L'anniversario del colpo di stato in Cile porta con sé anche l'anniversario dalla scomparsa di Victor Jara. Sono passati quarant'anni dal settembre 1973, quando un colpo di stato militare pose fine al governo di Unidad Popular guidato da Salvador Allende, spalancando le porte alla dittatura di Augusto Pinochet. In altri articoli e documenti abbiamo affrontato le cause di quella tragedia, gli errori e le potenzialità che fecero dell'esperienza rivoluzionaria cilena un condensato di insegnamenti.
L'esperienza rivoluzionaria cilena fu soprattutto condannata dall'illusione riformista nella “democraticità” borghese e nell'imparzialità dello Stato. Da ciò derivarono tutti gli errori: i freni posti alla rivoluzione, i tentativi di accordo con le forze moderate per “tranquillizzare” la borghesia, la fiducia nel ruolo dei vertici militari. Purtroppo, nonostante l'analisi già fatta da Lenin in Stato e Rivoluzione, non si comprese la natura dello Stato borghese quale apparato al servizio della classe dominante. Sebbene il potere formale fosse in mano ad Allende, il potere reale rimaneva nelle mani della borghesia, che continuava a controllare i media e le leve fondamentali dell'economia e dello Stato.
Ma l'esperienza cilena mostrò anche quali vette può raggiungere l'entusiasmo, la consapevolezza, la coscienza di classe, la forza espresse dalle masse in un processo rivoluzionario. Coinvolte nella costruzione del proprio futuro, quest'ultime liberano la propria energia in ogni campo ed espressione della conoscenza umana. In Cile questo risveglio investì, tanto quanto e forse più che in altre rivoluzioni, anche l'arte, il teatro, la danza, la musica, la canzone.
Per questo sotto i colpi della dittatura non finirono solo decine di migliaia di operai, attivisti sindacali e militanti di sinistra, ma anche una intera generazione di artisti che in modo originale seppero accompagnare la rivoluzione con le loro creazioni, divenendone protagonisti e testimoni.
Tra gli artisti più originali ci furono i gruppi dell'arte muraria, in particolare la Brigada Ramona Parra (BRP), che prendeva il nome da una giovane attivista comunista uccisa nel 1946 durante una manifestazione. Per conquistarsi i muri più alti e visibili, nelle zone di maggiore passaggio o nei barrios altos, che erano i quartieri dove vivevano i più ricchi, queste squadre dovevano portare avanti vere e proprie battaglie per il territorio. Durante il governo di Unidad Popular, le loro opere coloravano angoli e piazze di Santiago e di altre città, con messaggi di appoggio ad Allende e immagini che richiamavano la vita ed i desideri degli strati più umili della popolazione.
Nel processo rivoluzionario trovò il proprio apice anche la cosiddetta Nueva Canción Chilena. Questa aveva cominciato a svilupparsi negli anni '60 come corrente della più generale Nueva Canción Latinoamericana. Madrina in Cile ne fu Violeta Parra. Questa artista, il cui grandissimo valore venne riconosciuto soltanto dopo la sua morte, cominciò il lavoro di riscoperta e valorizzazione della tradizione folklorica e della musica popolare.
La riscoperta della tradizione musicale, il patriottismo e l'enfatizzazione delle proprie radici culturali non avevano nulla a che vedere con il nazionalismo. Queste caratteristiche, unite ai temi sociali che le accompagnavano, assumevano una accezione profondamente antimperialista. Sommersa dalla musica commerciale di stampo yankee, la canzone cilena commerciale emergeva solo se la imitava o raccontava il paese come una bella cartolina per turisti, con cieli blu e bei paesaggi, dimenticando completamente le condizioni di povertà in cui sopravviveva il popolo.
Al contrario, la riscoperta delle proprie tradizioni portava alla contrapposizione con l'egemonia della cultura nordamericana, riflesso della più generale oppressione politica ed economica imperialista.
Per questo la Nueva Canción Chilena non faceva altro che anticipare le caratteristiche dell'intero processo rivoluzionario cileno: per imporsi come canzone nazionale, doveva essere anti-imperialista. E per essere tale, non poteva che essere anti-capitalista e rivoluzionaria.
Non è un caso che esplose proprio durante la rivoluzione.
La vittoria di Allende alle presidenziali del 1970 fu preceduta, dalla seconda metà degli anni '60, da un processo di risveglio sociale e culturale. Violeta Parra morì suicida nel febbraio 1967, ma lasciò il testimone a una moltitudine di artisti che si andarono sviluppando in quegli anni, e che si raccolsero intorno alla Peña de los Parra, voluta da Ángel e Isabel, figli di Violeta e anch'essi musicisti. Aperta nel 1965, la Peña era un luogo informale, una sorta di circolo culturale dove si riunivano ed esibivano gli artisti al di fuori del circuito mass-mediatico ufficiale. Nel primo periodo la Peña rifletteva il legame ancora debole tra il nuovo movimento musicale cileno e il movimento operaio, mantenendo un pubblico ridotto ed elitario. Ma già negli ultimi anni '60, col crescere del fermento pre-rivoluzionario, la Peña de los Parra assunse un ruolo centrale nello sviluppo del movimento della Nueva Canción Chilena, divenendo il modello per la nascita di altre Peñas e il trampolino di lancio per moltissimi artisti rivoluzionari.
L'artista più importante tra questi fu certamente il regista teatrale, musicista e cantautore Victor Jara.
Di origini umilissime, fin dai suoi esordi teatrali e dalla composizione delle primissime canzoni mostrò la necessità di esprimere e rappresentare il mondo di soprusi, privazioni, povertà in cui viveva la maggioranza della popolazione.
In questa costante necessità espressiva, Victor Jara non attingeva soltanto dal suo recente passato, ma anche da un costante contatto con la miseria e gli umili, garantita da visite periodiche alla sua población di origine e ad altri villaggi e baraccopoli nei dintorni di Santiago.
Nascono così canzoni autobiografiche dove descrive perfettamente l'esistenza del contadino cileno come La luna siempre es muy linda:
Ricordo il volto di mio padre,
come un buco nel muro, lenzuola sporche di fango,
un pavimento di terra
mia madre giorno e notte lavorando
pianti e grida
Ai poveri li spaventano così tanto
che inghiottiranno tutta la loro sofferenza
che copriranno la loro miseria
con le immagini dei santi
O ancora El arado:
Rafforzo bene la presa
e affondo l'aratro nella terra
che da anni e anni lavoro
come posso non essere sfinito?
Volano farfalle, cantano grilli
la mia pelle si scurisce
e il sole brilla, brilla e brilla
E il sudore mi solca il viso
io solco la terra
ancora e ancora
Joan Jara, la sua compagna di vita, ne descrive così la tensione artistica: “La molla delle sue canzoni erano un'intensa identificazione con i cileni diseredati […] una profonda consapevolezza delle ingiustizie sociali e delle loro cause e una determinazione a denunciare tali ingiustizie [...] oltre a fare qualcosa affinché le cose cambiassero.” E sono spesso i bambini del pueblo ad essere i soggetti descritti nelle sue canzoni, come in Canción de cuna para un niño vago:
La luna nell'acqua
scorre attraverso la città
sotto il ponte un bimbo
sogna di volare
La città lo imprigiona
gabbia di metallo
il bambino invecchia
senza saper giocare.
Quanti come te
vagheranno senza casa?
Col denaro è facile
esistere per amare
amari i giorni
se non ne hai
Dalla fine degli anni '60 le sue canzoni si fecero più esplicitamente politiche e si legarono indissolubilmente ai problemi e agli obiettivi che il risveglio sociale imponeva. In quegli anni Victor scrive:
“L'imperialismo statunitense capisce benissimo la magia della comunicazione tramite la musica e continua a rimpinzare i nostri giovani di ogni sorta di stupidaggini commerciali. Con professionale perizia ha preso certe misure: in primo luogo, la commercializzazione della cosiddetta 'musica di protesta'; in secondo luogo, la creazione di “idoli” della musica di protesta che obbediscono alle stesse regole degli altri idoli[…]: resistono un po', poi spariscono. Nel frattempo servono a neutralizzare l'innata tendenza alla ribellione dei giovani. Il termine 'canzone di protesta' non è più valido, perché ambiguo e abusato. Quanto a me, io preferisco 'canzone rivoluzionaria'.”
L'inizio del 1968 coincide con lo scoppio di un movimento di riforma dell'università, che chiedeva l'accesso all'istruzione ai figli di operai e contadini e si espresse con occupazioni che durarono fino all'autunno inoltrato. Fu in quel momento che la Nueva Canción Cilena incontra un pubblico di massa tra gli studenti. Il contatto successivo tra movimento studentesco e operaio diventava la finestra attraverso cui la stessa Canción Cilena raggiungeva la classe.
In Cile il movimento dei lavoratori aveva una tradizione di promozione delle attività artistiche e culturali. Era una tradizione che affondava le sue radici a inizio secolo, quando il padre del movimento operaio rivoluzionario, Luis Emilio Recabarren, aveva promosso la diffusione della poesia, la musica e il teatro tra i lavoratori. Come naturale conseguenza di questo legame, nel 1968 i Giovani Comunisti crearono una società discografica alternativa, la Discoteca del Cantar Popular (DICAP), che permise la pubblicazione di canzoni che mai avrebbero trovato distribuzione nel circuito commerciale. Grazie alla DICAP, Victor Jara poté incidere e divulgare album come Pongo en tus manos abiertas e canzoni come Preguntas por Puerto Montt.
Puerto Montt era una città dove, nel marzo del 1969, quattrocento contadini senzatetto occuparono un fangoso terreno incolto di proprietà di una delle famiglie latifondiste più potenti della zona. Stanchi di attendere il diritto a un tetto promesso dal governo in carica, 91 famiglie tentarono con questo gesto di richiamare l'attenzione delle autorità e spingerle a una soluzione definitiva. La risposta, invece, fu il massacro ordinato dal ministro degli interni Pérez Zujovich, che lasciò sul campo sessanta feriti e dieci morti, oltre a un bimbo di 7 mesi che rimase soffocato dalle bombe lacrimogene.
Quel massacro provocò un'ondata di indignazione generale e fece cadere definitivamente ogni illusione popolare nel governo democristiano di Edoardo Frei, salito al potere con una fraseologia di sinistra ma che non aveva compiuto nessuna delle riforme promesse.
A Santiago ci furono scontri violenti tra polizia e studenti, e fu indetta una grande manifestazione di protesta durante la quale Victor Jara cantò Preguntas por Puero Montt:
Benissimo, adesso farò delle domande
per tutti coloro rimasti soli
e per chi è morto senza sapere.
È morto senza saper perché
gli crivellavano il petto
mentre lottava per il diritto
a una terra dove vivere.
Ahi, che essere infelice
chi ha ordinato di sparare
pur sapendo come evitare
un massacro così vigliacco.
Puerto Montt, oh, Puerto Montt,
Puerto Montt, oh, Puerto Montt,
Lei deve rispondere,
signor Peréz Zujovic
perché al popolo indifeso
fu risposto con il fucile.
Signor Pérez, la sua coscienza
lei la ha sepolta in una bara
e le sue mani, non potrà pulirle
neppure tutta la pioggia del sud.
In quel periodo Victor Jara era già militante del Partito Comunista e svolgeva da tempo concerti a favore di Unidad Popular, insieme agli altri artisti impegnati nel movimento. E' la fase in cui si convince sempre più della necessità di avvicinarsi al movimento operaio e comincia a organizzare concerti, esibendosi nelle fabbriche durante le assemblee sindacali.
La canzone diventa un'arma della rivoluzione. Un'arma di cui il popolo si appropria, che amplifica la forza delle sue istanze fino a renderle egemoniche.
Nasce così Plegaria a un labrador, dove esorta i contadini ad unirsi alla lotta per la costruzione e la conquista di una società più giusta. In Cile la terra era ancora completamente in mano ai grandi proprietari terrieri e le masse contadine vivevano in una condizione di estrema povertà. Tradizionalmente molto cattoliche, esse tendevano ad una certa passività, confrontate col fermento del proletariato nelle fabbriche, ed erano indotte a vedere nella Democrazia Cristiana il loro partito di riferimento. Anche Victor Jara, in età giovanissima, era stato attivo in Azione Cattolica e aveva persino intrapreso per due anni la strada del Seminario.
Egli spiega:
“in Plegaria a un labrador metto insieme la preghiera con l'appello alla lotta; conosco la mistica del mio popolo e so che la maggior parte di loro è troppo attaccato alle credenze religiose, è per questo che uso questa combinazione, che è un bel modo di capirsi con questi compagni.”
La preghiera, però, non era rivolta a dio ma all'insieme della popolazione contadina, che esortava: “liberarci da coloro che ci dominano nella miseria”, “dacci la tua forza e il tuo coraggio nel combattere” e “fai sì che sia fatta qui sulla terra la tua volontà ”.
Nel settembre del 1970 Salvador Allende vince le elezioni presidenziali.
La sua compagna Joan Jara scrive:
“fu come se dopo aver sferrato colpi su colpi a una porta sbarrata, all'improvviso questa si fosse spalancata e noi ci fossimo ritrovati dall'altra parte, vacillanti ma liberi. Era meraviglioso, ma ci volle un po' per abituarsi. […] Dopo aver protestato e denunciato tanto a lungo, ritrovarsi con qualcosa di reale da celebrare e un così gran numero di compiti costruttivi da realizzare era in un certo senso sconcertante”.
Per questo la canzone di Victor Jara attraversa, come molti altri artisti, un breve periodo di crisi. A proposito di questa difficoltà, che si riflesse su alcune canzoni meno riuscite, affermò:
“Il trionfo e questa congiunzione di idee comuni, hanno risvegliato in molti artisti l'inquietante domanda 'cosa fare ora?'. Ciò che prima era stato impulso spontaneo, oggi deve diventare azione organizzata e pianificata. È inutile dire che il popolo anela tutto ciò che ha a che fare con la cultura. Bisogna dare al popolo le armi affinché possa convertirsi in creatore. Ora il canto appartiene a tutti.”
Uscito rapidamente dalle prime difficoltà creative, Victor Jara scrive canzoni come Abre la ventana, dove incoraggia María ad “aprire le finestre e lasciare entrare il sole” adesso che “il momento più crudele è finito” e i suoi occhi possono finalmente “riempirsi di luce, e le [sue] mani di miele”.
María rappresentava tutte quelle persone umili che, abituate ad un ruolo passivo nella società, in un primo momento stentavano a mettersi in moto, a prendere l'iniziativa del cambiamento sociale.
Il governo di Unidad Popular, appena insediato, approvò numerosi provvedimenti che portarono un immediato sollievo alle condizioni delle masse cilene. Accanto alle riforme più importanti, come quella agraria o la nazionalizzazione di alcuni settori strategici per l'economia del paese, nacquero piani per la divulgazione della cultura. Tra questi, il programma “Arte per tutti” portava periodicamente spettacoli di musica, danza e teatro nei quartieri operai di Santiago. Queste iniziative erano importanti, perché diffondevano la cultura e l'arte, che smetteva di essere appannaggio delle classi agiate. In sé, però, conteneva in parte un atteggiamento paternalista verso il popolo tipico di molti artisti ed intellettuali dell'epoca.
L'idea di Victor Jara divergeva molto dal paternalismo che, invece, criticò sempre. Rivolgendosi agli artisti affermava:
“In ogni luogo in cui ci esibiamo dovremmo organizzare, e se possibile lasciar funzionare, un workshop creativo. Dovremmo ascendere noi al popolo, e non abbassarci verso di esso. Il nostro lavoro consiste nel dargli ciò che gli appartiene, cioè le sue radici culturali, e i mezzi di soddisfare la sua fame di espressione culturale che abbiamo constatato nel corso della campagna elettorale.”
E in effetti le masse cilene, impegnate attivamente nella lotta per una società socialista, facevano sentire sempre più forte anche la pressione per il protagonismo nel terreno artistico.
Questo immenso entusiasmo creativo coinvolgeva anche Victor Jara. Il tempo sembrava sempre troppo poco per la mole di lavoro da svolgere quotidianamente:
“Abbiamo questa meravigliosa occasione di creare una società socialista con mezzi pacifici e non possiamo sprecarla...Il mondo ci guarda per vedere se è possibile.”
Per la prima volta nella storia si stava compiendo una rivoluzione attraverso un governo eletto secondo le regole della democrazia borghese. La “via pacifica al socialismo” sembrava una realtà possibile agli occhi di molti. Si aveva l'illusione che la Borghesia avrebbe accettato di perdere le redini del potere, se queste le fossero state tolte da un governo “legittimamente eletto”.
In realtà, lo stesso Victor Jara aveva avuto chiare avvisaglie della violenza che poteva generare se toccata nei suoi interessi. Fin dagli anni '60 la sua canzone rivoluzionaria non era passata inosservata alle classi agiate cilene. L'uscita e il successo popolare di Preguntas por Puerto Montt furono il detonatore di una serie di minacce e inseguimenti contro di lui, che fu persino ferito durante un'esibizione in una scuola per studenti ricchi.
Durante la presidenza di Allende, quando la stampa, ancora in mano per il 70% alla borghesia, cominciò la sua più violenta campagna controrivoluzionaria, Victor Jara fu accusato di ogni sorta di calunnia, compresa la porno-pedofilia. L'intento era screditare l'artista più amato dal popolo cileno. Ma lo scopo non riuscì, e Victor Jara dichiarò pubblicamente che quell'attacco, che considerava un attacco indiretto contro Unidad Popular e il suo partito (il Partito Comunista), era evidentemente il frutto del fatto che le sue canzoni avevano colpito il segno e ciò non faceva altro che spingerlo a continuare a comporre.
Nell'inverno del 1972 uscì l'album La población, che mise insieme il suo spirito di esplorazione sociale, il suo continuo desiderio di raccontare gli strati più umili della popolazione e la sua idea di partecipazione popolare all'arte. Invitato da un suo amico, abitante di una baraccopoli, si recò per tre settimane in alcune poblaciones, tra cui Nogales - dove lui stesso aveva vissuto - e Herminda de la Victoria, registrando i suoni dell'ambiente e i racconti di quella gente. L'album conteneva alcune registrazioni e le canzoni che lo composero si ispiravano a quei racconti. Per la prima volta, in questo lavoro contaminava la canzone con alcune tecniche teatrali, soprattutto in Luchin, la bellissima canzone dedicata a uno dei molti bimbi delle baraccopoli e in Herminda de la Victoria.
Quest'ultima racconta del villaggio che prese il nome da Herminda, la neonata che morì in braccio alla madre, colpita da una pallottola durante l'occupazione della terra:
“Herminda de la Victoria
morì senza aver lottato
e dritta andò alla gloria
col petto trapassato.”
Sarebbe lunghissimo l'elenco delle canzoni di Victor Jara, tutte dal profondo contenuto umano, sociale e politico. Il suo fu un impegno costante testimoniato da ogni discorso, da ogni gesto e da ogni sua creazione. Quanto la sua stessa vita fosse identificata con ciò che faceva, lo testimoniano più di ogni altra cosa due canzoni, scritte entrambe quando la minaccia di colpo di Stato e la violenza controrivoluzionaria cominciavano a far presagire ciò che sarebbe avvenuto: Vientos del Pueblo e Manifiesto.
Vientos del Pueblo è la canzone ispirata ai versi di un altro artista del popolo, Miguel Hernandez, combattente e poeta della guerra civile spagnola:
“I venti del popolo mi chiamano,
i venti del popolo mi spingono,
mi strappano il cuore a pezzi,
si avventano alla mia gola.
Così canterà il poeta
quando la morte mi porterà
per i sentieri del popolo
da adesso, e per sempre.”
Manifiesto, scritta poco prima della morte ed incisa postuma, è considerata il suo testamento. Essa è a tutti gli effetti il “manifesto” di che cosa sia un artista rivoluzionario nella concezione di Victor Jara:
Io non canto per cantare
né perché ho voce da offrire
canto e so che la chitarra
ha sentimento e ragione.
Ha l'amore della terra
e le ali di una colomba,
e come fa l'acqua santa
segna la gioia e il dolore.
Qui il mio canto trovò uno scopo
come diceva Violeta
chitarra lavoratrice
con profumo di primavera.
Non canto per i potenti
né qualcosa di simile.
La mia canzone va in alto
per arrivare alle stelle.
Perché un canto ha senso
quando palpita nelle vene
di chi morirà cantando
le verità più sincere.
Il mio canto non serve a raccogliere premi fugaci
né per darmi fama internazionale
ma è il canto di uno spicchio di terra
che arriva giù in fondo al mondo
Là dove tutto giunge
e dove tutto comincia
un canto che sia stato coraggioso
sarà per sempre una nuova canzone.
Negli ultimi tempi Victor Jara si stava occupando di un progetto dove finalmente provava a dare corpo alla sua idea di “arte popolare”. Una rappresentazione teatrale e musicale, dove ad esibirsi era il popolo in carne ed ossa, che saliva direttamente sul palcoscenico per raccontare la sua storia.
Un primo, riuscitissimo esperimento fu fatto nel 1972, durante le celebrazioni per il cinquantesimo anniversario dalla nascita del Partito Comunista cileno. In questa occasione diresse decine di operai, contadini e lavoratori che rappresentarono la “Storia del movimento operaio cileno”, la loro stessa storia. Victor Jara stava lavorando instancabilmente per realizzare la stessa esperienza in ogni provincia del Cile, coinvolgendo nel progetto gli artisti che si esprimevano in quelle zone. Era questo un progetto che avrebbe reso chiara a tutti la sua profonda convinzione che il popolo può partecipare attivamente ai movimenti culturali, se lo si dota dei giusti mezzi.
Ma non riuscì a realizzare il suo intento. La Cut, il principale sindacato del paese, aveva dato precise disposizioni che, in caso di colpo di Stato, tutti si sarebbero dovuti recare nel proprio posto di lavoro, per difenderlo. L'11 settembre, quindi, Victor Jara corse all'Università Tecnica. Le masse, pur disarmate, pensavano ci fosse un piano di difesa collettivo e che le armi, in caso di necessità, sarebbero saltate fuori. Ma nulla di tutto ciò accadde.
Anche coloro che difesero l'Università Tecnica, come tutti i luoghi di lavoro, furono attaccati dall'esercito e, dopo una strenua resistenza, furono arrestati o giustiziati seduta stante. Si calcola che, solo nei primi giorni dopo il golpe, tra le 20mila e le 30mila persone furono imprigionate e uccise. Fu una vendetta di classe, che colpì la classe operaia in maniera metodica. Quando le persone venivano fermate, per prima cosa si guardava se avevano i calli alle mani. Essere operaio in fabbrica equivaleva ad essere marxisti, tanto era l'identificazione proletaria con la rivoluzione in atto. Per questo Victor Jara, che di quel popolo aveva fatto parte e che con tanta passione aveva cantato, fu trattato con lo stesso odio. Rinchiuso con migliaia di altri nello Stadio di Santiago del Cile, fu riconosciuto e gli furono spezzate le mani, in modo che mai più potesse suonare per la sua classe. Prima di essere torturato e ucciso, fece in tempo a far scivolare tra le dita di un compagno di cella le sue ultime parole:
Siamo in cinquemila
in questo piccolo angolo di città
Noi siamo cinquemila.
Mi chiedo quanti siamo in tutto,
nelle città e nel paese intero.
Solo qui
ci sono diecimila mani che piantano semi
e fanno funzionare le fabbriche.
Quanta umanità
esposta a fame, freddo, panico, sofferenza,
pressione morale, terrore e follia?
Sei di noi erano perduti
come nello spazio astrale.
Un morto, un altro picchiato come mai avrei creduto
un essere umano potesse venir pestato.
Gli altri quattro vollero metter fine al loro terrore:
un saltando nel nulla,
un altro dando di testa contro un muro,
ma tutti avevano nello sguardo la fissità della morte.
Quale orrore genera il volto del fascismo!
Eseguono i loro piani con chirurgica precisione.
Niente importa loro.
Per costoro il sangue equivale alle medaglie,
Il macello è un atto di eroismo.
È questo il mondo che hai creato, Dio?
A ciò sono serviti i tuoi sette giorni di lavoro e meraviglia?
In queste quattro mura solo un numero esiste
che non fa progressi,
che lentamente non altro desidererà se non la morte.
Ma improvvisamente la mia coscienza si ridesta,
e capisco che quest'ondata non ha il battito del cuore,
solo la pulsazione delle macchine
e i militari che mostrano i loro visi da levatrici
piene di dolcezza.
Messico, Cuba e il mondo intero
gridate alto contro queste atrocità!
Noi siamo diecimila mani
che non possono produrre niente.
Quanti di noi in tutto il paese?
Il sangue del compagno presidente, il nostro compañero,
colpirà più forte di bombe e mitragliatrici.
Così il nostro pugno colpirà di nuovo.
Com'è difficile cantare
quando devo cantare l'orrore
L'orrore che sto vivendo,
l'orrore di cui sto morendo.
Vedermi in mezzo a così tanti
e innumerevoli momenti di infinito
nel quale silenzio e grida
sono la fine della mia canzone.
Ciò che vedo, non l'ho mai visto prima
Ciò che ho provato e ciò che provo
daranno vita al momento....
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Fonti:
JOEL JARA, Victor Jara, una canzone infinita, Sperling & Kupfer editori, Milano, 1999
SAVERIO TUTINO, Dal Cile, Mazzotta, 1973