe pertanto essere evitata, anche se ciò significa la perdita di territori da parte dell’Ucraina.
Esso suggerisce anche che la Russia dovrebbe essere persuasa a negoziare, con la promessa di un allentamento delle sanzioni in cambio di un cessate il fuoco. Questo riflette il pensiero dell’ala più cinica e calcolatrice della classe dominante americana.
Zelensky, da parte sua, sarebbe anche troppo contento di vedere la NATO coinvolta direttamente nel conflitto e ha chiesto progressivamente sempre più armi capaci di colpire addentrandosi maggiormente nel territorio controllato dai russi – più di recente, ha messo gli occhi su jet da combattimento.
Finora, gli Stati Uniti sono stati molto attenti a fornire all’Ucraina solo le armi necessarie a evitare una sconfitta totale, ma non tante da rischiare uno scontro diretto tra la Russia e la NATO.
Adesso, sembra che stia affibbiando la colpa del bombardamento al Nord Stream all’Ucraina (pur senza accusare Kiev direttamente). Questo serve al duplice scopo di negare la responsabilità degli americani, in favore di un capro espiatorio che non è nella posizione di difendersi, mentre al contempo si rimette in riga l’Ucraina.
La trama contorta di mezze verità, menzogne vere e proprie e accuse vaghe sul Nord Stream dovrebbe dimostrare senza ombra di dubbio che non è possibile prendere per vera neanche una sillaba proferita dall’imperialismo occidentale o dalla sua stampa prezzolata.
Quale che sia il corso degli eventi che hanno portato alla distruzione dei gasdotti, possiamo dire con certezza che l’Occidente vi è coinvolto, che ha mentito al riguardo e che ora sta tentando dare la colpa ad altri. Nel frattempo, l’imperialismo statunitense sta dimostrando l’ovvietà che le piccole nazioni non sono nient’altro che spiccioli nelle mani delle grandi potenze mondiali.
Gli Stati Uniti hanno strumentalmente provocato questa guerra e la stanno portando avanti nella misura in cui questo rientra nei propri interessi. Come ha twittato recentemente il senatore Mitt Romney:
“La Russia di Putin non è nostra amica ed è il più potente alleato della Cina. Appoggiare l’Ucraina indebolisce un avversario, offre un vantaggio alla nostra sicurezza nazionale, e non richiede il versamento di sangue americano” [corsivo nostro]
L’imperialismo statunitense è ben felice di spargere un oceano di sangue ucraino per perseguire i suoi obbiettivi di guerra e non esiterebbe un solo istante a tradire l’Ucraina se potesse trarne un vantaggio. Né batterebbe ciglio a commettere un crimine di guerra contro quelli che sono apparentemente i suoi alleati per raggiungere i propri obbiettivi.
Che si riesca o meno a stabilire una volta per tutte la verità sul Nord Stream, è impossibile nascondere il fetore che emana dai putridi intrighi dei guerrafondai capitalisti.