Appena Ben Ali è salito sull'aereo, diretto in Arabia Saudita venerdì, 14 gennaio, spodestato dal movimento rivoluzionario di massa dei lavoratori e dei giovani tunisini, la classe dirigente tunisina e i suoi burattinai imperialisti hanno iniziato le manovre per assicurarsi che il controllo della situazione venisse mantenuto.
La loro intenzione era quella di evitare che il potere fosse trasferito, dai corridoi del parlamento e del palazzo presidenziale, alle strade in cui le masse stavano celebrando la fuga dell’odiato dittatore, e assicurare il mantenimento dell’ordine costituzionale.
Sono stati chiamati in causa gli articoli 56 e 57 della Costituzione e si è cercato di formare un governo lampo, dando l’incarico ai personaggi più improbabili.
Prima si è pensato a Mohamed Ghannouchi, Primo Ministro di Ben Alì, subito sostituito dal presidente del parlamento, Fouad Mebazaâ che poi, a sua volta, ha convocato Ghannouchi per richiedere colloqui con tutte le forze politiche, al fine di formare un governo di unità nazionale incaricato di convocare nuove elezioni.
I colloqui sono stati frenetici durante tutto il weekend. Dal punto di vista della classe dominante, questo governo doveva raggiungere due obiettivi:
1) garantire la continuità del vecchio regime;
2) ottenere questo risultato, facendo finta di essere "un esecutivo nuovo", per ottenere una qualche legittimazione nelle strade, all’interno del movimento insurrezionale che aveva rovesciato il regime Ben Ali.
Per questo sono state inserite nel ‘nuovo governo’ una serie di figure di spicco della cosiddetta ‘opposizione leale’, messe lì come foglia di fico
Nel frattempo, i resti dell’odiato corpo di polizia di Ben Ali e i servizi segreti scorrazzavano per le strade, con automobili non identificabili, sparando sui civili, saccheggiando in giro per le strade, cercando in generale di creare un clima di caos, violenza e paura, da cui speravano di trarre beneficio.
Un numero incredibile di 120.000 persone erano impiegate dalla polizia, in un paese di poco più di 10 milioni di abitanti, controllando tutti gli aspetti della vita quotidiana, spiando la popolazione su larga scala. Molti di questi erano ancora fedeli al dittatore, armati e in lotta per la propria sopravvivenza.
A partire dal venerdì notte, il popolo tunisino ha cominciato a organizzarsi per lottare contro di loro.
Nei quartieri di tutto il paese gruppi di uomini, donne e bambini si sono armati di bastoni, pietre, coltelli e qualsiasi altra cosa che potevano tenere in mano, mettendo su barricate e blocchi stradali, rivelando un forte istinto rivoluzionario.
Un testimone oculare ha descritto la situazione: "Ad ogni angolo delle strade c’erano uomini, ragazzi e anche qualche donna che avevano ogni sorta di armi (tranne le pistole). Avevano costruito barricate di fortuna, raccogliendo a caso della spazzatura, per bloccare il traffico, e sono rimasti lì a presidiare.” Questi comitati formati dalla popolazione hanno combattuto e, in molte occasioni, sconfitto, le forze del Ministero degli Interni che stavano terrorizzando la popolazione e “mentre i terroristi erano armati con armi automatiche e giravano in automobile, noi eravamo a piedi, armati solo di asce, coltelli e barricate costruite in maniera approssimativa”, come ha spiegato lo stesso testimone oculare.
Alcuni di questi comitati hanno anche cominciato a garantire i rifornimenti di cibo così come il mantenimento dell'ordine pubblico. Cominciavano ad emergere elementi di dualismo di potere.
A Bizerta, uno degli epicentri della rivoluzione, l'esercito si è presentato dai comitati di quartiere per riprendere il controllo di quelle zone, ma i comitati hanno spiegato che non si sarebbero sciolti e l'esercito non ha avuto altra alternativa che desistere.
Lo stesso è successo in tutto il Paese, dove soldati dell'esercito hanno collaborato con i comitati per mantenere l'ordine e combattere la polizia del Ministro degli Interni.
La scorsa settimana, durante gli eventi rivoluzionari che hanno portato alla cacciata di Ben Ali, c'erano già molti casi di fraternizzazione tra soldati e ufficiali di basso rango e lavoratori e giovani per le strade. È un dato di fatto che Ben Ali sia stato costretto al ritiro dell'esercito dalle strade della capitale, e a sostituirle con la polizia, per paura che i soldati si unissero alla popolazione insorta.
Durante ogni movimento rivoluzionario compaiono crepe all'interno dell'apparato statale e, in particolare, nell'esercito, quando è formato da militari di leva che provengono dal popolo.
Alcuni generali al vertice dell'esercito tunisino hanno probabilmente capito che non potevano utilizzare i soldati contro la gente e quindi sono arrivati alla conclusione che Ben Ali era finito; così hanno deciso di cambiare bandiera. Il Generale Rachid Ammar si è fatto notare per aver rifiutato di impartire l’ordine ai soldati di sparare sui manifestanti ed è stato rimosso dal suo posto di comando. Questo fatto ha aumentato la popolarità dell'Esercito tra la popolazione.
Non è una novità che degli ufficiali dell'esercito giochino un ruolo in una rivoluzione, particolarmente in assenza di un partito che abbia forti radici all'interno della classe operaia. Un classico esempio è la rivoluzione portoghese del 1974. Per un breve periodo il generale Spinola prese il controllo della situazione, vantandosi di essere dalla parte della rivoluzione, per poi essere messo da parte quando la rivoluzione si spostò ancor più a sinistra. Lo stesso Spinola poi tentò di attuare un colpo di stato contro quella stessa rivoluzione di cui diceva di essere parte.
I lavoratori e i giovani della Tunisia dovrebbero stare molto attenti a questi falsi amici della rivoluzione, che si comportano in questo modo solo perchè i rapporti di forza ora sono decisamente a favore della massa dei lavoratori. Si appoggiano alle masse conquistandone la fiducia, per poi tradirla in un secondo momento.
In Tunisia, come in ogni paese capitalista, l'esercito è una istituzione capitalista, creata per difendere gli interessi della classe dominante, anche se viene presentato spesso come un'istituzione a difesa del popolo e della nazione. I lavoratori e i giovani non dovrebbero riporre alcuna fiducia nei generali dell'esercito. Tuttavia, gli strati più bassi sono molto più vicini alle masse per origini e composizione sociale. Con questi settori ( i soldati e i sottufficiali) le masse dovrebbero costruire legami e rafforzarli. I soldati e gli ufficiali rivoluzionari dovrebbero formare propri comitati, che dovrebbero essere collegati ai comitati nei posti di lavoro e nei quartieri. Dovrebbero denunciare quegli ufficiali coinvolti in casi di corruzione e di repressione sotto Ben Alì e rimuoverli dall'esercito.
Appena è giunta la notizia del governo di unità nazionale, i lavoratori e i giovani si sono riversati per le strade. A Bizerta, Sfax e in altri luoghi, ci sono state manifestazioni il sabato, alcune delle quali hanno marciato verso il quartier generale dell’odiato partito al potere, RCD e hanno appiccato il fuoco. A Bizerta, il popolo ha sconfitto le milizie di Ali Ben e dato alle fiamme le loro moto. C’era un sentimento crescente di sdegno, per una rivoluzione che le masse si vedevano rubata sotto gli occhi.
Anche prima che venisse annunciata l'effettiva composizione del nuovo governo, venivano convocate manifestazioni nella capitale e in più capoluoghi regionali per il Lunedi successivo. A Tunisi una folla di migliaia di militanti si sono riuniti davanti alla sede del sindacato UGTT e poi hanno marciato verso il Ministero dell'Interno. Simili manifestazioni si sono svolte a Sfax, Kasserine, Monastir, Bizerta, Jendouba, etc. In molti casi queste manifestazioni sono state organizzate dalle sedi locali della UGTT.
"La rivoluzione continua, abbasso l'RCD!" era lo slogan comune. "Non ci possono rubare la rivoluzione!", ha detto Abdel Haq Kharshouni, uno dei manifestanti citato dal Financial Times, "non vogliamo più essere governati da tiranni!". Nella capitale i manifestanti sono stati raggiunti dalla polizia e dispersi con gli idranti.
Infine, nella serata di Lunedi 18, la composizione del nuovo governo è stata annunciata. I ministri del vecchio governo di Ben Ali hanno mantenuto tutte le posizioni chiave, tra cui il Primo Ministro e i ministeri della Difesa, dell'Interno, dell'Economia e degli Affari Esteri.
Ad un numero ristretto di rappresentanti dell’opposizione legale sono stati assegnati dei Ministeri di secondo piano: Moustapha Ben Jaafar, del socialdemocratico "Forum démocratique pour le travail et la liberté" (FDTL) ha avuto il ministero della Salute, ad Ahmed Ibrahim, del vecchio Partito Comunista Ettajdid, è stata data l'Istruzione Superiore, il capo del PDP (partito liberale) Najib Chebbi è stato nominato Ministro per lo Sviluppo Regionale.
Come al solito, gli stalinisti e gli ex leader riformisti, tra tutti, hanno svolto il ruolo peggiore. Questi sono tutti partiti che erano legali sotto Ben Ali, alcuni erano rappresentati in parlamento e non hanno svolto alcun ruolo durante l'insurrezione. Significativamente, quando Ghannouchi ha annunciato il nuovo governo, è stato affiancato da Abdallah Kallel, ex ministro degli Interni, ben noto per essere stato egli stesso direttamente responsabile della tortura di migliaia di oppositori politici. Un certo numero di figure della "società civile" sono state gettate nella mischia in buona misura per cercare di aumentare l'autorità del nuovo governo tra le masse, tra cui un blogger che era stato precedentemente arrestato, un avvocato, un personaggio che si occupa dei diritti umani, un regista di cinema, etc.; tre rappresentanti del sindacato UGTT sono stati inseriti anche nel nuovo governo, a testimonianza della necessità, per la classe dominante, di ottenere un sostegno tra i lavoratori.
Il Partito Comunista dei Lavoratori (PCOT), illegale fino ad oggi, ha giustamente denunciato questo governo come una manovra per mantenere il regime di Ben Ali, senza Ben Ali. Il PCOT si è schierato a favore dell’estensione dei comitati di quartiere e per la convocazione di una Assemblea Costituente.
L'unico altro partito a non essere stato invitato a questo governo "nuovo" è stato il partito islamico En Nahda, illegale anche sotto Ben Ali. Tuttavia, i suoi dirigenti hanno dichiarato che sarebbero disposti a partecipare a questo governo.
Allo stesso tempo, è stato riferito che uno dei leader di En Nahda, appena uscito dal carcere, era presente alla manifestazione anti-governativa a Tunisi questa mattina. Gli islamici, che non svolgono alcun ruolo nella rivoluzione attuale, stanno ora cercando di ottenere un po’ di sostegno, presentandosi come dei coerenti democratici.
Questi non sono amici della rivoluzione, ma stanno solo cinicamente cercando di trarne vantaggio per promuovere le proprie posizioni reazionarie.
Questo nuovo governo non ha il sostegno delle masse rivoluzionarie. Vedono che sono state loro a fare la rivoluzione ed ora un governo è stato formato che è costituito in gran parte da coloro contro cui hanno combattuto , gente che ha fatto parte del governo di Ben Ali fino alla fine e che è corresponsabile per le 80 persone uccise durante l'insurrezione dal regime. Il fatto che alcuni “oppositori” del regime ne facciano parte non cambia nulla. Così come non cambiano nulla le promesse di libertà per tutti i prigionieri politici, di libertà di espressione e di elezioni democratiche. La gente capisce che venerdì scorso la vittoria gli è stata strappata di mano.
La UGTT ha annunciato che non riconosce il nuovo governo e ha ritirato la sua delegazione. Il tutto a neanche 24 ore dalla sua formazione! La direzione nazionale dell’UGTT non è nota per la sua radicalità. La scorsa settimana si era riunita con Ben Ali e ha accolto con favore le promesse fatte dal dittatore, in un ultimo disperato tentativo di salvare la pelle. Domenica scorsa sono andati in TV a prendere le distanze dagli appelli per le manifestazioni di protesta, che si dovevano tenere il lunedi successivo, e ha invitato tutti i lavoratori a tornare al lavoro e "ristabilire la normalità".
Se sono stati costretti a fare una simile dichiarazione significa che la pressione proveniente dal basso, da settori sindacali e dei sindacati regionali, erano molto forti e, per questo, avevano paura di perdere le loro posizioni. Anche l'ex partito comunista Ettajdid, che ha aderito al nuovo governo, ha rilasciato una dichiarazione dicendo che la loro partecipazione è stata subordinata a una serie di richieste, tra cui la rimozione di tutti i ministri del RCD!
Parlando dei compiti della rivoluzione lasciati a metà, i lavoratori e gli iscritti al sindacato dovrebbero ora organizzare la democratizzazione del movimento sindacale e l’epurazione dalla UGTT di tutti coloro che hanno collaborato con il regime di Ben Ali. I lavoratori hanno bisogno di sindacati che siano espressione genuina dei loro interessi. Questo significa che debbono avere luogo nuove elezioni nei posti di lavoro e una nuova leadership deve essere pronta a prendere il posto del precedente gruppo dirigente.
Le prossime ore e giorni saranno cruciali. I lavoratori e la gioventù della Tunisia hanno dimostrato grande coraggio e determinazione rivoluzionaria, non devono permettere che la rivoluzione venga scippata dalle loro mani. Debbono contare solo sulle proprie forze, le forze che hanno abbattuto il regime di Ben Ali. I comitati che esistono nei quartieri devono essere mantenuti e devono collegarsi attraverso i rappresentanti eletti a livello locale, regionale e nazionale. Comitati analoghi dovrebbero essere istituiti nei luoghi di lavoro, tra le fila dell'Esercito, tra gli studenti, etc. Questi sono gli unici soggetti che possono essere i rappresentanti legittimi del popolo rivoluzionario a cui dovrebbe essere affidato il compito di convocare l'Assemblea costituente. Nessuno dei politici del vecchio regime può essere considerato come interprete del sentimento genuino delle masse.
Gli slogan all’ordine del giorno dovrebbero essere: ‘Abbasso il governo di unità nazionale! Per una assemblea costituente rivoluzionaria basata sui comitati di quartiere! Fraternizzazione con la truppa dell'esercito e creazione di comitati di soldati'! La UGTT deve convocare uno sciopero generale per far rispettare la volontà del popolo! Processo e condanna dei responsabili della repressione durante il regime di Ben Ali! Espropriazione della ricchezza del clan Trabelsi! La rivoluzione continua, i lavoratori e la gioventù devono rimanere all'erta!
Il regime di Ben Ali non era solo una dittatura, ma una dittatura capitalista. Questo è il motivo per cui Francia, Italia, Stati Uniti e il resto delle potenze imperialiste hanno sostenuto Ben Ali fino all'ultimo. Notiamo anche che l'Internazionale socialista ha deciso di rimuovere il RCD dalle sue file, una decisione imbarazzante che dimostra che quando si tratta di imperialismo, i leader socialdemocratici suonano sempre la stessa melodia intonata dall'imperialismo.
Se la rivoluzione venisse portata alle sue logiche conclusioni, e le richieste di lavoro e dignità saranno soddisfatte, le ricchezze della classe capitalista tunisina, le industrie, le banche e le imprese che hanno sostenuto, appoggiato, finanziato la dittatura e ne hanno tratto benefici, devono essere espropriate.
Solo in questo modo, la ricchezza del Paese creata dai lavoratori può essere messa sotto il controllo dello stesso popolo che l’ha creata, al fine di soddisfare le esigenze della popolazione.
Le aspirazioni delle masse tunisine possono essere veramente soddisfatte solo attraverso una rivoluzione politica e sociale: una rivoluzione socialista.
Leggi anche:
- Tunisia: rivoluzione fino alla vittoria! (14 gennaio 2011)
Note:
1 Vedi:
1) La rivoluzione portoghese, di Alan Woods, giugno, 1974;
2) La rivoluzione in Portogallo, di Ted Grant, maggio 1975;
3) La rivoluzione portoghese del 1974, di Phil Mitichinson, maggio 1994;
Tutti articoli in inglese, per una analisi dettagliata della rivoluzione portoghese del 1974 e il ruolo svolto dalle figure menzionate nell’articolo.
Translation: FalceMartello (Italy)