La grave malattia di Hugo Chavez, presidente del Venezuela dal 1998 e rieletto con la maggioranza assoluta dei voti lo scorso 7 ottobre, apre nuovi scenari per la rivoluzione bolivariana.
La costituzione del Venezuela parla chiaro: se il presidente eletto non può giurare (temporaneamente) davanti all’Assemblea nazionale il giorno stabilito (il 10 gennaio) lo potrà fare in seguito davanti alla Corte suprema di giustizia.
Questa è la procedura che la direzione bolivariana sta seguendo, ma l’opposizione e buona parte dei mass media internazionali accusano che ciò che sta accadendo in Venezuela è nientemeno che un colpo di stato.
In realtà la borghesia sta cercando di raggiungere quello che non hanno mai ottenuto nelle urne: la fine del governo di Chavez, un fatto che infliggerebbe un colpo molto duro alla rivoluzione bolivariana.
Per questa opposizione “democratica”, consigliata e foraggiata con ogni mezzo dall’imperialismo, la democrazia vale solo quando conviene loro. Ricordiamo che sono stati l’opposizione e la borghesia a tentare il golpe dell’aprile del 2002, la serrata criminale e il sabotaggio dell’industria petrolifera nel 2002-2003, lo sciopero degli investimenti, il sabotaggio della catena di distribuzione alimentare (incluso l’accaparramento, il racket e il contrabbando), eccetera, eccetera. Il tutto per sbarazzarsi dell’ex colonnello dei paracadutisti.
Oggi la campagna contro Chavez è accompagnata da appelli per uno “sciopero civico nazionale” e di sabotaggio nella distribuzione dei generi alimentari di base.
La risposta delle masse non si è fatta attendere ed ancora una volta, come nei tentativi controrivoluzionari descritti in precedenza, stanno scendendo in piazza per difendere la rivoluzione.
Il 5 gennaio a migliaia hanno manifestato per le strade di Caracas e dimostrato il loro appoggio a Chavez, in un corteo convocato spontaneamente dagli attivisti rivoluzionari di base. In quell’occasione, sia il vicepresidente Maduro che il presidente dell’Assemblea nazionale Diosdado Cabello hanno fatto discorsi molto a sinistra. Cabello ha affermato “Signori della borghesia, state commettendo un errore. Che pagherete molto caro.” Maduro ha ribadito: “C’è solo una transizione qui, quella dal capitalismo al socialismo”.
I dirigenti bolivariani sentono chiaramente la pressione delle masse e per questo sono costretti a rilasciare dichiarazioni di fuoco.
C’è sempre stato un contrasto netto tra Chavez e tutte le altre figure di rilievo del movimento bolivariano,. Nessuno di loro gode anche solo di una frazione dell’autorità morale e politica che Chàvez ha tra la classe operaia e i ceti meno abbienti. Molti di loro sono visti come corrotti carrieristi che cercano solo di ottenere un guadagno personale dalla loro partecipazione al movimento bolivariano e agiscono come freno all’iniziativa rivoluzionaria delle masse. In molti casi i lavoratori hanno dovuto scavalcare ministri e governatori e rivolgersi direttamente a Chàvez perchè le cose si facessero veramente. E spesso e volentieri Chavez ha dato loro ragione.
La classe dominante e l’imperialismo pensano che mentre Chàvez è "imprevedibile" (nel senso che è abbastanza capace di prendere decisioni nette e di sferrare colpi contro i loro interessi), chiunque ne prenda il posto sarà molto più facile da sconfiggere nelle elezioni e allo stesso tempo molto più ben disposto alla pressione dell’opinione pubblica borghese. Il Chavismo senza Chavez, pensano, perderebbe tutta la sua pericolosità rivoluzionaria, diventando molto più malleabile per gli interessi del capitale. Ma stanno giocando con il fuoco.
La malattia di Chavez, se dimostra da un lato che la rivoluzione non può basarsi sulla guida di un uomo solo, pone anche nella testa di milioni di lavoratori e di giovani la domanda: che succederà ora. E la risposta che viene dal basso è forte e chiara: “Noi siamo il popolo, questa è la nostra rivoluzione e tocca a noi portarla avanti.”
Un corteo di massa è convocato per oggi, 10 gennaio, giorno del giuramento presidenziale.
La situazione è propizia per portare la rivoluzione fino in fondo. L’ira popolare provocata dall’atteggiamento provocatorio dell’oligarchia deve essere utilizzata per infliggere un colpo decisivo al capitale, partendo dall’esproprio delle grandi catene commerciali e di distribuzione (come la multinazionale Polar), responsabili del sabotaggio e dell’accaparramento dei generi alimentari
Davanti alla minaccia di serrata padronale il controllo operaio deve essere la parola d’ordine in ogni azienda in cui il padrone voglia sostenere lo “sciopero civico”.
Lo scontro potrà essere vinto solo se la classe operaia rivoluzionaria si porrà alla testa della masse bolivariane per portare a compimento quello per cui il popolo ha votato il 7 ottobre. In una parola, il socialismo.