Questa è la prima volta che trattiamo un argomento del genere in un incontro internazionale, e forse alcuni di voi pretendono una spiegazione, perché alcuni considerano l'arte un argomento di secondo piano, mentre in realtà è un aspetto fondamentale della condizione umana, così fondamentale che alcuni antropologi credono che si possa risalire alla nascita della nostra specie dalle prime forme d'arte.
Relazione alla scuola estiva della Tendenza marxista internazionale, Barcellona 2001
È un dato di fatto che uno dei primi segni di esistenza dell'homo sapiens sapiens è la comparsa dell'arte, espressione del suo senso estetico. Questa teoria è stata discussa anche recentemente in seguito alla comparsa di alcuni artefatti che si fanno risalire ad una specie pre-umana: l'uomo di Neanderthal. Questi artefatti dimostrano indubbiamente una certa qualità estetica, ma non si può ancora considerare vera e propria arte, quanto piuttosto il suo embrione.
Si potrebbe addirittura considerare che certi artefatti esistano addirittura in altre specie animali, anche più basse. L'uccello giardiniere, per esempio, non costruisce semplici nidi, ma delle vere e proprie strutture architettoniche, composizioni squisitamente elaborate, con combinazioni di colori che indicano la presenza di un vero un senso estetico. Queste strutture, seppur prive di una vera e propria funzione pratica, non sono però inutili: vengono costruite dal maschio della specie per attirare la femmina. Sono quindi degli strumenti fondamentali per l'accoppiamento, e questo è un fenomeno molto comune nel regno animale, dove solitamente è il maschio ad imbellettarsi con colori sgargianti per attirare la femmina, in genere meno attraente. C'è però una differenza fondamentale tra questi esempi del regno animale e l'espressione dell'arte nell'uomo: i primi sono, infatti, determinati geneticamente, e nascono, nello specifico, per il mero scopo dell'accoppiamento.
L'arte come forma di comunicazione
Questa attività animale è istintiva e intrinsecamente individualista, mentre l'arte umana è su un livello totalmente differente; non è innata, ma deve essere appresa, ed è di natura essenzialmente collettiva. È una forma molto particolare di comunicazione per gli esseri umani, e nasce insieme alle prime forme di produttività, con l'utilizzo dei primi strumenti di pietra. Ci sono delle differenze strabilianti tra gli strumenti di pietra dei diversi periodi storici: quelli più recenti sono molto più rifiniti, elaborati e perfetti di quelli delle ere precedenti. Questo costante miglioramento riflette l'evoluzione della mente umana, e segna addirittura la nascita di un certo senso estetico.
Si è sempre fatto un gran parlare, in senso quasi mistico, di estetica – di cosa è bello o brutto. Cos'è la bellezza? Sembra un concetto particolarmente misterioso. Vi siete mai chiesti cosa sia davvero la bellezza? Tutti noi crediamo di sapere bene cosa sia bello o brutto, ma lo sappiamo davvero? Se guardiamo alla storia, ed alle diverse scale di valori nelle diverse società, è evidente che non esiste un vero e proprio concetto generico di bellezza applicabile a tutti i periodi storici e a tutte le società; il concetto di bellezza negli uomini si è evoluto, come si sono evolute la morale e la religione attraverso centinaia di generazioni.
È necessario che ci soffermiamo un momento a spendere due parole sul materialismo storico, nel senso che fondamentalmente – e sottolineo la parola “fondamentalmente” - lo sviluppo della società umana e della sua cultura si fonda su basi materiali, le quali vanno cercate nello sviluppo delle forze produttive. Ed è molto più facile trovare questo nesso nelle primissime forme di società, e molto più difficile con quelle più recenti e più complesse.
Il nesso tra la cultura e la base economica della società è ritrovabile facilmente nelle prime forme di arte. Prendete, ad esempio, le tribù Masai dell'Africa orientale, che consideravano attraenti le donne dal collo molto lungo, e che per raggiungere questo effetto giraffesco sono arrivate letteralmente ad allungare il collo delle giovani donne. Questo per noi non è particolarmente attraente, ma di sicuro ha una spiegazione nella sua origine: nella società Masai la ricchezza era calcolata in bestiame e in rame, che era un bene molto raro e quindi prezioso. Una donna era quindi considerata molto attraente se indossava una grande quantità di braccialetti di rame, soprattutto sul collo; quindi una donna con un collo più lungo poteva indossare più braccialetti.
L'origine di questa pratica è andata via via dimenticata, ma la pratica stessa è rimasta nella tradizione, e le persone hanno iniziato a considerare attraente di per sé un collo molto lungo. Si potrebbero citare moltissimi esempi simili: altre tribù africane, ad esempio, si tolgono i denti incisivi, per imitare gli animali ruminanti che allevano e che simboleggiano il loro status sociale.
L'unica conclusione che possiamo trarre da questi esempi è che la bellezza non è un valore assoluto, ma che si evolve storicamente e si trasforma continuamente. Ma questa analisi potrebbe indurci nell'errore di affrontare la questione in modo troppo meccanico. Marx spiega che concetti come religione ed arte non possono essere legati direttamente allo sviluppo delle forze produttive: “[la religione e la filosofia, ma anche l'arte n.d.Alan] appartengono al regno dell'ideologia, che è etereo e lontano, e man mano si staccano dalla loro origine ed acquisiscono vita propria. La loro origine è preistorica, esistevano già nella notte dei tempi e man mano si sono insediate nel corso della storia”.
In altre parole le radici dell'arte sono insite nella nostra coscienza collettiva, tanto per usare un termine psicologico; risalgono ai più remoti periodi storici e preistorici, proprio come la religione. Se si guarda alle primissime forme di arte, vediamo che è rimasto molto poco: molti materiali sono deperibili, come il legno, l'osso o addirittura la pelle umana nei tatuaggi. Queste forme di arte sono quasi totalmente scomparse, anche se recentemente è stato ritrovato il corpo di una donna preistorica, in Siberia, con un complicato tatuaggio sul corpo.
L'arte paleolitica
Quando pensiamo all'arte preistorica le prime cose che ci vengono in mente sono i disegni nelle caverne, come i meravigliosi dipinti nella zona di Dordogne in Francia o di Altamira nella Spagna del Nord. Questi dipinti rappresentano i punti più alti della cultura umana e dell'arte, con delle particolarità che li distinguono dall'arte delle ere successive. Non c'è quasi nessuna raffigurazione di esseri umani in queste opere, tranne che per una misteriosa figura semi-umana in uno dei dipinti francesi,probabilmente uno stregone o una specie di mago, con il corpo di un uomo e la testa di un cervo. Mancano anche le raffigurazioni di fiori o piante, e solo alcuni animali, dipinti in maniera talmente straordinaria da risultare ancora oggi bellissimi per il loro realismo e per la conoscenza dell'anatomia che dimostrano, quasi scientifica; ogni tendine, ogni vena, ogni muscolo è raffigurato con precisione.
Anche se queste opere possono apparire bellissime ai nostri occhi, questo concetto di bellezza è diverso rispetto a quello di chi le ha dipinte o chi le guardava quando sono state create. Su questo tornerò a parlare tra un minuto, ma lasciatemi tornare a quello di cui parlavo all'inizio, ovvero al pensiero di alcuni che l'arte sia un argomento poco importante per la classe lavoratrice. É davvero così? Provate ad immaginare un mondo senza arte, senza musica, senza canti e balli, senza poesia. Se provate a pensarci per un solo minuto, vi renderete conto di quanto sia importante l'arte non solo per gli intellettuali, ma anche per le masse.
É chiaro che nella società classista, soprattutto in quella occidentale, l'arte è diventata di monopolio delle classi privilegiate, spesso inaccessibile alle masse di coloro che vivono nelle condizioni materiali, ma anche spirituali, più povere. Il capitalismo condanna la maggior parte degli esseri umani all'alienazione ed al degrado, e gli uomini e le donne si sono purtroppo abituati a queste condizioni, come si abituano a qualsiasi cosa: gli schiavi si abituano alle catene, la gente si abitua a case brutte, cibo cattivo, brutti programmi in TV, musica brutta, musica molto brutta, brutti film, e pessimi quotidiani. Si convincono che a loro queste cose piacciono, che le hanno scelte in totale libertà. Il filosofo Leibniz disse che se un ago magnetico potesse pensare, di sicuro si convincerebbe di aver deciso liberamente di puntare al Nord.
Ormai siamo condizionati a credere ad un sacco di cose che non sono vere, e questo è un perno del sistema capitalista: le masse vengono incoraggiate ad accettare questa condizione di povertà materiale e culturale, mentre la classe dominante vive in belle case, assiste a meravigliosi spettacoli teatrali, legge libri ben scritti (a volte), fa vacanze bellissime e cena in ristoranti di altissimo livello. Questo li porta a credere che le masse si meritino qualunque schifezza, e sarebbe anche normale, se non fosse che coloro che appartengono alla classe lavoratrice stessa, anche i più avanzati, sono arrivati a crederlo.
Di solito non parlo della storia della mia famiglia, ma oggi lo farò per parlare di mio nonno, un grand'uomo: un operaio metallurgico gallese, ed un comunista. Sono cresciuto nella sua casa in un'area proletaria di Swansea, che era piena di libri, anche libri marxisti come L'Anti-Dühring di Engels, e di musica classica, soprattutto Opera italiana, che piaceva tanto ai lavoratori gallesi, grandi cantanti.
Mio nonno, che mi ha introdotto al marxismo quando ero ancora a scuola, una volta mi ha detto una cosa che non scorderò mai: “Nulla sarà mai troppo bello per la classe operaia”. Mi fa infuriare quando sento dire, solitamente da persone di classe media, che i lavoratori non si interessano alla cultura: la storia dimostra quanto questo concetto sia falso, specialmente nella storia delle rivoluzioni, come dimostrerò in seguito.
É proprio questa forma di alienazione, questa divisione tra la vita e l'arte, questa enorme separazione rende la classe lavoratrice sospettosa dell'arte: “non mi piace, non mi piace questa musica, non mi piace l'opera”. In realtà semplicemente non la capiscono, perché non hanno mai avuto la possibilità di conoscerla, non avendo avuto accesso all'arte. Questa divisione tra arte e vita, però, non è sempre stata presente nella vita dell'uomo; una volta era parte della vita quotidiana di ogni uomo ed ogni donna.
Il concetto di “Arte per l'arte”, tipica degli artisti borghesi e piccolo borghesi, è un concetto molto comune, che considera l'arte come se fosse qualcosa di inaccessibile, che aleggia nella stratosfera e non ha nulla a che vedere con la vita vera, la società, anzi ne è totalmente isolata. Come ha detto il grande filosofo materialista russo Chernyshevsky, questo concetto è totalmente privo di senso, sarebbe come dire “la falegnameria per la falegnameria”.
L'arte ha sempre un motivo, e lo ha sempre avuto. A cosa serviva l'arte paleolitica? È il primo di tanti misteri: non aveva una funzione decorativa; veniva dipinta nei meandri più profondi della caverna, al buio, cosa che sembra ancora più incredibile se si pensa alla totale mancanza di tecnologia dell'epoca. L'uomo doveva arrampicarsi, in condizioni difficilissime, e lavorare alla luce tremolante di una lampada fatta di grasso animale. Se ci pensate, ha dell'incredibile. Perché lo faceva? L'uomo non viveva nei luoghi dove venivano dipinte queste opere, probabilmente non viveva affatto nelle caverne, o al massimo viveva nella parte più esterna, più vicino alla luce. Non si trattava di arte per l'arte, ma aveva uno scopo pratico, sociale ed economico ben preciso; si potrebbe quasi dire che a quei tempi l'arte, la scienza e la religione fossero mescolate insieme in una sola cosa.
Si trattava di società di cacciatori-raccoglitori, la cui sopravvivenza dipendeva nella caccia degli animali rappresentati: dipingendo quegli animali il cacciatore credeva di acquistare potere su di essi. In altre parole l'arte era una forma di magia, e la magia altro non è che una versione preistorica della scienza: un tentativo da parte dell'uomo e della donna di capire e dominare il mondo che li circondava. Questo è, a tutt'oggi, parte dell'incanto dell'arte: la sua componente magica che tutt'ora sopravvive.
Lo stesso si può dire della musica e della danza. La musica è nata dalle danze collettive di questi uomini, che non saltellavano qui e lì a ritmo di tango, hip-hop o chissà quale altra cosa si balli oggigiorno. Vedete, credo che ormai si possa studiare l'isolamento dell'essere umano moderno proprio da questo suo saltellare solitario, dal fatto che ormai la gente neanche si guarda più negli occhi quando balla, cosa che non accadeva in passato. Probabilmente non sarete d'accordo con i miei gusti in merito alla musica e alla danza, ma vorrei che vi soffermaste un momento su quello che sto per dire.
I balli del passato erano sempre collettivi, coinvolgevano l'intera comunità, ed erano sempre legati a qualche attività produttiva; basti pensare agli indiani d'America, che imitavano i movimenti di uccelli, bufali e degli altri animali che cacciavano: si tratta quindi di un'attività sociale importante e necessaria, non di un lusso.
E cosa dire della poesia? La poesia è probabilmente la più antica delle arti a affonda le sue radici in una società così remota che non abbiamo documentazioni riguardo ad essa. Questo non avviene per caso, poiché la scrittura è un fenomeno relativamente recente che esiste da poco più di cinquemila anni. Pensateci un po': oggi è impossibile immaginare un mondo senza radio, televisione, internet, libri o giornali. La cultura umana, per non perdersi, deve essere passata di generazione in generazione; noi umani non siamo come gli animali, il nostro bagaglio estetico, religioso e scientifico, le nostre regole sociali, le nostre tradizioni, la nostra morale, tutto questo non può essere trasmesso geneticamente come per gli animali. Gli umani devono imparare tutte queste informazioni, e sarebbe molto difficile farlo senza l'aiuto della parola scritta. Non scordatevi che le regole di quelle società, che erroneamente chiamiamo primitive, erano molto difficili e non c'era nessuna testimonianza scritta di queste complicate tradizioni, di queste complicate mitologie, che dovevano essere trasmesse alle generazioni successive. E come trasmettere tutto questo se non verbalmente? È così che nascono i primi esempi di ciò che al giorno d'oggi chiamiamo poesia epica, molto comune nel periodo barbarico.
I primi esempi sono stati scritti sotto il nome di Omero, anche se non è ancora certo se Omero sia mai veramente esistito. È una poesia meravigliosa, ed appartiene ad un'incredibile tradizione orale, che aveva un preciso scopo pratico. Se ad esempio leggete il primo libro dell'Iliade, vi troverete le regole per il trattamento dei prigionieri di guerra, per le gare coi carri, e una interessante descrizione delle prime società divise per classi sociali.
Il mondo dell'Iliade e dell'Odissea è dominato dai capi tribali, come Agamennone, ma c'erano ancora elementi della democrazia tribale, e i dibattiti sono descritti con un linguaggio molto poco parlamentare, come quando Achille si riferisce al suo capo, al suo re, come “faccia di cane” ed epiteti simili. In queste società era presente la figura del bardo (che, a proposito, è una parola di origine gallese, e i Celti hanno mantenuto questa tradizione per lungo tempo), il cui compito era memorizzare una quantità colossale di informazioni e di recitarle di fronte alla tribù o al clan. Oggigiorno neanche quelli di noi con una memoria più ferrea potrebbero memorizzare una tale quantità di versi, ma a quei tempi era una pratica abbastanza comune per alcuni, che per ricordare tutte quelle informazioni usavano dei piccoli trucchi utilizzando rime, ripetizioni ed altri mezzi quali le allitterazioni, le metafore e le similitudini: è questa l'origine della poesia.
Ovviamente siamo già in una società divisa per classi, e l'arte e la cultura sono quindi diverse. Rob Sewell ha spiegato molto bene come il comunismo primitivo tribale fosse stato rimosso, come la società avesse iniziato a dividersi per classi, e quanto questo abbia significato un cambio fondamentale in tutto, soprattutto nella posizione della donna nella religione. Se si studia la mitologia greca con attenzione, infatti, si vedrà che la maggior parte dei miti greci si basa su un elemento: la rimozione del potere della donna e la sua sostituzione con una società patriarcale. Nelle società più primitive le divinità erano principalmente femminili: le sculture primitive raffiguravano delle donne, le cosiddette Veneri dell'era paleolitica. Le divinità dell'Olimpo, invece, sono quasi tutte maschili, rispecchiando quindi una società già dominata dal maschio.
Schiavitù e cultura
Il primo esempio di società divisa per classi è quello della società schiavista, dove le masse sono ridotte a schiavitù, cosa che appare orribile ai nostri occhi; il grande filosofo Hegel, però, osservò che “l'uomo non si è liberato dalla schiavitù, ma attraverso di essa”. Sono parole molto profonde: se pensate allo sviluppo della società umana, quello che colpisce di più è l'incredibile lentezza con cui ciò è accaduto attraverso milioni di anni. Poi, proprio con la schiavitù, la società ha iniziato a decollare.
Fu Aristotele, 2500 anni fa, che disse che “l'uomo inizia ad usare la filosofia quando i bisogni della vita gli sono riconosciuti. In Egitto la matematica e l'astronomia vennero scoperte perché i sacerdoti non dovevano lavorare”; erano liberi, cioè, dalla loro necessità di lavorare. Per dirla con le parole dello scrittore marxista Paul Lafargue, con il socialismo gli uomini e le donne hanno acquisito un importante diritto: quello di oziare, di non fare nulla. Questo diritto, adesso, è il privilegio di pochi ricchi sfruttatori, che ne fanno un ottimo uso. Alcuni, per esempio, passano il loro tempo stesi sulle spiagge caraibiche. La maggior parte della gente, invece, preferisce utilizzare al meglio il suo tempo libero, ed è questa la base dello sviluppo dell'arte, della scienza e in generale della cultura.
La casta dei sacerdoti nell'antico Egitto aveva a disposizione molto tempo per pensare: questi uomini potevano quindi guardare le stelle e fare delle importanti scoperte. É la base della cultura egiziana, e su questa base nasce una divisione estrema della società in classi, in cui l'arte per la prima volta si separa totalmente dalle masse e dalla vita.
Qual'è la base dell'arte egiziana? Da una parte è infinitamente più sviluppata della maggior parte delle arti più antiche, ma dall'altra parte non è un'espressione di arte per l'arte; ha un chiaro scopo ed una chiara ragione d'essere: è innanzitutto arte religiosa, e quindi estremamente conservatrice. Inoltre è principalmente un'arte anonima: conosciamo molte opere artistiche dell'epoca, ma non conosciamo i nomi delle persone che le hanno create. Non esistono un Rembrandt o un Picasso egiziani, e il motivo è che l'arte ai quei tempi era sociale, collettiva, non individualista. Era il modo, per la casta dei sacerdoti, di controllare l'arte, ed erano loro a dettare le regole, dalle quali l'artista non poteva distaccarsi di un millimetro, ed è proprio questo severo regime che spiega la mancanza di sviluppo dell'arte egiziana nel corso di centinaia di anni. Nonostante ci siano degli spettacolari esempi di arte di quell'epoca, di certo non c'è la vitalità dell'arte greca. L'arte egiziana, inoltre, è mirata a riprodurre l'immagine di un solo uomo: il Faraone, il re degli Dei, celebrato in quelle enormi piramidi e con quelle gigantesche statue. Al British Museum potete trovare un solo braccio di una statua di un faraone, ed è quasi più grande di un uomo; è questo il messaggio: “Sono il re, sono potente, tu non sei nulla, e mi adorerai ed obbedirai per sempre”.
Lo stesso messaggio lo si può trovare nell'arte degli Assiri, caratterizzata principalmente dalla pittura a rilievo, data l'assenza della pietra in Mesopotamia, che spesso rappresenta scene di guerra; il messaggio però è sempre lo stesso: ci sono dei dipinti che raffigurano il re a caccia, mentre uccide leoni dal suo carro. Questi dipinti mostrano ancora una grande conoscenza dell'anatomia, raffigurando ogni muscolo e tendine delle possenti braccia del re mentre uccide impietosamente i leoni. È un'immagine di potere illimitato ed implacabile.
Questo messaggio lo troviamo anche nelle scene di guerra: il re conduce la sua armata contro una città che viene saccheggiata. Donne, bambini e animali vengono portati via come bottino, mentre i prigionieri uomini implorano pietà inginocchiati davanti al trono del re; ma non esiste pietà: accanto al trono c'è una pila di teste mozzate, e si vedono altri prigionieri mentre vengono spellati vivi. È un'arte che documenta nel dettaglio una società altamente militarizzata, uno stato totalitarista governato da un Re-Dio che ride mentre calpesta i suoi nemici sotto i suoi piedi. Non c'è tentativo di prospettiva, la figura del re troneggia su tutte le altre.
I più importanti sviluppi dell'antichità li vediamo nell'arte greca; nell'antica Atene i mezzi di produzione, scienza e tecnica arrivano ai massimi livelli. Ovviamente queste conquiste sono tutte basate sul lavoro degli schiavi, ma per gli uomini liberi di Atene, la libertà era autentica, e questo permeava l'arte, soprattutto la scultura.
Quest'arte è molto diversa da quella egiziana: per la prima volta si sviluppa un'enorme fioritura dell'espressione umana, della cultura umana, dell'arte umana che, seppure in embrione, ci fornisce una vaga idea di come saranno le prime forme di socialismo. Per la prima volta l'arte diventa davvero umana nei contenuti, e la mente umana fuoriesce dagli stretti confini della religione. La filosofia greca non ha più bisogno delle divinità per spiegare l'universo, perché l'intento della filosofia greca è proprio il cercare una spiegazione alla natura che non implichi la presenza degli dei. Guardate per esempio alle fantastiche conquiste della scultura greca, un altissimo punto di sviluppo artistico per molti. Sfortunatamente molte opere sono state distrutte, e non dai barbari, bensì dai Cristiani, che hanno deliberatamente vandalizzato e distrutto un'ingente quantità di queste opere; ne sono rimaste però abbastanza per poterne apprezzare la bellezza ed il significato.
Consiglio a tutti voi, anche quelli che non sono abituati a frequentare gallerie d'arte, di andare a vederne una, e di fermarsi di fronte ad una di queste statue per un po'. Per la prima volta vi sentirete di fronte ad una vera e propria creazione dell'uomo e della sua arte. Vi sembrerà che queste statue vi parlino, non vi sembrerà possibile che siano fatte di pietra. Eppure non sono veramente realistiche, non siete di fronte a qualche forma di realismo. Abbiamo la forma umana, e la bellezza del corpo dell'uomo e della donna, ma è di sicuro idealizzato. Riflette parte della filosofia greca e del suo modo di pensare, dove l'idealismo giocava un ruolo fondamentale, come nelle opere di Platone e Pitagora. Quest'ultimo pensava che la matematica e l'armonia dei numeri fosse alla base di tutto, e questo pensiero ebbe una grande influenza sul pensiero greco per lungo tempo; per questo l'arte greca è così armoniosa, e le proporzioni vengono mantenute con cautela, e lo stesso si può dire per l'architettura.
L'arte romana è la continuazione di quella greca, ma è molto più realistica, e siamo ovviamente di fronte ad un cambiamento fondamentale. La storia dell'arte non riflette e non può riflettere lo sviluppo della storia umana; è un concetto errato che non ha nulla a che vedere con il Marxismo. Se le forze produttive aumentano, ad esempio, necessariamente l'arte vivrà un nuovo momento di splendore (come la storia della metà del secolo scorso ci ha ben dimostrato), ma non è neanche vero che un periodo di crisi e crollo economico non possa dare vita a una nuova grande arte.
A volte, nel periodo di declino della società si ottiene uno curioso sviluppo dialettico, in cui la coscienza umana si chiude in se stessa, con conseguenze filosofiche e artistiche molto importanti.
I secoli bui
La Peste Scarlatta è una bellissima storia breve di Jack London, lo scrittore socialista americano, tanto amato da Ted Grant. Ritrae un futuro quantomeno spaventoso: descrive una società dove tutte le malattie sono state sconfitte, quando una nuova patologia sconosciuta alla medicina, e quindi incontrollabile, inizia a farsi largo tra le persone ed ad uccidere la maggior parte della popolazione. Il risultato è il crollo della civiltà. È un racconto acuto, perché mostra la relazione tra le forze produttive e la cultura, che è data per scontata dalla maggior parte delle persone. Eppure il crollo delle forze produttive (come la scienza, l'industria e la tecnologia) ha un effetto drammatico. In una sola generazione i bambini nati dopo la catastrofe arrivano a credere che il loro mondo pieno di auto, treni ed aerei dei racconti del loro nonno, uno scienziato sopravvissuto alla distruzione di massa, sia solo un'incredibile favola. Anche il ricordo della civiltà è liquidato. Mentre il vecchio nonno parla ancora un inglese corretto, i nipoti non sono più in grado di comunicare con un linguaggio articolato, perché non c'è più la necessità di parlare un linguaggio complicato.
La linea della storia è solitamente ascendente, ma ci sono anche esempi di linee discendenti, come quando l'Impero Romano fu rovesciato. Roma non è stata distrutta dai barbari, ma di sicuro gli hanno dato l'ultimo spintone; è stata invece rovesciata dalle sue stesse contraddizioni interne: c'era un collasso delle forze produttive, risultato delle contraddizioni interne alla schiavitù. I primi cristiani, da questo punto di vista, rappresentavano un movimento rivoluzionario, comunista, che i difensori del vecchio ordine decadente descrivevano con disprezzo come la religione delle donne e degli gli schiavi. Come spesso accade con i movimenti rivoluzionari dei poveri e dei diseredati i primi cristiani, i quali avevano voltato le spalle al mondo del male e disprezzavano la vita lussuosa delle classi abbienti di Roma, "madre delle prostitute e degli abomini della terra", erano pervasi da uno spirito di austerità che era profondamente nemica dell'arte, della cultura e della scienza.
In questo periodo, intorno al V secolo, si verifica la più grande migrazione di tutta la storia umana. Con lo spostamento ad ovest delle tribù slave e tedesche crolla la vecchia società schiavista, anche se in verità stava crollando comunque, e con lei crolla anche la cultura. Credo sia difficile immaginare la profondità di questo crollo; lasciate che vi dia un dato che la dice lunga sul Medioevo: nel 1500, dopo 100 anni di abbandono, le strade costruite dai Romani erano ancora le migliori del continente europeo, mentre la maggior parte delle altre era in uno stato di abbandono tale da renderle inutilizzabili. E lo stesso si può dire di tutti i porti europei fino all'VIII secolo, quando il commercio ha cominciato a rivivere.
Una delle arti ormai perdute era l'architettura; in Germania, Olanda, Inghilterra e Scandinavia non sono stati costruiti edifici in pietra, ad eccezione di cattedrali, per quasi 10 secoli. In altre parole il collasso delle forze produttive aveva portato all'eclissi totale della cultura. In una simile situazione di cedimento, perché parlare proprio della condizione delle masse? Vorrei solo citare un estratto di un autore medievale, un monaco di nome Ælfric, che ha scritto un libro per insegnare conversazione in latino:
Maestro: Aratore, in cosa consiste il tuo lavoro?
Alunno: Signore, io lavoro molto duro. Esco all'alba per guidare i buoi al campo, e li lego all'aratro. Per quanto duro sia l'inverno, non oso stare a casa per paura del mio signore. E dopo aver aggiogato i buoi ed attaccato velocemente il vomere e il coltro all'aratro, ogni giorno devo arare un ettaro o più.
M. Hai qualcuno con te?
A. Ho un ragazzo a guidare i buoi con il pungolo, ed è diventato rauco a forza di gridare al freddo.
M. Quali altri lavori fai durante la giornata?
A. Moltissimi. Devo riempire le mangiatoie dei buoi con fieno, e dare loro acqua, e portare il letame fuori.
M. Ed è un duro lavoro?
P. Sì, è un lavoro duro, perché non sono libero.
La crescita del sistema feudale è stata accompagnata da un lungo periodo di stagnazione culturale; fatta eccezione per due invenzioni, la ruota ad acqua e i mulini a vento, non ci sono state vere e proprie innovazioni per circa più di 1000 anni.
La cultura europea era dominata dalla Chiesa cattolica. Purtroppo non ho tempo per soffermarmi sulla cultura mondiale, sarebbe troppo lungo, dovremo sviluppare la questione di Asia, Medio Oriente, Africa e cultura latino-americana in un'altra occasione. Basti però dire che la stagnazione culturale che viveva l'Europa medievale non avveniva invece nel mondo islamico: mentre l'Europa cristiana affondava nella barbarie, nei paesi islamici del Medio Oriente e nella Spagna musulmana si facevano notevoli progressi scientifici e artistici, che in seguito contribuiranno a fecondare la cultura europea. Molte delle scoperte fatte da arabi e persiani, però, avevano a loro volta la loro origine in India.
Qui però abbiamo a che fare in particolare con lo sviluppo del capitalismo, che era iniziato come un fenomeno prevalentemente europeo. Il Medioevo in Europa è caratterizzato dalla dittatura culturale della Chiesa, che praticava la totale negazione della cultura classica. L'arte greca e romana celebravano la forma umana, mentre l'arte feudale cristiana rifiutava non solo la forma umana, ma il mondo intero e tutte le attività essenziali dell'umanità. Spingeva lo sguardo di uomini e donne verso il cielo, insegnava che questo mondo è un mondo di demoni e diavoli, un mondo malefico nel quale il corpo è il male, e i rapporti tra uomini e donne sono il male e le donne venivano viste come particolarmente cattive, in quanto il primo libro della Genesi diceva che tutti i mali del genere umano provenivano dalle donne ("il peccato originale").
In origine la musica era bandita dalle chiese. Cito da San Tommaso, che nel suo libro la 'Summa Theologica' mette in guardia contro i mali degli strumenti musicali: “gli strumenti sono stati esclusi dal culto e dalle chiese, perché hanno la forma di un corpo. Continuano a disturbare la mente e ad indurre al piacere carnale”. Che idea orribile, indurre al piacere carnale!
Il punto più alto di questa cultura e di quest'arte sono le cattedrali medievali e gotiche, che ancora una volta, come le statue del faraone egiziano, sono una vera e propria dichiarazione in pietra. Quando si entra in una di queste cattedrali immediatamente si abbassa la voce; è buio, e l'unica luce o nota di colore passa attraverso le vetrate. È una visione mistica del buio dell'anima, e questi enormi edifici, che svettano verso l'alto, indicando il cielo, sono stati progettati per far sentire gli uomini e donne piccoli e poco importanti. Molte persone ammirano questa arte, io personalmente la trovo fredda, e profondamente inumana; trovo che sia l'espressione in pietra dell'alienazione dell'umanità dalla propria condizione umana.
La crisi del feudalesimo
In questo periodo milioni di uomini e donne sono nati, cresciuti e morti sotto una dittatura spirituale; non capivano neanche quello che gli veniva detto in chiesa, perché la messa era in Latino. Eppure fuori dalle chiese il sole splendeva, gli uccelli cantavano, e gli uomini e le donne facevano l'amore, e la musica e i balli continuavano, fino ad un forte cambiamento nella società, che ebbe delle conseguenze artistiche molto profonde.
Nell'ultima parte del feudalesimo, il tardo Medioevo, più o meno dal tredicesimo secolo in poi, la società entrò in profonda crisi, e quando una società entra in una crisi del genere, questa può durare molto a lungo; il processo non è mai in linea retta, può avere alti e bassi, ma tutto rientra comunque nella fase calante. In tempi come questi la gente percepisce la crisi non solo come economica: c'è un senso generale di rovina, di crisi della moralità, della famiglia, della Chiesa e di ciò in cui si crede, della scienza e dell'arte.
Questo è stato il caso nel tardo Medioevo: un cambiamento colossale si svolgeva in mezzo alla sofferenza generale, alla rovina, alle guerre, alle epidemie ed alle carestie. Molti credevano che la fine del mondo fosse vicina; magari non si trattava della vera e propria fine del mondo, ma di certo si era di fronte al tracollo del sistema feudale. Questa idea della fine del mondo era espressa magistralmente nell'arte, come nelle spettacolari opere pittoriche di Breugel il Vecchio, ma soprattutto di Hyeronimus Bosch, che potete trovare al museo del Prado di Madrid.
L'ascesa della borghesia
Naturalmente la questione decisiva era l'ascesa della nuova classe rivoluzionaria, che contestava la vecchia società, il suo ordine sociale, le sue convinzioni e la sua religione. La borghesia delle città a poco a poco, pezzo per pezzo, si conquistò un posto nella società feudale, allo stesso modo in cui la classe operaia moderna, attraverso le organizzazioni del movimento operaio, passo dopo passo, si ritaglia un posto per sé nella società. La borghesia si stabiliva nella società come un'entità separata, basata non più sull'agricoltura e sulle relazioni feudali, ma sullo scambio commerciale e di denaro; si sviluppa quindi un nuovo stile di vita, e con esso un nuovo gusto, un nuovo senso artistico ma soprattutto una nuova religione: il protestantesimo.
Avete mai pensato alle fondamentali differenze di dottrina tra la religione cattolica e quella protestante? È molto semplice: la religione cattolica insegna la salvezza attraverso il lavoro, quella protestante attraverso la fede. Per usare delle parole un po' più crude, ma che sottolineano la natura classista della differenza, la fede non costa nulla, mentre il lavoro costa caro, ed è proprio questa la base della differenza tra la borghesia e l'aristocrazia feudale. Durante il feudalesimo, un sistema basato sull'agricoltura, non c'era necessità di innovazione, di investire in tecnologia (se mai ce ne fosse stato bisogno): i proprietari feudali avevano una massa di servi della gleba che erano praticamente schiavi, incatenati alla terra, anche se formalmente liberi. E se si dispone di manodopera molto a buon mercato, non c'è bisogno di avere macchine per aumentare la produttività. Quindi perché preoccuparsi di innovare? Anche se i greci di Alessandria avevano inventato un motore a vapore perfettamente funzionante, rimaneva solamente un curioso giocattolo senza scopi pratici.
Se però non c'era bisogno di reinvestire, per la classe dominante si poneva la questione di che cosa fare con l'eccedenza. Certo si poteva sempre dare via, come alcune di queste persone, che potevano permettersi di essere piuttosto generose, facevano; oppure si poteva dare alla Chiesa, così, anche se si fosse condotta una vita orribile, cosa che accadeva a molti, il prete avrebbe comunque pregato per loro per i seguenti 500 anni, garantendo loro un biglietto di prima classe per il regno dei cieli.
Ecco perché la Chiesa medievale si poteva permettere di costruire immense cattedrali: grazie a tutto il denaro che riceveva dall'aristocrazia. A dire il vero la Bibbia non dice nulla a proposito della Chiesa come un vero e proprio fabbricato; Gesù ad un certo punto dice: “Ovunque ci siano due o tre di voi riuniti nel mio nome, io sarò lì”. È questo il significato della parola Ecclesia (da cui l'italiano chiesa, n.d.r) in Latino: riunione, raduno, non edificio. E quando è arrivato un uomo chiamato Lutero ed ha tradotto la Bibbia in tedesco, un ottimo tedesco, tra l'altro, che ha gettato le basi per il moderno linguaggio della letteratura, la gente ha iniziato a leggere la Bibbia, ed è stato l'inizio della rivoluzione. I protestanti puntavano a basarsi esclusivamente su questa Bibbia: era la parola di Dio rivelata direttamente agli uomini, che si dicevano “se avremo fede, se crederemo in Gesù Cristo attraverso la Bibbia, saremo salvi”; e questo era un messaggio rivoluzionario per quei tempi. Era un attacco frontale alla Chiesa, a questa dittatura spirituale, questa burocrazia colossale che era molto costosa, sprecona e corrotta in tutti i sensi, con un clero odioso che tassava per nessuna buona ragione. Ricordiamoci che stiamo parlando di quello che Marx definisce come il periodo primitivo dell'accumulazione del capitale, con i borghesi che cercavano di salvare i loro soldi a scopo di investimento.
Due secoli più tardi lo slogan dei rivoluzionari americani è stata "no taxation without representation" [nessuna tassa senza rappresentanza], mentre nel XIX secolo i liberali chiedevano un "governo a buon mercato"; il primo slogan dei borghesi, invece, era "religione a buon mercato": l'idea principale era “non abbiamo bisogno di tutte queste chiese, tutti questi sacerdoti, tutti questi vescovi e tutti questi Papi”. E questo ovviamente aveva in sé una espressione estetica e artistica.
La rivoluzione borghese
I puritani della Gran Bretagna indossavano vestiti neri molto semplici: era la loro dichiarazione rivoluzionaria contro i ricchi, contro il loro sfarzo, il loro abbigliamento eccessivo, i loro gioielli e la loro corruzione. Tutto questo aveva delle forti connotazioni rivoluzionarie: il capitalismo, a differenza del feudalesimo o della società schiavista, per la prima volta nella storia predica i diritti dell'uomo e dell'individuo. Il capitalismo e l'individualismo sono sempre inscindibili, e questo ha un importante impatto sull'arte, che fino ad allora era stata anonima, mentre in questo periodo vediamo emergere grandi artisti, e l'inizio di quel meraviglioso periodo, in Italia del nord, e più tardi in Olanda, che è il Rinascimento. Cosa c'è di nuovo in quest'arte? Nel caso dei fiamminghi abbiamo artisti come i fratelli Van Eyck, che dipinsero soggetti religiosi in una maniera totalmente nuova; erano religiosi, ma il contenuto dei loro dipinti era totalmente diverso rispetto alle opere che li precedevano. Se si guarda all'arte fiamminga, si vedono uomini e donne veri, ritorna l'essere umano nell'arte. In filosofia, con l'umanesimo, vediamo lo stesso fenomeno, nel pensiero di Erasmo e Thomas More, che esprimono gli stessi ideali borghesi dei diritti dell'individuo.
Le nuove scuole di pensiero provenivano soprattutto dall'Italia, dove l'arte aveva raggiunto il suo punto più alto dai tempi dell'antica Grecia. Era la diretta espressione della nascita della borghesia, e questo concetto rivoluzionario dell'uomo e dell'individuo trova la sua migliore espressione nelle opere del Botticelli: la Nascita di Venere è uno degli esempi di più alta arte pittorica, e non ha nulla a che vedere con il medioevo o con la cristianità. É un argomento puramente pagano: la Dea dell'amore, Afrodite, che nasce dalle onde; il centro del dipinto è la forma femminile, un corpo nudo, un anatema per la chiesa medievale che considerava il corpo come qualcosa di malvagio, e la donna come fonte del peccato originale. Qui, di contro, abbiamo una gloriosa celebrazione del corpo umano: l'essenza umana, la vita stessa, si spinge sulla strada della vita, come ai tempi dell'antica Grecia.
C'è una libertà in questo quadro, il modo in cui sono dipinte la carne e le onde, ma anche il vento, espresso dall'impalpabile modo in cui i vestiti si muovono. Si tratta di una dichiarazione rivoluzionaria, una negazione completa della vecchia rigidità, delle vecchie assurdità religiose e mistiche. L'antica oscurità è stata completamente bandita, qui tutto è luce, nulla è fisso, tutto si muove, balla e ride. Qui l'arte finalmente cessa di essere disumana, è davvero arte umana.
Questo riflette un cambio fondamentale nella concezione che l'uomo ha dell'universo e del suo posto all'interno di esso; è la stessa visione audace che nella scienza ha portato a una nuova era di ricerca e sperimentazione, e in politica ha portato direttamente a un conflitto rivoluzionario della nascente borghesia contro la reazione cattolica feudale. In particolare in Olanda, dove la borghesia ha intrapreso una eroica lotta rivoluzionaria contro il potere reazionario della Spagna, paragonabile all'attuale imperialismo americano.
La rivolta dei Paesi Bassi
La rivolta dei Paesi Bassi spagnoli fu come la guerra del Vietnam e la Rivoluzione Russa insieme. È stata una guerra molto feroce, rivoluzionaria, in cui ad un certo punto il Re di Spagna ha condannato l'intera popolazione dei Paesi Bassi a morte con alcune eccezioni. Un periodo in cui avere una Bibbia in casa era un crimine punibile con la morte nelle sue forme più terribili. Chiunque fosse stato scoperto eretico, ovvero chi non era d'accordo con la Chiesa cattolica, sarebbe stato arrostito vivo, ma se si faceva una confessione piena, ci si pentiva e si denunciava il protestantesimo, la Santa Madre Chiesa poteva mostrare misericordia. Gli uomini venivano decapitati e le donne sepolte vive.
Dopo una lunga lotta la borghesia olandese riuscì a liberarsi dal giogo della Spagna, aprendo il campo ad una fioritura di scambi, commercio e prosperità, anche per l'arte e la cultura. Quest'arte olandese aveva le sue particolarità: molte delle opere olandesi trasmettono un senso di pace e calma, per contrastare il periodo precedente, con le feroci lotte contro la Spagna. La borghesia olandese, quei mercanti ricchi e robusti, desideravano un attimo di respiro, un momento di calma per assaporare la pace, la calma e la tranquillità. Ed è questo il tema più ricorrente dei dipinti dell'epoca: una società perfettamente ordinata e stabile.
Questa è anche la prima volta nella storia in cui l'arte descrive realmente la vita normale, la tranquilla, quotidiana, ordinaria esistenza borghese. Ci sono donne che si pettinano i capelli, che suonano la spinetta o leggono una lettera, proprio come nel dipinto di Vermeer, uno dei più grandi rappresentanti di questa scuola; la stessa natura ordinaria di queste scene rispondeva ad un bisogno psicologico molto profondo. A questo proposito, anche qui l'economia e la questione di classe fa la sua comparsa.
La natura morta, un nuovo tipo di pittura, si fa strada nell'arte; consiste fondamentalmente nella rappresentazione del buon cibo: fagiani, brocche di vino, mele ed altri frutti succulenti, dipinti in maniera così dettagliata che fanno davvero venire voglia di afferrare una di quelle mele ed addentarla. É il messaggio del ricco mercante olandese: “Guarda dove sono arrivato, guarda cosa posso permettermi, guarda quanta roba ho nella mia cucina!”; persino i dipinti di fiori hanno un significato economico, perché questo è il periodo della prima crisi economica della speculazione, dello scandalo della bolla dei tulipani, dove tutti desideravano questi costosissimi fiori.
L'arte e il denaro
Alla base di questa nuova arte c'è una nuova classe consumista: i ricchi mercanti con le loro grandi case ed i loro muri da ricoprire. C'erano dipinti ovunque: nei negozi, negli alberghi, nelle locande. L'arte non era più vista come un mistero, nel senso di “arte per l'arte”: era diventata una merce di scambio come un'altra. Vermeer dipinse molte rappresentazioni di Delft, la sua città natia. Un panettiere di Delft possedeva due dipinti di Vermeer che valevano milioni di sterline, ed erano lì perché erano serviti all'artista a pagarsi da mangiare. Vermeer morì povero, come molti artisti, mentre i loro dipinti ora fruttano milioni.
Ovviamente con l'affermazione del capitalismo si afferma l'importanza dei suoi elementi: il denaro, l'avidità, il desiderio di possedere. In Inghilterra nel XVII secolo ci fu una rivoluzione borghese, dove fu evidente lo scontro tra una nuova idea religiosa e artistica e l'assolutismo feudale. Basta guardare i dipinti, molti dei quali esposti alla National Gallery, di Re Carlo I del pittore olandese Van Dyke: splendidi dipinti con figure aristocratiche adornate con gioielli e merletti.
I loro nemici, i puritani, vestivano di nero e vivevano semplicemente; sono due diverse concezioni di estetica, due diverse moralità, due classi antagoniste. C'è un famoso esempio della diversa mentalità delle due classi: quando Oliver Cromwell, il rivoluzionario inglese, si fece ritrarre. Era un ottimo rivoluzionario borghese, ma di certo non era l'uomo più bello del mondo. Cromwell disse all'artista di dipingerlo "così com'era, con le verruche e tutto il resto". C'era un nuovo spirito artistico, e la rivoluzione inglese ha prodotto grandi scrittori, come John Milton, autore del “Paradiso Perduto” ed Andrew Marvell, il meraviglioso poeta puritano, ma purtroppo non ho abbastanza tempo per parlarne.
L'ancien régime e la Rivoluzione Francese
Se ci si volta a guardare alla Francia, si vede di nuovo uno scontro tra due classi, e il conseguente scontro di due culture espresse all'arte. E mi ripeto: non si dovrebbe cercare di stabilire relazioni esatte, sarebbe un errore. Eppure a volte, anche se non sempre, è possibile vedere in maniera particolare, distorta, il debole profilo delle relazioni sociali espresse nell'arte. A volte si può notare addirittura in una cosa improbabile come il giardinaggio. Siete mai stati a Versailles in Francia? Avete visto i famosi giardini? Che cosa avete visto? Forme geometriche, linee rette. E cosa riflettevano? Anche qui si tratta di una dichiarazione: la monarchia assoluta feudale della Francia stava cercando di controllare rigidamente tutto, anche la natura. I giardini di Versailles esprimono un'idea: siamo in grado di controllare ogni cosa, anche la natura, gli alberi, i fiumi, anche l'erba ci devono obbedire.
L'espressione artistica di questa idea è il classicismo, che cerca di stabilire regole rigide per il teatro, basate sul fraintendimento di ciò che scrisse Aristotele. L'azione deve avvenire in ventiquattro ore, in un solo luogo, e non è possibile mescolare tragedia e commedia. I francesi ridevano di Shakespeare, che consideravano un ignorante barbaro perché mescolava commedia e tragedia.
Alla vigilia della Rivoluzione, lo Stato francese era in bancarotta e la terra tremava sotto ai piedi della monarchia. Era quindi logico che l'arte della classe dominante in questo momento fosse caratterizzata da un forte elemento di evasione; il mondo irreale che vediamo nei quadri di Watteau era un riflesso fedele del mondo dei sogni in cui viveva la classe dirigente francese, che era ormai sull'orlo del crollo. Maria Antonietta aveva una "fattoria" costruita sulle sue proprietà, dove si travestiva da una pastorella, mentre nel mondo reale, i veri pastori e pastorelle francesi soffrivano disagi che non trovavano eco nel mondo artificiale di Maria Antonietta.
Fu questa stessa mania di controllare tutto, anche questo mondo di sogni, a far crollare tutto nel 1789. La Rivoluzione francese rovesciò tutto, e le sue motivazioni si basavano sul crescere di una lotta ideologica, in particolare nel campo della filosofia. La rivoluzione portò avanti questa lotta all'interno dell'arte, che inizialmente si è espressa con il neo-classicismo, nei dipinti di Davide, grande artista rivoluzionario, e poi nel romanticismo.
Potremmo chiederci: qual'è la differenza tra il vecchio e il nuovo classicismo? Il classicismo della monarchia si basa sull'arte decadente dell'Impero Romano, mentre il classicismo della Rivoluzione Francese si ispirava alla Repubblica Romana, ed aveva un carattere rivoluzionario, pervaso di spirito eroico, di sacrificio per il bene comune, di patriottismo. Erano le qualità di cui la borghesia rivoluzionaria aveva bisogno per rovesciare il vecchio regime e mantenere la forza contro il potere combinato delle monarchie d'Europa.
Effetti della rivoluzione francese
La rivoluzione francese ha avuto un effetto colossale, non solo in Francia, ma su scala internazionale. In Inghilterra ebbe i suoi effetti su alcuni dei più grandi poeti inglesi, come Byron, Shelley, Wordsworth, Coleridge, Robert Burns in Scozia, e William Blake, uno scrittore estremamente originale e un artista così avanti rispetto al suo tempo che era considerato pazzo. Se non ricordo male, finì i suoi giorni in un manicomio, mentre ora è riconosciuto come un artista e scrittore di grande importanza. Tutti questi grandi scrittori avevano sostenuto la Rivoluzione francese con entusiasmo, anche se era pericoloso. Ci fu una terribile repressione in Gran Bretagna; William Blake scrisse che se Gesù Cristo fosse vissuto a quei tempi in Gran Bretagna, sarebbe sicuramente stato messo in prigione. William Wordsworth era presente in Francia al momento della rivoluzione, e nel suo grande poema, Il Preludio, ha scritto le seguenti, meravigliose righe:
"Era una benedizione in quell'alba essere vivi, ma essere giovani era ancora più paradisiaco".
Più tardi, quando l'ondata rivoluzionaria si ritirò e la reazione bonapartista aveva usurpato il potere, Wordsworth e Coleridge abbandonarono la causa; una cosa simile è accaduta dopo che la rivoluzione russa ha ceduto alla controrivoluzione stalinista. Ma non tutti capitolarono: Shelley era un poeta meraviglioso, morto tragicamente quando era molto giovane. Marx ammirava molto Shelley, che è rimasto assolutamente fermo nelle sue convinzioni rivoluzionarie, come anche ha fatto il grande poeta scozzese Robert Burns.
Non solo in Gran Bretagna importanti scrittori e artisti trovavano ispirazione nella rivoluzione francese: in Germania Goethe e Schiller la accolsero con entusiasmo, e nel campo della musica il più grande genio musicale della storia, Ludwig van Beethoven, non ha mai vacillato nel suo sostegno agli ideali della Rivoluzione, fino alla fine della sua vita.
Se vi state chiedendo se sia possibile esprimere l'idea di quella rivoluzione nella musica, vi rispondo di sì. Beethoven era un rivoluzionario musicale che traeva ispirazione dalla rivoluzione; se confrontate una delle sinfonie di Beethoven con tutto ciò che lo precedeva, vi renderete subito conto che è qualcosa di assolutamente innovativo. Ed è questa l'essenza di tutta la grande arte di quel periodo: doveva essere qualcosa di nuovo, doveva dare alla gente dei messaggi nuovi.
Alcuni di voi conosceranno la storia della Terza Sinfonia di Beethoven, la Sinfonia Eroica: è lo spirito della Rivoluzione francese nella musica. Pensate che me lo stia inventando? Ma è un fatto ben documentato! Beethoven pensava che Napoleone fosse un prosecutore della rivoluzione francese, e stava per dedicare la sua Terza proprio a Napoleone; in realtà, stava per chiamarla proprio la Sinfonia di Napoleone. Mentre la scriveva, però, seppe che Napoleone si era appena incoronato imperatore, e cancellò immediatamente il suo nome dallo spartito, rinominando la sinfonia come Symphonya Eroica. Questo pezzo di carta esiste ancora, in un museo, e si può vedere come abbia cancellato con furia quel nome, fino a fare un buco nella carta.
Ora, a molti di voi forse non piace la musica classica. È un peccato. Ma vi invito ad ascoltare solo i primi due secondi di quella sinfonia. Questa è una rivoluzione nella musica. Prima di questo la gente, la gente ricca, naturalmente, andava ad un concerto sinfonico, si sedeva, probabilmente si addormentava, o forse tornava a casa fischiettando alcune piacevoli melodie. Questa cosa non si può fare con l'Eroica di Beethoven, che inizia con due colpi pesanti, come un pugno che sbatte su un tavolo o una porta. Non è musica, non è melodia. È un invito all'attenzione, o meglio, una chiamata alle armi.
La Quinta Sinfonia di Beethoven è meglio conosciuta, ed inizia con un motivo molto famoso. Anche in questo caso non è davvero una melodia. Nicholas Harnancourt, il direttore d'orchestra olandese, disse: "questa non è musica, è agitazione politica, ci dice che questo mondo è cattivo, che questo mondo è sbagliato, che dobbiamo cambiare! Andiamo!'". È Harnancourt che parla, non io. In realtà, è stato recentemente scoperto da John Elliot Gardener, un direttore d'orchestra inglese, che la Quinta Sinfonia di Beethoven si basa su canzoni rivoluzionarie francesi. Sì, la musica può esprimere la rivoluzione ed esprime la rivoluzione.
Il rapporto tra l'artista e la società è di tipo dialettico. L'arte deve provenire dall'individuo, deve venire dal cuore. Ma ci possono essere momenti in cui le contraddizioni interne di una persona può coincidere con le grandi contraddizioni sociali. Tutto ciò può generare una grande arte, come nel caso di Beethoven. La sua vita personale era piena di tragedie: ha iniziato a diventare sordo a soli 28 anni di età, e per quando arrivò a condurre la sua Nona sinfonia, la sua grande sinfonia corale, era completamente sordo. Ebbe una vita piena di angoscia personale, che naturalmente si rifletteva nella sua musica. Ma Beethoven era un genio, e dove un altro uomo sarebbe stato distrutto, non solo non si scoraggiò, ma superò la sua situazione personale, ed espresse nella sua musica non un problema personale, ma tutte le grandi contraddizioni e i dilemmi della sofferenza umana.
Il Romanticismo
La tendenza artistica prevalente nella prima metà del XIX secolo fu il Romanticismo. Qual è il significato del Romanticismo? Che cosa rappresenta? Nel 1789-93 si ha un enorme salto rivoluzionario in Francia, che rappresenta la promessa di un futuro migliore per l'intera razza umana, basato sulla libertà, uguaglianza e fraternità. Questi erano gli slogan altisonanti che i borghesi utilizzavano per convincere le masse per combattere, ma dato il livello prevalente delle forze produttive, la Rivoluzione francese finì per essere solamente una rivoluzione borghese, e non poteva che finire come tale.
Con il consolidamento del dominio borghese, tutti i sogni degli artisti e degli intellettuali suscitati dalla Rivoluzione evaporano nella fredda luce del giorno. Al posto degli ideali di libertà, uguaglianza e fraternità, subentrano le regole dei banchieri, dei commercianti, degli affaristi. La società è dominata dalla fredda avarizia borghese, ben descritta nei romanzi di Balzac. Come reazione a questo, molti artisti e scrittori cercano di proporre un'alternativa rivoluzionaria. Provavano un'implacabile ostilità verso la borghesia, verso lo Stato dei soldi.
Naturalmente l'arte deve sempre lottare per la libertà, deve esprimere liberamente qualcosa di insito nelle persone e non imposto dall'esterno, perché un'arte del genere sarebbe orribile. L'arte quindi rifiuta il controllo da parte dello Stato, così come rifiuta la dittatura della religione e della Chiesa e la tirannia del mercato, che è il nemico implacabile dell'arte e della creatività.
Nei primi decenni del XIX secolo, fino alla sconfitta della rivoluzione nel 1848, molti poeti e scrittori francesi erano pervasi da istinti rivoluzionari. Delacroix, Gautier, Daumier, Baudelaire, tutti parteggiavano per la rivoluzione del 1848 e vi parteciparono. Tra l'altro, dato che siamo in tema, lasciate che vi racconti una piccola chicca: tra coloro che parteciparono attivamente alla rivoluzione in Germania c'era un giovane compositore di nome Richard Wagner. A quel tempo era un amico personale dell'anarchico Bakunin, e scrisse un ottimo articolo, piuttosto lungo, chiamato Socialismo e Arte, che spiega come l'arte e la musica siano incompatibili con il capitalismo.
Seppure la maggior parte dei creativi era dalla parte della classe operaia e della rivoluzione nel 1848, la piccola borghesia era ed è una classe molto instabile; gli intellettuali sono sempre molto instabili. Quando la rivoluzione fu sconfitta caddero in depressione, persero rapidamente ogni fiducia nella classe operaia e si rinchiusero in sé stessi. È proprio questa l'origine storica della teoria di “arte per l'arte" di cui ho parlato all'inizio.
Il movimento chiamato Simbolismo fu creato principalmente da Baudelaire, un poeta meraviglioso. Era però uno di quelli che avevano perso ogni fiducia nella rivoluzione, dopo il 1848, e si ritirò in se stesso, scrivendo soprattutto di cose come il sesso e il misticismo, cosa che accade spesso nell'intelligentia dopo una rivoluzione.
Vi darò un esempio preso direttamente dalla mia esperienza personale. Sono stato in Portogallo, al momento della rivoluzione del 1975. A quel tempo, dopo 50 anni di dittatura fascista, c'era un enorme movimento nella classe operaia. Te ne andavi per le strade di Lisbona e incontravi folle di centinaia di persone che discutevano calorosamente di politica, banchetti di libri pieni di opere di Marx, Lenin, Trotsky e Mao Tse Tung. Sono poi tornato qualche anno più tardi, dopo la sconfitta della rivoluzione, e i libri di sinistra erano tutti scomparsi, e al loro posto c'erano pornografia, libri religiosi e libri mistici.
E 'abbastanza normale vedere il sorgere di una tendenza culturale reazionaria dopo la sconfitta di una rivoluzione. Poi, quando la lotta ricomincia, sotto l'impatto della profonda crisi sociale, ricomincia il fermento tra gli intellettuali. Ma credo di dover tagliare corto, perché dobbiamo parlare della collocazione dell'arte ai nostri tempi, e provare a vedere se esiste una vera relazione tra l'arte e la lotta di classe.
L'arte e la lotta di classe
Ci sono risposte diverse a questa domanda. Se mi chiedeste se dovessimo giudicare tutta l'arte dal punto di vista della teoria marxista e della lotta di classe, vi direi che sarebbe ridicolo. L'arte non è necessariamente rivoluzionaria, e ci sono opere d'arte piuttosto importanti che riflettono un punto di vista piuttosto conservatore e reazionario. Lasciate che vi faccia un esempio: lo scrittore francese Honoré de Balzac, il preferito di Marx, era un conservatore e un sostenitore della monarchia. Eppure, come Marx ha sottolineato, era un grande realista, uno scrittore talmente grandioso che dai suoi romanzi si può imparare sulla storia della Francia nella prima parte del XIX secolo, e trarne conclusioni rivoluzionarie, molto di più che da qualsiasi altra cosa.
Anche nella storia del ventesimo secolo abbiamo avuto esempi di arte che rifletteva idee rivoluzionarie. Pablo Picasso, ad esempio, un pittore che forse a non tutti voi piace, non era particolarmente impegnato politicamente, ma di sicuro era cresciuto nel fertile terreno culturale della Spagna agli inizi del secolo scorso, che era in gran fermento. Picasso era un amico di Federico Garcia Lorca, probabilmente il più grande poeta spagnolo moderno, che aveva simpatie sinistroidi e fu assassinato dai fascisti nel 1936. In Spagna vi era tutta una serie di artisti, scrittori, poeti e musicisti che erano influenzati dal fermento generale nella società, e che avevano partecipato e addirittura militato nella rivoluzione del 1931-1937. Penso in particolare a Miguel Hernandez, un grande poeta, che veniva dalla classe lavoratrice, e finì la sua vita in una prigione fascista.
Torniamo per un momento a quello stupido pregiudizio piccolo borghese secondo il quale e le masse non si interessano alla cultura. Penso che in parte ci sia qualcosa di vero in questo, perché le masse hanno la sensazione che la cultura borghese sia monopolio della classe dominante, che non sia per loro, che sia un qualcosa di estraneo che non appartiene alla gente comune.
Sì, questa idea esiste. E a volte porta al rifiuto dell'arte e della cultura da parte della gente comune. Lo stesso si può dire della politica: normalmente alle masse non interessa. In circostanze normali, nelle società classiste, le masse lasciano le faccende importanti a qualcun altro: il consigliere comunale, il funzionario sindacale, il membro del Parlamento e così via. Così, quando diciamo che le masse non si interessano alla cultura, in realtà stiamo dicendo che in generale le masse lasciano che sia qualcun altro a pensare per loro. Ma l'essenza di una rivoluzione, come Trotsky spiega, sta proprio nel fatto che la grande massa di uomini e donne comuni inizia a partecipare alla politica. Cominciano a cambiare, cominciano ad elevarsi fino al livello di veri esseri umani, scoprono di avere interessi e bisogni che non sapevano di avere; scoprono di avere una mente ed una personalità, una dignità umana, un'anima. E tutto ciò si trasforma in rivoluzione.
Miguel Hernandez andava al fronte a leggere la sua poesia rivoluzionaria ai soldati repubblicani nelle trincee, e veniva accolto con grande entusiasmo in tutto il mondo, da lavoratori e contadini. L'interesse per la cultura è davvero presente nei cuori e nelle menti delle masse, ma è soppresso e schiacciato da questa società classista, barbara e ingiusta. Anche questa è una rivoluzione. E una vera tendenza marxista deve capire tutto questo, ed apprezzarne e custodirne il significato.
Nei movimenti surrealisti troviamo un riflesso rivoluzionario vagamente distorto. Il movimento dadaista anticipò il movimento surrealista intorno al periodo della prima guerra mondiale, in particolare in Germania, dove alcuni importanti artisti e scrittori organizzarono una rivolta contro il militarismo e il capitalismo, e produssero alcune opere eccezionali.
Penso in particolare a persone come George Grosz, Kurt Weil, Berthold Brecht. Questi ultimi due hanno collaborato alla scrittura dell'Opera da tre soldi (Der Dreigroschenoper), che inizia con la nota canzone Mack the Knife (Meckie Messer), che ci offre dei versi stupendi, come questi:
"Denn die eine sind im Dunkel,
Und die and're sind im Licht,
Und mann siehet die im Lichte,
Die im Dunkel sieht mann nicht."
[E gli uni sono nella luce/E gli altri sono nel buio/Ma si vedono solo quelli nella luce/Quelli nel buio non si vedono mai]
I movimenti dadaista e surrealista esprimevano le contraddizioni della società capitalista tramite uno stile fortemente caricaturale. Trotsky capì il potenziale rivoluzionario di questa arte e letteratura, in particolare come arma contro il totalitarismo nell'arte e nella società sia durante il fascismo che lo stalinismo; si interessò moltissimo al movimento surrealista, e scrisse addirittura un manifesto sull'arte e la rivoluzione insieme al surrealista francese André Breton.
Anche il Cubismo in qualche modo rifletteva qualcosa della società: guerre e rivoluzioni rappresentano cambiamenti colossali che trasformano tutto, compresa la vita delle persone, le loro menti. Il Cubismo riflette un profondo cambiamento nel modo in cui la gente guardava il mondo in generale. Prima del 1914 ci fu un lungo periodo di graduale ripresa del capitalismo, un po' come il periodo che abbiamo appena attraversato: piena occupazione, prosperità e l'idea che tutto potesse durare all'infinito. Poi, all'improvviso il sogno si è ridotto in frantumi, l'illusione si è dissolta con il trauma della Prima Guerra Mondiale e della Rivoluzione Russa. Poi sono arrivate la Rivoluzione Tedesca, la Rivoluzione Ungherese e l'ascesa del fascismo in Italia. Tutto ciò fece in pezzi il mondo delle persone, sconvolgendo persino la psicologia dei più conservatori. Come può tutto ciò non riflettersi nell'arte?
Pensiamo per un momento all'arte prima della Prima Guerra Mondiale: la tendenza dominante era l'Impressionismo, che personalmente mi piace molto, nato in Francia negli ultimi decenni del XIX secolo. Questo stile infonde una sensazione di tranquillità, di un mondo di pace, di fiori, sole e pic-nic sul prato. Come potevano gli artisti tornare a un mondo simile dopo la prima guerra mondiale? Come potevano minimamente prendere in considerazione l'idea?
Se guardate le prime opere di Picasso - il cosiddetto periodo blu – vedrete una rappresentazione molto compassionevole del mondo degli emarginati e dei poveri, piena di perfezione tecnica e di un forte senso della massa corporea. C'è un dipinto che ritrae sullo sfondo una giovane acrobata in piedi sopra una enorme palla, ed in primo piano un atleta immenso, con muscoli enormi, seduto su un blocco massiccio; la ragazza sembra quasi galleggiare, sembra sfidare la gravità, mentre l'altra figura esprime con forza il senso della sua massa e della forza di gravità che lo tira verso il basso.
Questo aspetto così tecnico, quasi geometrico, inizia via via a vivere di vita propria, ed a creare una nuova scuola, che sconvolge i canoni del realismo, dove la figura umana era rappresentata in modo normale, mentre ora scompone e la mostra da diverse angolature, come mai potremmo guardarla nella vita quotidiana. Qualcuno potrebbe dire che questa non è arte: “la gente non è così, come si può avere un piede qui e una mano di là, e la faccia rivolta da entrambi i lati?”
Tuttavia lo scopo della grande arte e della grande filosofia non è solo quello di riprodurre le cose così come sembrano essere: il loro vero compito è quello di mostrare la realtà dopo aver superato il mondo delle apparenze ed avergli strappato la maschera. Picasso non è stato il primo a fare a pezzi le persone: nel periodo tra il 1914 e il 1918, milioni di uomini in uniforme sono stati tagliati a pezzi dalle baionette e dai potenti esplosivi. Se quest'arte è scioccante, di sicuro lo è molto meno della società del XX e XXI secolo.
C'è un altro dipinto di Picasso, Ritratto di signora. Attenzione: non è il ritratto di una donna, ma di una signora. Si tratta di una figura femminile in cui gli organi sessuali, seno e così via, sono molto esagerati, e la figura non ha mani. Perché la signora non ha mani? Perché la signora non lavora. La sua sola funzione all'interno della classe alta è quella di un animale riproduttivo. Tra l'altro, Picasso una volta scrisse sulla porta del suo studio: 'Je ne suis pas un gentilhomme.', “non sono un gentiluomo”. Potrei continuare con moltissimi altri esempi, ma ci vorrebbe davvero troppo tempo.
Il più grande dipinto di Picasso è stato senza dubbio il suo capolavoro, Guernica. Questo è probabilmente il manifesto più potente della storia dell'arte. Picasso ad un certo punto ha detto: “l'arte non è per la decorazione, l'arte deve essere un'arma di lotta”; Guernica, che vi consiglio di guardare con attenzione, esprime l'orrore del bombardamento della città basca. È probabilmente il migliore esempio mai esistito di arte militante, e ci mostra che l'arte può essere militante.
Ci sono stati degli artisti militanti nel XX secolo, come Diego Rivera ed altri. Non è forse nostra responsabilità, insieme al nostro lavoro sindacale e giovanile, di cercare di avvicinare i migliori artisti e scrittori moderni e trasformarli in alleati militanti della classe operaia? Credo che l'arte possa svolgere un ruolo rivoluzionario, e che noi dobbiamo dimostrare di essere aperti di mente e disposti ad avere un dialogo con i grandi artisti, per convincerli ad entrare attivamente al servizio della classe operaia.
L'arte e la Rivoluzione d'Ottobre
Leon Trotsky scrisse una volta che la rivoluzione è la locomotiva della storia, e la meravigliosa prova di questo è stata la Rivoluzione d'Ottobre: un atto di emancipazione umana, sotto tutti gli aspetti, che ha fatto tremare la terra. Non solo l'emancipazione del proletariato, ma l'emancipazione delle donne, delle nazionalità oppresse, degli ebrei e sì, dell'arte stessa.
La Rivoluzione d'Ottobre ha liberato l'arte; contrariamente a quanto dicono le calunnie dei nemici del bolscevismo, non c'è mai stato alcun tentativo da parte dei bolscevichi di imporre una linea del partito sull'arte. I dieci anni successivi alla rivoluzione d'ottobre furono pieni di appassionato e libero dibattito, di sperimentazione e di innovazione. Negli anni dopo la rivoluzione russa, in particolare nel 1920, era nata una galassia di talento artistico, una spettacolare fioritura della cultura e dell'arte, come le poesie di quel grande poeta rivoluzionario Majakovskij, un bolscevico dal 1905 che è stato soprannominato “il tamburino della rivoluzione”.
Il periodo successivo alla Rivoluzione d'Ottobre segna l'inizio di una rinascita meravigliosa con il teatro di Meyerhold, il cinema di Eisenstein, che io personalmente considero il più grande regista di tutta la storia, e la musica di Shostakovich, un uomo che non avrebbe mai scritto una sola nota senza la Rivoluzione Russa, e che ha scritto la sua prima sinfonia nel 1928 all'età di 26 anni, se la memoria non mi inganna.
Ci sono stati scrittori altamente originali, come Isaac Babel, l'autore ebreo che ha scritto L'armata a cavallo, un'opera meravigliosa sulla Guerra Civile, e Majakovskij, che ho appena menzionato, e molti altri, che non erano bolscevichi, ma che prosperavano sotto la rivoluzione.
Questo bel fiore profumato è stato schiacciato sotto lo stivale dello stalinismo. Meerholt morì in un campo di concentramento, e come lui Babel e Andelshtamm, Majakovskij si suicidò, e così via. Questi sono solo alcuni dei crimini dello stalinismo nel settore della cultura.
L'arte e il socialismo
Mi rendo conto di essermi abbastanza dilungato, e di non aver coperto neanche un quarto di quello che volevo dire, ma vorrei concludere con un'idea per il futuro dell'arte sotto il socialismo. Il nostro compito principale, quello più urgente, è di abbattere il capitalismo, perché il mantenimento del capitalismo minaccia non solo la vita economica, ma è una minaccia mortale per le prospettive della civiltà e della cultura umana, perché nonostante tutti i meravigliosi progressi della civiltà in diecimila anni, la cultura umana e la civiltà sono sempre molto fragili.
La civiltà è un velo sottile, sotto il quale permane la forza della barbarie primitiva. Lo abbiamo visto con la Germania di Hitler, e più di recente nei Balcani: a meno che la classe operaia non prenda il potere nelle sue mani, il futuro della cultura e della civiltà umana è in serio pericolo.
Ma c'è un altra faccia di questa medaglia.
In condizioni come quelle moderne lo sviluppo colossale delle forze produttive, della scienza e della tecnologia di una rivoluzione socialista, in particolare su scala mondiale, potrebbe portare rapidamente ad una rivoluzione culturale mai vista nella storia dell'umanità. Uno dei più grandi crimini del capitalismo è che reprime l'ingegno, la creatività, il potenziale della gente comune. La maggior parte delle persone non ha la possibilità di sviluppare liberamente le proprie potenzialità. Trotsky una volta disse: "Quanti Aristotele sono allevatori di suini? E quanti porcari sono seduti su troni?"
Per centinaia di anni l'arte è stata il monopolio di pochi. Per la stragrande maggioranza, è stata considerata come qualcosa di mistico, difficile e del tutto inaccessibile. L'artista si presenta come un essere particolare, fortemente dotato dalla nascita, non come tutti noi. Ora, io sono ben lontano dal negare che ci sia un elemento genetico che dia un certo potenziale di sviluppo, ed è chiaro che non tutti possono essere, ad esempio, dei Mozart. Ma questo non significa niente. Il DNA di Mozart chiaramente gli ha dato la possibilità di diventare un grande compositore, ma l'ambiente in cui è cresciuto ha svolto un ruolo determinante nella realizzazione di questo potenziale. Suo padre, Leopold Mozart, era un noto compositore ed era molto ambizioso per il suo bambino incoraggiandolo ad interessarsi alla musica sin dalla più tenera età. Che il piccolo Mozart avesse il potenziale per diventare un grande musicista, su questo non c'è dubbio. Ma qualcuno crede davvero che se Mozart fosse stato, invece del figlio di un prolifico compositore, quello di un contadino indiano, avrebbe comunque scritto sinfonie? Certo che no.
Un poeta inglese del XVIII secolo ha scritto i seguenti versi:
"Full many a gem of purest ray serene
The dark, unfathom'd caves of ocean bear.
Full many a flower is born to blush unseen
And waste its sweetness on the desert air."
[Chiare vie più che bel raggio sereno
Chiude il mar gemme entro a’ suoi cupi orrori;
E non veduti fior tingono il seno,
5E per solingo ciel spargon gli odori.]
Queste righe esprimono benissimo il colossale spreco di talento umano sotto il capitalismo.
Se volete una definizione fondamentale del socialismo, ve la do io: realizzare tutto il potenziale della razza umana. Se guardiamo alla storia dell'umanità, ci colpisce il fatto che i geni come Mozart siano molto pochi. Tra le migliaia di milioni di uomini e donne che vivono sul nostro pianeta, non dico che ognuno di loro potrebbe essere un Mozart, ma non c'è dubbio che ci siano molti potenziali geni, in molti campi diversi.
Provate a ripensare ai vostri anni scolastici. Quanti bambini nella vostra scuola, in circostanze diverse, avrebbero potuto diventare medici, scrittori, compositori, ballerini, calciatori, musicisti? E come sono finiti? Tutti noi abbiamo un sogno simile ma ben presto, per colpa del capitalismo, questo sogno viene distrutto e ci abbrutiamo fino a diventare, in certi casi, come degli animali, e il nostro potenziale è schiacciato in tenera età.
Compagni, il significato intrinseco del socialismo è quello di riportare in vita il potenziale umano e renderlo fruibile, non è quello di lottare per un tozzo di pane. Questo è solo il primo passo, un passo molto importante, naturalmente, ma la Bibbia stessa dice: "l'uomo non vive di solo pane”, ed effettivamente gli esseri umani non hanno mai vissuto di solo pane; sotto una società socialista, gli uomini e le donne saranno liberi dal bisogno e dalla povertà, ed avranno il tempo necessario per sviluppare se stessi come esseri umani liberi. Per la prima volta saranno liberi di sviluppare la propria personalità, di svilupparsi fisicamente e mentalmente.
Provate a immaginare la quantità colossale di potenziale creativo che ci sarà! Le conquiste del Rinascimento sembreranno bazzecole; per la prima volta nella storia l'arte sarà parte della vita di tutti, non sarà chiusa nei musei, che Trotsky definiva i campi di concentramento dell'arte. L'arte deve essere liberata da questa prigione e connettersi con la vita.
L'arte e il futuro
All'inizio del XXI secolo l'umanità si trova ad affrontare un problema importante, quello della globalizzazione, che ha una dimensione culturale ed economica. Come marxisti, ovviamente, noi siamo internazionalisti, e dobbiamo liberarci da qualsiasi traccia di pregiudizio nazionalista. Marx ed Engels spiegano nel Manifesto del partito comunista che lo sviluppo del capitalismo avrebbe creato una tendenza verso l'economia mondiale, sulla quale sarebbe poi sorta la cultura mondiale.
In un certo qual modo, questo è già successo: nel corso degli ultimi 20 o 30 anni c'è stata una trasformazione enorme su scala mondiale. Ovunque tu vada ora, soprattutto nei paesi sviluppati, e sempre di più anche nel mondo sottosviluppato, i giovani indossano gli stessi vestiti, ascoltano la stessa musica, e vi è una tendenza generale ad una sorta di standardizzazione.
È un bene o un male? Su questa questione dobbiamo stare attenti a non cadere nella trappola nazionalista e piccolo-borghese, e la liberazione da tutta questa spazzatura sicuramente alla fine porterà ad una cultura mondiale dell'uomo sotto il socialismo; ma sotto il capitalismo questa "cultura globale" si riduce al grezzo dominio culturale di un potente imperialismo che schiaccia tutte le altre culture nell'interesse del profitto. E questo è sicuramente un male .
Qualcuno ha menzionato 'la musica dei lavoratori' e 'l'arte dei lavoratori': in realtà, non c'è nulla di simile. Marx molto tempo fa ha spiegato che le idee principali di ogni epoca sono le idee della classe dominante; Trotsky spiegò che il proletariato non può creare la propria cultura prima della rivoluzione, a causa delle condizioni di vita sotto il capitalismo. D'altra parte, dopo la rivoluzione socialista non ci sarà la cultura operaia, ma un vera e propria cultura socialista.
Compagni, dobbiamo alzare gli occhi e allargare un po' i nostri orizzonti; dobbiamo capire che fuori dal caos attuale, dalla crisi attuale, dal degrado attuale del pianeta, una nuova civiltà è in preparazione. Nel corso della storia, quando un sistema sociale ed economico entra in crisi, quando il capitalismo è in crisi, si sviluppa in una crisi della famiglia, della morale, della religione e della cultura. E tutti questi elementi sono presenti ora sotto il capitalismo.
Vi è una malattia generale, un generale senso di declino e di degrado che colpisce anche l'arte; basta guardare l'arte che si produce adesso. Penso di essere una persona di larghe vedute, sono a favore della sperimentazione artistica e sono interessato a nuove idee, ma quando si vede una esposizione artistica a Londra che mostra una pecora, una pecora morta in formaldeide, e questo viene presentato come arte, allora comincio a vacillare.
Credo che questo sia un sintomo di decadenza, e la gente paga un sacco di soldi per questo sintomo. Altri artisti hanno prodotto opere d'arte con i propri escrementi e, vi assicuro che sono assolutamente serio, sono state messe sul mercato, e credo che rendano anche un sacco di soldi. Beh, c'è un vecchio detto inglese che recita: “dove c'è letame, c'è ottone” (i lavori sporchi portano soldi - il conio era in ottone all'epoca n.d.t). E nel mondo dell'arte del capitalismo decadente, dove c'è letame, ci sono i soldi. I borghesi, come sempre, fanno soldi con qualsiasi cosa!
L'arte rappresenta una sorta di specchio in cui la società può vedersi riflessa, e questo concetto è molto fedele alla società borghese del XXI secolo. Siamo di fronte alla degradazione finale di una crisi della cultura. Ma in un certo senso quest'arte ha qualcosa da dirci: ci sta dicendo che la cultura sotto il capitalismo non può più svilupparsi. È un messaggio molto grave e, pertanto, il compito che ora spetta al proletariato, che era il compito della borghesia nei secoli XVII e XVIII, è costituito dall'eliminazione di tutta questa spazzatura, per preparare la strada ad un nuovo ordine sociale.
Non si tratta solo una questione economica, insisto, dato che il capitalismo non è in grado di sviluppare il potenziale colossale che esiste per lo sviluppo dell'industria, dell'agricoltura, della scienza e della tecnologia; è compito della classe operaia assumere il controllo della società. Una volta che la classe operaia avrà il potere nelle sue mani, si aprirà davanti a noi un potenziale illimitato per lo sviluppo umano, sulla base di un'economia socialista pianificata.
Questo è quello che stiamo combattendo: non solo per l'emancipazione economica del proletariato, ma per l'anima della razza umana. Ci battiamo per una società in cui il potenziale di tutti può essere sviluppato al massimo, e liberati dalla umiliante schiavitù del capitalismo potremo finalmente elevarci fino alla nostra vera statura umana, e alzare le mani verso le stelle.
In una società socialista, la gente costruirebbe città bellissime, dopo aver abbattuto quelle orrende, inquinate, sovraffollate mostruosità che sono diventate le nostre città. La gente può e deve avere il diritto di vivere in belle case, e di creare condizioni di vita veramente umane. La vita quotidiana in casa, sul posto di lavoro, e anche per le strade diventerebbe bellissima. L'architettura non sarebbe più la cenerentola delle arti, ma sarebbe oggetto di accesi dibattiti, riconquistando la posizione centrale e di prestigio di cui godeva nell'antica Atene.
L'arte, la cultura e la scienza fiorirebbero come non mai, ma soprattutto fiorirebbe l'arte più importante: l'arte della vita stessa; perché rendere la vita più bella è la più grande di tutte le cause, perché abbiamo solo una vita.
Come materialisti dialettici, noi non accettiamo l'idea della vita dopo la morte, quindi sta a noi far sì che la nostra vita non sia più vuota e priva di significato, che tutti possano viverla al massimo, e che quando arrivi il momento, possiamo discostarcene senza rimpianto.
Questo sarà, nelle parole di Friedrich Engels, "il salto dell'umanità dal regno della necessità al regno della libertà." Questa è la causa per cui stiamo combattendo, l'unica causa per cui vale la pena lottare. Ispirati ed armati di queste idee, ce la faremo.
Post script:
Questo è solo un riassunto molto approssimativo di un argomento vasto e complesso, e avrei bisogno di un giorno intero per rendergli giustizia, e poi avremmo bisogno di una settimana per parlarne, e alla fine produrremmo un intero libro.
Ernst Fischer ha posto la questione del significato dell'arte. Che cos'è l'arte? E ha suggerito che nell'arte l'uomo lotta per la realizzazione. Che cosa significa? Secondo la società classista gli uomini e le donne non sono individui realizzati; nel migliore dei casi, sono solo parzialmente realizzati. Gli esseri umani non se ne rendono conto, ma spesso sentono di non essersi mai totalmente realizzati, sentono che c'è qualcosa che manca nella loro vita, che si stanno perdendo qualcosa di importante. Per la maggior parte della gente la grande domanda non è "C'è una vita dopo la morte?", ma "C'è una vita prima della morte?". È un'idea che tormenta le persone; quando si fermano a riflettere sulla loro vita, le persone si chiedono: "questo è tutto quello che la vita offre?". Il motivo per cui guardano alla vita dopo la morte è perché non hanno realmente vissuto la vita. E qui entra in gioco l'arte, permettendo alle persone di sognare e dando loro un orizzonte più ampio: sognano che le cose possono andare meglio, che la vita può essere migliore.
Gli uomini e le donne che non hanno nessuna persona che amano nella loro vita vanno al cinema a guardare stupide storie d'amore, perché aspirano al vero amore, al sentimento e alla passione; sono attratti dal colore perché le loro vite sono incolori, e sono drogati dalla religione perché vivono in un mondo senz'anima. Sto parlando delle masse, non solo degli intellettuali. La gente va al cinema, guarda quelle terribili soap operas, surrogato della vita reale, che milioni di persone guardano perché non hanno vita una propria.
Nel cinema, o di fronte alla televisione, per un'ora o giù di lì le persone vivono quell'azione e quell'eccitazione che danno loro un po' di respiro dalla terribile, insopportabile, grigia noia che è la loro esistenza sotto il capitalismo. È questa l'importanza dell'arte: un sogno che suggerisce, per quanto vagamente, che l'umanità può avere una vita vera; e si suppone, inoltre, che nel loro intimo, uomini e donne aspirino ad un altro tipo di vita, a qualcosa di meglio di quello che hanno.
E quindi, in un certo senso, tutta l'arte potenzialmente contiene il germe della rivoluzione, perché rappresenta il malcontento.
Ovviamente l'arte ha i suoi limiti , e non è l'area principale della nostra lotta, ma solo un'area in più da studiare e dove cercare di intervenire, stabilendo una sorta di contatto e di dialogo con i migliori artisti. Le contraddizioni espresse attraverso l'arte non possono essere risolte solo attraverso l'arte stessa, perché riflettono le contraddizioni della società, e possono essere risolte solamente attraverso la lotta rivoluzionaria.
Pertanto, la ricerca costante di libertà e di verità nell'arte deve portare alla strada della rivoluzione sociale ed alle idee e al programma del marxismo.