Il 5 giugno, il nono giorno del movimento di massa contro il governo autoritario e reazionario di Erdogan, è stato segnato da uno sciopero unitario da parte dei sindacati KESK e DISK, mentre vari esponenti del governo erano intenti a contenere il movimento parlando di concessioni.
Durante lo scorso fine settimana si è sviluppato un grande dibattito in merito alla necessità di convocare uno sciopero generale. La gente nelle piazze ha istintivamente capito che una mossa di questo genere rappresenta il passo successivo logico per il movimento. Per una fortunata coincidenza la Confederazione Sindacale dei lavoratori del settore pubblico, il KESK, aveva gia convocato uno sciopero nazionale di 24 ore per il 5 giugno, in difesa della contrattazione collettiva che si trova sotto l’attacco da parte del governo di destra dell’AKP. Durante una riunione di emergenza della sua direzione a livello nazionale si è quindi deciso di ampliare la portata dello sciopero e di anticipare il suo inizio a mezzogiorno del 4 giugno. Anche la Confederazione dei Sindacati Rivoluzionari, il DISK, ha appoggiato la convocazione dello sciopero contro la repressione brutale del governo AKP.
Alla fine è stata firmata una dichiarazione congiunta da parte di KESK, DISK, Unione delle Camere degli Ingegneri e degli Architetti Turchi (TMMOB) e Associazione dei medici turchi (TTB), di comunicazione dello di sciopero e richiesta di assemblee nei luoghi di lavoro e manifestazioni di massa “contro il fascismo dell’AKP”.
Centinaia di migliaia di lavoratori hanno scioperato e decine di migliaia hanno partecipato a manifestazioni in tutto il paese. Secondo il KESK, lo sciopero ha avuto luogo “da Edirne (vicino al confine greco) a Kars (vicino all’Armenia), da Ardahan (vicino alla Georgia) ad Hakkari (vicino all’Iraq), da Ankara a Bursa, da Instanbul a Van (sul confine con l’Iran), da Antalya nel Mediterraneo a Trabzon sul Mar Nero, da Izmir sull’Agean a Diyarbakir (nel Sud Est)”, evidenziando così l’enorme diffusione del movimento in tutto il paese.
La decisione del KESK di mettersi all’avanguardia del movimento deve essere apprezzata, soprattutto perché avviene in un momento in cui dozzine di membri dirigenti del KESK, a livello nazionale e nelle province, si trovano in prigione, accusati di appartenere ad “organizzazioni terroristiche” dopo essere stati arrestati in febbraio.
Anche se non è stato uno sciopero generale totale, che non può aver luogo a tutti gli effetti senza la partecipazione della principale confederazione sindacale, Turk-Is, comunque si è trattata a tutti gli effetti di un’azione di massa a cui hanno preso parte centinaia di migliaia di lavoratori con rivendicazioni che sono andate oltre le richieste sindacali iniziali, e che sono diventate apertamente politiche.
Ci sono stati enormi cortei per tutta la giornata nelle principali città, con i lavoratori che, riuniti fuori dai loro posti di lavoro, hanno marciato verso le piazze più importanti.
L’entrata dello spezzone del DISK in Piazza Taksim è stata particolarmente significativa e toccante, in quanto questo è il luogo in cui è avvenuto il massacro del Primo Maggio 1977 e in cui il sindacato è stato ferocemente attaccato dalla polizia il Primo Maggio di questo anno, quando ha provato ad avanzare verso la piazza (video).
Malgrado fosse questo il nono giorno di mobilitazioni, ancora nei cortei serali c’erano decine di migliaia di persone per le strade delle principali città, dimostrando che il movimento è ancora vivo. Un compagno ad Istanbul ha detto che “Istiklal Avenue era più o meno mezza piena. Ma Piazza Taksim e Gezi Park erano talmente piene che era quasi impossibile camminare. C’erano slogan, danze, discussioni, risate”. Aver cacciato la polizia fuori dalla piazza è stata la prima vittoria del movimento e le masse sono fiere della loro conquista.
In merito a sorrisi, strette di mano, gas lacrimogeni ed idranti
Intanto, il governo ha utilizzato tutti i mezzi a sua disposizione per provare ad arginare e disinnescare il movimento. Mentre il Primo Ministro Erdogan si trovava all’estero, in visita per quattro giorni nei paesi del Nord Africa, il Presidente Abdullah Gül e il Primo Ministro deputato Bülent Arınç hanno tenuto discorsi conciliatori e si sono incontrati con i leader del partito di opposizione.
Arınç è perfino andato oltre, scusandosi pubblicamente per l’uso di gas lacrimogeni nella repressione del movimento e tenendo un incontro con i rappresentanti della protesta di Gezi Park. Tale incontro è stato usato dal governo per dare l’immagine di chi “ascolta i problemi del popolo”, mentre in realtà, nulla è fondamentalmente cambiato e non è stata fatta alcuna reale concessione. Arınç ha dichiarato che il progetto di costruzione al Gezi Park “è stato fermato”, ma non ha detto se è stato abbandonato, e ha promesso “un’indagine completa nei confronti di coloro che sono responsabili degli eccessi da parte della polizia” contro i manifestanti. Ha inoltre affermato che “la polizia stessa non interverrà finchè ci saranno violenze o danni alla proprietà pubblica da parte dei manifestanti”, una promessa vana, che è stata rispettata solo in parte ad Istanbul, ma che è stata apertamente rotta altrove.
Queste, in realtà, sono parole vuote, pronunciate per disorientare il movimento e mostrano che la cricca dirigente è spaventata all’idea di provocare un’escalation del movimento.
Come è poi venuto fuori dall’incontro, i rappresentanti della Piattaforma Taksim hanno chiarito che il movimento non riguarda solo la questione del Gezi Park, ma è nato in relazione anche “alla posizione contro la politica di guerra del nostro paese e la richiesta di pace, la sensibilità nei confronti dei nostri cittadini Aleviti, le legittime richieste da parte delle vittime della trasformazione urbana, le voci che si stanno sollevando contro i politici maschi conservatori che controllano il corpo delle donne, la resistenza contro i limiti all’accesso all’ università, sulla magistratura e sugli artisti, le rivendicazioni faccia a faccia per la conquista di diritti per tutta la classe lavoratrice inclusi i lavoratori della Turkish Airlines (THY), la lotta contro qualunque forma di discriminazione nei confronti dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere, e le richieste di eliminare ciò che ostacola l’accesso dei cittadini all’istruzione e ai servizi sanitari”.
Fondamentalmente, stanno dicendo che il movimento è contro tutte le politiche del governo, il che è corretto, e questo significa inoltre che il governo non ha reali possibilità di fare significative concessioni che possano andare incontro a tutte le richieste dei manifestanti.
Per di più, queste sarebbero parole ambigue, destinate ad un’opinione pubblica ingenua. L’effettiva politica del governo reazionario la si vede nella repressione brutale utilizzata nei cortei fuori da Istanbul. Ad Ankara, per esempio, si è verificata una carica improvvisa della polizia, assolutamente non provocata (video). Anche ad Adana, Dersim, Antakya e altre città, la polizia ha caricato contro i manifestanti. Ad Antakya ci sono stati attacchi contro il corteo funebre di Abdullah Cömert, il giovane attivista ventiduenne del CHP, ucciso in quel luogo due giorni fa da un colpo di pistola.
Ad Izmir, in diecimila, prevalentemente giovani, hanno manifestato per la la città, rumorosamente elogiati e supportati dai residenti affacciati ai loro balconi, gridando slogan contro il “Chimico Erdogan”, contro “i media venduti”, “fianco a fianco, contro il fascismo” e chiedendo le dimissioni del governo. Al termine del corteo c’è stato un attacco da parte della polizia con gas lacrimogeni e idranti, e scontri che si sono ben prolungati nella notte.
Questo è il vero volto del governo dell’AKP. Sorrisi e strette di mano per le telecamere, gas lacrimogeni e idranti per le strade. Il livello di repressione è diminuito ad Istanbul, poiché questo è l’epicentro del movimento e il governo teme che un’ulteriore repressione provocherebbe solo una reazione ben peggiore. Stanno giocando il gioco di dividere e stancare il movimento, aspettando il momento giusto per dare un giro di vite con pungo di ferro.
Nello stesso momento in cui il governo vuole apparire sensibile nei confronti del movimento, astutamente prova a separare i manifestanti “che restano nella legalità” e “onesti”, da “vandali” e “radicali” intenti a “distruggere la proprietà” e a “fare uso di violenza”. Che ipocriti! Tutte le violenze che ci sono state nel corso dei cortei, sono state in risposta alla brutale repressione da parte della polizia nei confronti di manifestanti pacifici e disarmati.
Il governo ha inoltre opportunamente pubblicizzato l’idea per cui esisterebbe una cospirazione segreta da parte di agenti segreti e terroristi di casa dietro questo movimento. Ad Izmir, dozzine di giovani sono stati arrestati nel corso di irruzioni in 36 abitazioni, accusati di “diffondere cattive informazioni” e di “incitare alla rivolta” sui social network. Costoro sono semplicemente giovani che utilizzano twitter e facebook per comunicare le prossime manifestazioni. Il loro arresto va inteso come una minaccia da parte delle autorità nei confronti di tutti gli altri.
Allo stesso tempo una dozzina di cittadini stranieri è stata arrestata in diverse parti del paese per il solo crimine di aver partecipato ai cortei. Costoro difficilmente possono essere “spie straniere”; uno di loro è uno studente Erasmus, altri due sono Iraniani dissidenti, rifugiati politici in Turchia.
Nemmeno questi atti conciliatori sono abbastanza per il Primo Ministro Erdogan, che ha chiarito che una Caserma dell’Artiglieria Turca verrà costruita al Gezi Park e che non si allontanerà dal progetto originale. In una critica aperta al dibattito che si è tenuto tra il suo vice e la Piattaforma Taksim, ha dichiarato: “La logica di ‘se prendo questo, vi do questo’, ‘se voi mi date questo, io voglio questo’, è fuori luogo quando si gestisce uno Stato”.
La posizione arrogante di Erdogan potrebbe rendere la situazione peggiore dal punto di vista del regime. Egli probabilmente vorrà utilizzare il suo rientro in patria più tardi oggi per mostrare la sua forza radunando i suoi sostenitori. Già a Rezi, la sua città natale, una folla di sostenitori dell’AKP ha assaltato con violenza un piccolo gruppo di contestatori in solidarietà con Taksim. Qualunque mossa in quella direzione potrebbe rinfiammare il movimento con una forza rinnovata.
Proprio ora il movimento si trova senza una direzione e senza un obiettivo e una strategia chiari. In quei luoghi dove la polizia non è intervenuta c’è uno stato d’animo di esaltazione. In un certo senso c’è un’atmosfera carnevalesca a Piazza Taksim. E’ stata aperta una biblioteca; le persone discutono le idee, condividono le esperienze. Dopo la violenta repressione dei primi giorni, questa è una tregua gradita.
Un compagno ad Izmir descrive la situazione: “Migliaia di persone si radunano in una piazza del centro, vicino al mare, ogni giorno dopo il lavoro. Si rilassano, cantano, chattano, bevono, etc. Qualcuno ripete degli slogan. C’è un grande spirito di solidarietà . Ognuno cerca di aiutare gli altri e tutti condividono tutto! Cibo, medicinali, libri.. Proprio come dovrebbe essere”. Dove ciò è possibile, le masse si godono i primi spazi di libertà duramente conquistati.
Tuttavia questo non può durare a lungo. O il movimento avanza e sfida il governo poiché ci sarebbe un’ulteriore repressione; oppure il movimento stesso lentamente si indebolirà e quindi si verificherebbero ancora repressioni.
La questione curda
Un altro compagno ad Istanbul ha descritto lo spirito di solidarietà che si è creato tra i manifestanti provenienti da diversi gruppi del paese, uniti nella lotta comune contro la repressione del governo reazionario dell’AKP. “Sono stato testimone di un incidente veramente toccante e che mi dà speranza. C’era un gruppo di 50 persone dal partito curdo BDP. Stavano sventolando bandiere Curde, bandiere del PKK e bandiere con l’immagine di Apo (Abdullah Öcalan). Poi uno di loro ha riconosciuto qualcuno fuori dal gruppo ed è andato a salutare la sua conoscenza. Subito dopo il Curdo ha chiesto al suo amico se poteva fargli una foto di lui che teneva la bandiera con la riproduzione di Apo. Il conoscente gli risponde: ‘Va bene, ti faccio la foto. In realtà sono un nazionalista Turco, ma oggi siamo tutti fratelli’.”
Come abbiamo detto in un precedente articolo, questo mostra in maniera chiara come l’odio nazionalista e lo sciovinismo possano crollare nel corso di una lotta, anche se, naturalmente, non sono scomparsi completamente e possono ancora rialzare la testa nel prossimo periodo.
Il movimento nazionalista Curdo è attualmente diviso su queste proteste. Mentre illustri dirigenti del BDP erano in Piazza Taksim fin dall’inizio, come Onder che è stato ricoverato in seguito alla violenta repressione della polizia mentre cercava di fermare le ruspe, altri temono che qualunque attacco contro l’AKP possa distruggere la negoziazione di pace attuale con il PKK e riportare indietro l’intero processo.
Il presidente del BDP, Selahattin Demirtas, per esempio, ha detto che se da un lato appoggia le proteste legittime della gente e disapprova la repressione, dall’altro non “si unirà ai razzisti, nazionalisti e fascisti di Piazza Taksim”, e ha messo in guardia sul fatto che nel movimento contro l’AKP ci sono elementi che “vorrebbero mettere in difficoltà il processo di pace”.
Questo approccio è estremamente di scarse vedute. In realtà, l’unico modo per raggiungere la libertà e i diritti democratici per i curdi è attraverso un movimento rivoluzionario in Turchia. Erdogan ha iniziato un processo di pace con il PKK per motivazione esclusivamente reazionarie. Vuole utilizzare i Curdi in Iraq e in Siria per espandere la sfera di influenza Turca e i mercati in Medio Oriente. Per lui, i diritti nazionali e democratici dei curdi sono solo una piccola variante, da utilizzarsi allo scopo di portare avanti i suoi più ampi progetti di un controllo regionale. Allo stesso modo in cui precedentemente ha sostenuto Hezbollah contro Israele e ora si schiera con l’Esercito siriano libero e Israele contro Assad ed Hezbollah, domani potrebbe cambiare ulteriormente idea. Il suo unico Dio è il Denaro, gli unici interessi nazionali che gli sono cari sono quelli della borsa.
L’unità nella battaglia dei Curdi, dei Turchi, degli Aleviti e degli altri gruppi etnici e religiosi in Turchia e in tutta la regione è l’unico modo per ottenere un’autentica democrazia, libera cittadinanza e soprattutto, emancipazione sociale.
Qual è il prossimo passo per il movimento?
<>Lo sciopero del 4 e del 5 giugno ha dimostrato tutto il potenziale che esiste. Il movimento ha bisogno di organizzarsi e di diventare più maturo. In un’intervista pubblicata su un quotidiano britannico, un attivista del sindacato KESK pone la questione in maniera molto netta:
“Questa ribellione non è organizzata nel modo giusto e darle una direzione corretta è abbastanza difficile in queste circostanze. Le organizzazioni sindacali e le loro confederazioni dovrebbero unirsi questa ribellione con uno sciopero generale allo scopo di sostenere e far crescere lo sforzo iniziale. La classe lavoratrice organizzata ha la capacità di trovare intuitivamente la strada corretta. Tuttavia, finora, la classe lavoratrice non si è unita alla ribellione a livello di ‘partecipazione politica’.”
Per questa ragione devono essere istituiti comitati di azione allo scopo di dare al movimento una struttura democratica e responsabile, con rappresentanti dai luoghi di lavoro, dalle fabbriche, dai quartieri della classe lavoratrice, dalle scuole e dalle università e ci si deve preparare per un sciopero politico ad oltranza per far cadere il governo.
6 giugno 2013