Le prossime elezioni per l’Assemblea Nazionale, che si terranno il prossimo 26 Settembre, rappresentano una sfida importante per il futuro della Rivoluzione Bolivariana. Nei mesi che precedono le elezioni il Venezuela si ritrova in una situazione altamente instabile. La contro-rivoluzione è passata all’offensiva, e sfrutta il proprio potere economico per provocare il crollo delle scorte di generi alimentari, attraverso il sabotaggio e l'accaparramento.
Da parte sua il governo sta tentando di risolvere alcuni problemi, ma le misure che ha preso fin ora sono state timide e non sono arrivate al cuore del problema. Uno dei maggiori problemi che la Rivoluzione ha di fronte è il sempre più diffuso risentimento popolare contro la burocrazia chavista, quegli elementi che hanno aderito al Movimento, non per lottare per il socialismo, ma per fare carriera, ottenendo lucrosi contratti governativi o un impiego in una posizione statale o nel Partito. Questo strato, che sta diventando via via sempre più potente, rappresenta una concreta Quinta Colonna della borghesia all’interno della Rivoluzione. E ha tentacoli che raggiungono gli alti livelli del governo e del PSUV.
Alcuni mesi fa, in Aprile, un gran numero di alte cariche dello stato provenienti da tutta l’America Latina sono arrivate a Caracas, dove hanno dominato l’etere per diversi giorni. Si sono sentiti tanti discorsi, molto lunghi, sulle conquiste di Bolivar e la Liberazione dell’ America Latina dal giogo coloniale. Ma la gente non può dimenticare che la vera indipendenza di questo grande continente rimane ancora da conquistare.
Di recente, il presidente Chavez ha detto più volte e molto chiaramente che non possono esserci soluzioni ai problemi dei popoli dell'America Latina e del mondo sotto il capitalismo e che l’unica alternativa che ha di fronte il genere umano è il socialismo o al barbarie. La manifestazione del 13 Aprile è stata l’occasione per una dimostrazione impressionante dell’Esercito Popolare, operai armati, contadini e studenti.
A conclusione del congresso del PSUV migliaia di chavisti in camicia rossa hanno urlato all’unisono Viva Chavez e Viva la Revolucion! Ma sotto la superficie cova un profondo senso di frustrazione. Oltre i discorsi ufficiali, la base del PSUV ha espresso seri dubbi su come stanno andando le cose, e su quello che ha in serbo il futuro.
Un attivista Bolivariana, Monica, ha espresso così il suo pensiero:
“Vedere tutte quelle donne e quegli uomini dell’esercito marciare il 13 mi ha riempito di orgoglio. Ma c’è un problema. Il numero dei Bolivariani nelle strade era molto minore rispetto agli anni precedenti. Ho paura che queste parate stiano spostando l’attenzione dalle questioni politiche, dai problemi che interessano veramente le persone normali.”
Poi confessa:
“Noi Bolivariani stiamo perdendo la battaglia fra la gente. Già adesso la contro-rivoluzione può attaccare Chavez pubblicamente, alla fermata dell’autobus o alla stazione della metro e nessuno gli risponde più. I chavisti stanno chinando la testa. Siamo sulla difensiva.”
Un altro attivista, Gustavo, commenta amaramente:
“Il morale nei barrios più poveri è molto basso. Nel passato la gente era abituata a lottareper un posto sui pullman che portavano alle nostre manifestazioni. Adesso non ci vuole andare più nessuno. Addirittura alcuni dicono: Ci vado se mi pagate! E dicono: c’è un sacco di soldi in questo paese - per qualcuno!”
Il risultato è che quanto uscirà dalle urne non è facilmente prevedibile. Molte cose possono ancora succedere nei prossimi mesi. Ma una cosa è chiara: non sarà una passeggiata per i candidati del PSUV. L’avanguardia del PSUV e del movimento bolivariano guarda con crescente preoccupazione il modo in cui la contro-rivoluzione sta minando alle fondamenta la rivoluzione e preparando il terreno per rimuovere Chavez dal suo incarico.
PDVAL - il cancro della corruzione
Qual è l’origine del problema? È il fatto che, undici anni dopo che Chavez ha preso il potere, la Rivoluzione non è ancora stata portata a compimento. Il Presidente ha ammesso onestamente che il Venezuela è rimasto un paese capitalista. Settori importanti dell’economia sono rimasti nelle mani dei privati. La maggior parte della terra è nelle mani dei latifondisti, mentre il 70% del cibo viene importato (nonostante il Venezuela sia un paese molto fertile)
A questo va aggiunto il problema dell’inflazione (ora a un tasso dei più alti in America Latina). La distribuzione è ancora gestita dai grandi supermarket e dai monopolisti alimentari, spesso proprietà di grandi compagnie straniere. La frode è la corruzione sono floride in questo settore, come in altri.
A discapito dell’impegno del governo, capita spesso e regolarmente che ci sia carenza di alcuni generi alimentari. Abbiamo visto la medesima cosa alla vigilia del Referendum Costituzionale (che il Governo ha perso a causa di una forte astensione). Questa è con tutta evidenza una campagna di sabotaggio messa in piedi deliberatamente dal grande business per destabilizzare il paese e diffondere malcontento in vista delle elezioni di Settembre.
Questi problemi sono inseparabili dal problema della burocrazia e della corruzione. Il ruolo della burocrazia e di paralizzare l’avanzamento della Rivoluzione, sabotare il varo di leggi progressiste, e cancellare le iniziative del Presidente. Costituiscono, di fatto, l’ala destra Bolivariana, ostinatamente contraria a misure rivoluzionarie come la nazionalizzazione il controllo operaio. In molti casi, questo tipo di sabotaggio ha avuto effetti molto nocivi. Questo è particolarmente evidente nel settore alimentare.
Un esempio recente è lo scandalo della compagnia statale PDVAL che consegna più di 1.000 tonnellate di cibo al giorno in Venezuela. Verso la fine di Maggio, i servizi segreti Venezuelani hanno scoperto una riserva segreta di 2.334 container pieni di generi alimentari che erano stati nascosti dai manager corrotti della compagnia. Ne è risultato l’arresto del presidente della PDVAL Luìs Pulido con l’accusa di corruzione e rapina.
Le successive indagini hanno evidenziato come i problemi vadano ben oltre il singolo individuo. Stando a quanto riportato da un articolo di Ultima Noticias del 9 Giugno, i lavoratori della PDVAL hanno mandato un rapporto a Chavez che dimostrava come nell’azienda statale fosse all’opera un vera e propria mafia organizzata.
Il rapporto racconta di come dodici top manager della compagnia hanno organizzato un vera e propria rete mafiosa che sistematicamente prelevava e nascondeva i container, finché la merce contenuta non avesse superato la data di scadenza, per poi rivendere il tutto sul mercato nero e ordinare nuovi container attraverso la PDVAL. Chiunque osasse opporsi a questa pratica veniva zittito con minacce di morte. Heartfriend Pena, un lavoratore che aveva denunciato l’esistenza di più di 400 container nascosti è stato licenziato immediatamente dai manager corrotti.
L’opposizione di destra ha tentato di “provare” che il caso PDVAL dimostri come la rivoluzione stessa sia un progetto fallimentare. Dall’altra parte però, ci sono i lavoratori del settore statale che hanno manifestato per dimostrare il loro sostegno ai programmi alimentari del governo.
Il caso PDVAL dimostra come sia impossibile costruire una nuova società socialista mantenendo intatta la vecchia burocrazia statale. Senza il controllo democratico della classe operaia, è impossibile evitare la corruzione e la burocrazia. La corruzione è un cancro che sta distruggendo la rivoluzione dall’interno. Per cui o sarà la Rivoluzione a distruggere la burocrazia o sarà la burocrazia a distruggere la Rivoluzione.
La destra Chavista
La burocrazia, quegli agenti della borghesia in camicia rossa, stanno ingaggiando un'amara battaglia contro i chavisti di sinistra. Hanno preparato una lista nera per evitare che gli elementi realmente rivoluzionari possano entrare in contatto con il presidente. Diffondono bugie e falsità contro i compagni di sinistra del PSUV, accusandoli di essere controrivoluzionari!
Lo slogan del momento per questi elementi è: disciplina! Con questo intendono che i ministri devono fare quello che la burocrazia gli dice di fare! Perchè un ministro possa fare una qualsiasi cosa, gli viene detto: devi prima consultare questo-e-quello, perchè sia approvato. Ma questo questo-e-quello non approverà mai alcuna misura progressista o rivoluzionaria. In questo modo, la rivoluzione è stata gradualmente paralizzata.
Quando un ministro si rifiuta ostinatamente di seguire la linea, può essere ignorato o rimosso. Il caso più scandaloso è stata la recente rimozione di Eduardo Saman, il ministro più popolare del governo, che non ha mai fatto mancare il suo appoggio attivo alle fabbriche occupate e alle nazionalizzazioni.
Saman era molto popolare tra la gente, ma anche molto impopolare tra la borghesia e la Quinta Colonna, dal momento che credeva necessario un monopolio di stato per il commercio estero - una misura assolutamente corretta e necessaria in un'economia socialista. Era anche impegnato in quella che si può definire una crociata personale per mantenere bassi i prezzi dei generi alimentari di base. L’uomo che ha preso il suo posto ha immediatamente aumentato il prezzo di tutta una serie di prodotti alimentari di base, e alzato i parametri di controllo dei prezzi dei prodotti di base con cui Saman li aveva mantenuti bassi. Questo non è certo il modo migliore per ottenere il supporto delle masse chaviste in un anno elettorale!
I capitalisti (sia stranieri che venezuelani) stanno sistematicamente sabotando l’economia. Per esempio, l’incapacità di produrre abbastanza automobili da soddisfare la domanda locale è stata la base per un'enorme truffa che ha visto coinvolte le grandi compagnie automobilistiche USA, le banche e le compagnie assicurative, che hanno fatto lauti profitti sulle spalle della gente a cui chiedono d'inscriversi a una fila, pagando, diciamo 60.000 bolivar per una macchina, che alla fine ne costerà 200.000.
Alcune aziende che si suppone appartengano al settore alimentare fanno fortune speculando sul cambio dollaro/bolivar, e in pratica non producono niente. Anche alcune delle nazionalizzazioni che sono state fatte sono dubbie. In molti casi, la burocrazia ha smantellato il controllo operaio e reinsediato i vecchi manager. In altri casi, i vecchi proprietari continuano di fatto a gestire la compagnia. In altri casi ancora, tutto quello che è cambiato sono le etichette sui barattoli del caffè, e così via.Per contrasto, c’è il caso della fabbrica Gaviota, che produce sardine ed è stata nazionalizzata e funzionando con successo sotto il controllo degli operai. Il problema è che casi come questo sono l’eccezione e non la regola.Bisogna completare la rivoluzione
Nella sua ormai classica analisi della Rivoluzione spagnola , il marxista americano Felix Morrow racconta un tipico dialogo tra un miliziano e un contadino povero durante la guerra civile. Il primo cerca di convincere il secondo della necessità di difendere la Repubblica Spagnola. Al che quest’ultimo risponde con una semplice, penetrante domanda: “Cosa ci ha mai dato la repubblica da mangiare?”
L’aneddoto ha un significato profondo per il Venezuela di oggi. Non è sufficiente avere buone intenzioni o difendere il Socialismo in quanto ideale. Per la masse povere, il Socialismo deve significare pane, burro e latte. Deve significare fine dell’alto tasso di criminalità, fine del drastico aumento dei prezzi, e quindi fine della povertà.
Mentre alcuni ufficiali del governo e ministri sono impegnati a fare lunghi discorsi sulla “democrazia popolare”, il nemico mira alle questioni reali, come l’inflazione, la carenza di scorte alimentari e il tasso di criminalità. È ovvio che la corrotta opposizione venezuelana (finanziata dall’imperialismo americano) lo fa solo per perseguire i propri cinici propositi e con il solo scopo di minare alla base la rivoluzione. Se dovessero tornare al potere possiamo stare tranquilli che le cose peggioreranno, proprio come sono peggiorate per i lavoratori e i contadini spagnoli dopo la vittoria di Franco.
Nondimeno, è particolarmente pericoloso in questa fase evitare di affrontare i problemi reali. Alcuni settori riformisti, sia venezuelani che stranieri, hanno cercato di negare i problemi sociali ed economici del Venezuela come “mera propaganda dell’opposizione”.
Ma se tu neghi quello che è evidente per chiunque, finirai per diventare sempre più distante dalla masse che sentono gli effetti della crisi economica nella loro vita quotidiana.
La necessità di completare la rivoluzione è ora più urgente che mai. Sembra incredibile, ma dopo oltre dieci anni di rivoluzione, la situazione resta favorevole. Chavez può ancora usare la sua maggioranza in parlamento per far passare una Decreto che nazionalizzi le maggiori aziende, nei settori del cibo e della distribuzione, le banche e l’industria che è rimasta nelle mani dei privati. Questo può essere accompagnato dal monopolio statale del commercio estero, permettendo al Venezuela di entrare in possesso del pieno controllo della propria economia. Inoltre, un decreto che introduca il controllo operaio in tutto il settore statale riceverebbe sicuramente una risposta entusiasta e i lavoratori formerebbero consigli di fabbrica in tutte le imprese, come abbiamo già visto accadere in forma embrionale alla SIDOR e in altre industrie fondamentali del Guyana.
Uno sviluppo in questo senso permetterebbe velocemente al governo di risolvere i problemi dell’inflazione, della speculazione, degli alloggi, della sottrazione di scorte alimentari e delle infrastrutture. Potrebbe essere introdotta una riforma agraria radicale che abolisse il dominio dei latifondisti nelle campagne dando la terra ai contadini. Il controllo del credito su larga scala permetterebbe allo stato di prestare denaro a tassi convenienti ai piccoli contadini incentivando la produzione agricola, mettendo così fine all’assurda importazione di massa di prodotti alimentari.
Nazionalizzare le banche sotto controllo operaio!
Lunedì 14 Giugno le autorità venezuelane hanno annunciato un temporanea chiusura e l’avvio di una procedura investigativa per il Banco Federal, l’ottava fra le più grandi banche del paese. Uno dei motivi che ha spinto il governo a prendere queste misure è che la banca non ha rispettato una legge venezuelana che stimola l’investimento minimo per scopi produttivi.
Queste misure seguono l’intervento e la seguente nazionalizzazione di una serie di banche di media grandezza, a Novembre dell’anno scorso, che ha portato alla fondazione una nuova banca statale, il Banco Bicentenario. Questo significa che il settore statale adesso detiene il 20-25% del sistema finanziario.
Nonostante queste nazionalizzazioni siano sicuramente un passo in avanti, bisogna far notare che i capitalisti venezuelani del settore finanziario (di cui molti sono multinazionali) sono ancora largamente liberi di esportare ricchezza dal paese. Un articolo del giornale finanziario della borghesia Reporte diario de la Economia ha recentemente rivelato che questi signori hanno fatto 2.615 miliardi di profitti nel 2009. È un’immagine grottesca, considerando che ci sono milioni di venezuelani che vivono in misere baraccopoli, sopravvivendo con 5-10 dollari al giorno.
A parte l’evidente ingiustizia sociale, questo indica che, oltre dieci anni dopo l’inizio della rivoluzione bolivariana, l’economia venezuelana e chiaramente ancora un’economia di mercato, cosa ammessa anche dagli ufficiali di governo. Stando a quanto riportato dal Banco Central de Venezuela, il settore privato genera ancora il 70% della ricchezza del Venezuela.
Il settore privato ha avuto difficoltà più grave del settore pubblico, ma resta comunque più grande. Per esempio, nel 2009, il PIL è diminuito del 3,3%, diminuendo nel settore privato il 4,5% e crescendo nel pubblico dello 0,9%. Il PIL (in Bolivar) è stato di 56 miliardi, ci cui 33 miliardi prodotti dal settore privato e 17 miliardi dal settore pubblico, con 6 miliardi derivati da tasse sui prodotti. È difficile fare un calcolo esatto, ma questo significherebbe che il settore privato rappresenta il 66% del PIL, per cui l’ipotesi del 70% non era poi così lontana. Si può quindi dire che quello che abbiamo in Venezuela non è socialismo ma un economia mista, in cui l’elemento capitalista predomina. Alcune cose si possono dedurre da questi fatti.
Mantenere il sistema capitalista ha significato per il Venezuela essere colpito duramente dalla recessione mondiale. Il 2009 si è concluso con una riduzione del PIL del 3,3%, e il primo quarto del 2010 ha registrato un ulteriore diminuzione del 5,8%. Nel 2008 il PIL era cresciuto del 4,8%. Ma nello stesso periodo il settore privato perdeva lo 0.1% mentre il settore pubblico cresceva del 16,3%. Il che significa che in questo momento è il settore pubblico a tenere in piedi l’economia. Il motivo è ovvio: i capitalisti non sono in grado e non vogliono accrescere le forze produttive.
Gli ultimi 10 anni hanno visto la chiusura di 4000 piccole o medie fabbriche in Venezuela. Allo stesso tempo, l’inflazione è estremamente alta. Calcoli recenti dimostrano come l’inflazione accumulata nei primi quattro mesi del 2010 sia del 10,3%, mentre era solo al 6,7% nello stesso periodo dell’anno scorso. Questa situazione sta rendendo la vita sempre più difficile per le famiglie operaie, perchè gli aumenti di stipendio sono diventati un’eccezione. Perciò c’è una vera caduta del potere di acquisto per i lavoratori venezuelani.
La rivoluzione deve tenere conto di questa situazione e giungere alle necessarie conclusioni: all’interno dell’economia di mercato non c’è modo di risolvere i problemi più urgenti delle masse. Nella corsa alle elezioni parlamentari, i marxisti venezuelani lotteranno perchè il PSUV, la gioventù del PSUV e la UNT, adottino un programma genuinamente socialista. La nazionalizzazione dell’INAF è la prima vittoria in questo senso e dimostra come sia possibile vincere le lotte, se i metodi del Marxismo sono in prima linea.
Comunque, una nazionalizzazione parziale non funzionerà. Ciò che serve è una economia pianificata di tipo socialista. Per mettere fine al caos, tutte le strutture chiave dell’economia, comprese le banche, devono essere espropriate senza compenso. E per sradicare il cancro della burocrazia e della corruzione, è essenziale che l’economia e lo stato siano nelle mani della classe operaia.
In più occasioni, Chàvez ha citato Stato e rivoluzione di Lenin come una lettura obbligata per i militanti del PSUV. Quali furono le condizioni fondamentali che Lenin indicò per la costruzione di una democrazia operaia e per incamminarsi verso il socialismo?
1) Libere e democratiche elezioni con diritto di revoca
2) Nessun funzionario deve ricevere un salario superiore a quello di un operaio specializzato
3) Popolo armato al posto dell’esercito permanente o della polizia
4) Progressivamente, i compiti di amministrazioni devo essere svolti da ognuno a turni: quando tutti sono burocrati, nessuno è un burocrate.
Queste misure dovrebbero essere adottate immediatamente in Venezuela. È l’unico modo per porre fine alla corruzione e alla burocrazia. Nel suo discorso al congresso dello PSUV in Aprile, Chavez ha puntato il dito sulla crisi mondiale del capitalismo e ancora una volta ha detto chiaramente che solo il socialismo può salvare l’umanità. Ancora una volta ha citato Lenin (Stato e rivoluzione e l’Imperialismo) e Marx, sottolineando il fatto che il PSUV è per la lotta di classe. È giunto il momento che le parole del Presidente siano messe in pratica!
Come conquistare la classe media
Una delle obiezioni più frequenti fatte dai riformisti al programma socialista è che questo allontanerà la classe media. Questo è completamente falso. L’espropriazione non è diretta ai piccoli proprietari, ai piccoli imprenditori, negozianti e commercianti, o ai contadini con un piccolo lotto di terra e qualche gallina. Sono invece dirette verso le grandi banche e i monopoli che sfruttano, ingannano e rapinano i piccoli imprenditori.
I piccoli commercianti, i piccoli contadini, e il resto del cosiddetto strato intermedio sta tra la classe operaia e la borghesia. È una classe molto eterogenea. Nello strato più alto sono molto simili alla borghesia. Gli avvocati ricchi, i professori universitari, economisti, giornalisti e altri professionisti hanno un ruolo nella società esistente e sono pronti a difendere i suoi interessi. I loro figli nelle università costituiscono le truppe d’assalto della reazione.
Invece, gli strati più bassi della classe media sono molto instabili e costantemente oscillanti tra la rivoluzione e la controrivoluzione. Questi strati tendono a seguire la classe che dimostra di avere una prospettiva. Possono quindi essere convinti solo da una politica coerente e risoluta. I riformisti invocano sempre la moderazione per “conquistare la classe media”. Ma le vacillazioni e la moderazione sono esattamente il modo per perdere il sostegno della classe media, spingendola nelle braccia della reazione.
I riformisti parlano sempre di essere “realisti”, ma nei fatti la loro politica di “moderazione” è propriamente utopica. È dimostrato dall’esperienza. Un paio di anni fa, l’ex sindaco di Caracas, Juan Barreto ha dato inizio a un programma di espropriazione di fabbricati e terre abbandonate (comprese alcuni campi da golf) che all’inizio ebbe una risposta davvero buona dai cittadini, molti dei quali appartenevano alla classe media. Vedevano che il governo stava finalmente iniziando ad attaccare gli speculatori e gli squali del mercato immobiliare che stavano facendo soldi grazie alla mancanza di alloggi accessibili a prezzi popolari. Ma questa politica è stata prontamente abbandonata sotto la pressione dei riformisti.
Questo ha allontanato la classe media che era a favore dell’espropriazione di questi pasciuti parassiti. La lezione è chiara: La classe media può solo essere convinta se il governo, basandosi sulla classe operaia, adotta una limpida politica socialista e dimostra coraggio e determinazione. Finchè la rivoluzione resterà a metà strada, il piccolo negoziante soffrirà sotto la dittatura dei monopoli e il piccolo contadino soffrirà sotto il latifondismo. È impossibile convincere la classe media con timide mezze misure. Solo se la rivoluzione saprà prendere decisi provvedimenti per distruggere il potere economico dell’oligarchia sarà allora possibile portare api settori della classe media dalla parte della rivoluzione.Il PPT e l’appello per una chavismo “tollerante”Nel momento in cui la rivoluzione si avvia verso una fase critica, è inevitabile che tenda a polarizzare l’ala sinistra e l’ala destra, rispettivamente rappresentanti le pressioni dei lavoratori e dei contadini che cercano di battere la borghesia e di completare la rivoluzione, e le pressioni della borghesia de la sua quinta colonna, che cerca di battere e distruggere la rivoluzione sotto la falsa bandiera della democrazia e della tolleranza.
È in questo contesto che il PPT (Patria per tutti), un partito che ha sempre sostenuto il blocco in favore del governo, ha deciso di rompere con quello schieramento presentandosi con una linea più “morbida” di chavismo, rispetto a quella promossa dallo stesso Chavez. Questo partito è diretto dall'ex governatore del PSUV di Lara, Henry Falcon, che entrò in conflitto con Chavez, tra i vari motivi, per aver opposto resistenza alle direttive del governo che indicavano di espropriare un'area industriale, a Lara, appartenente al milionario Mendoza (proprietario della catena di bevande e alimenti Polar).
Il PPT sta tentando (più o meno nel modo in cui Violeta Chamoro fece lo stesso alla fine degli anni '80, in Nicaragua) di presentarsi come “terza opzione”, capace di aprire la strada alla riconciliazione pacifica, ovvero al compromesso tra le classi per tentare di ristabilire la pace sociale, e allo stesso tempo di alleviare il peso che grava sulle masse, come l'inflazione, la carenza di cibo e così via. Questa retorica è particolarmente pericolosa poiché nasconde le vere posizioni di questi individui: una vera e propria controrivoluzione coperta da una maschera democratica.
Se il governo si dimostra incapace di risolvere i problemi più urgenti, la chiamata demagogica alla riconciliazione potrebbe conquistare ampi strati delle classi medie e anche alcuni settori proletari stanchi e demoralizzati per via del lento corso della rivoluzione, oltre che intenti disperatamente a cercare una soluzione a una tale impasse. Ma il fatto più rilevante è che il prolungarsi di questa situazione può tradursi in apatia e sconforto, il che può riflettersi in un alto astensionismo alle prossime elezioni.
La fase attuale è caratterizzata da enorme confusione. I piccoli partiti e le sette ai margini del movimento bolivariano, che si descrivono come marxisti e “trotzkisti”, non riescono a fornire un aiuto reale, incapaci come sono di comprendere il modo in cui si muovono le masse. Orlando Chirino è un esempio classico di questo fenomeno: si tratta di un sindacalista che ha avuto un buon seguito all'interno delle vertenze tra i lavoratori tessili di Aragua, e che tra l'altro era in prima linea nella creazione dell'UNT, l'Unione Nazionale dei Lavoratori. Nel 2007 Chirino decise di boicottare il PSUV durante il referendum costituzionale. Come avevamo già detto all'epoca, ora è incapace di distinguere tra rivoluzione e controrivoluzione.
Negli ultimi mesi, vi è stata una conferma impressionante di questa deriva: Chirino ha promosso la propria candidatura per l'assemblea nazionale, nelle liste del...PPT! Così, il gruppo “trotzkista” di Chirino sta entrando in un fronte popolare di partiti borghesi, per attaccare il governo anti-imperialista di Hugo Chavez! La storia infatti conosce ogni tipo di trasformazione! Non contento di essere un candidato in una lista borghese, Chirino è ora pubblicamente in prima fila per opporsi alla nazionalizzazione della catena Polar poiché, a suo dire, si tratterebbe di una “nazionalizzazione borghese”!
Fornendo al PPT una copertura “di sinistra” e “operaista”, egli sta oggettivamente favorendo gli interessi della borghesia e della controrivoluzione. Questo dev'essere compreso e contrastato da tutti i lavoratori, militanti o attivisti sindacali che siano. Coloro che vogliono spazzare via la controrivoluzione, dovranno combattere tra le fila del PSUV per vincere le elezioni. Si tratta di una vera e propria questione di vita o di morte per la rivoluzione.
La fase attuale
Negli ultimi undici anni la rivoluzione bolivariana è stata salvata in numerose occasioni dall'azione consapevole delle masse: nel 2002, nel 2003 e in seguito nel referendum revocatorio del 2004. Ma già il referendum costituzionale aveva lanciato un segnale di allarme. L'opposizione non vinse il referendum. I chavisti hanno perso in quell'occasione. Tre milioni di sostenitori di Chavez si sono astenuti.
È impossibile stabilire con certezza gli esatti rapporti di forza sul piano elettorale. Non vi è la probabilità che l'ala destra dell'opposizione sottragga molti voti nelle fila dei chavisti. Ma c'è la concreta possibilità che molti sostenitori di Chavez, semplicemente, scelgano l'astensione. Secondo alcune statistiche, lo zoccolo duro del voto chavista si aggira intorno a un terzo; un altro terzo si orienterebbe verso l'opposizione, mentre un’ultima parte, quella determinante, potrebbe, in preda alla disillusione, decidere di non andare a votare.
Questo fattore potrebbe attribuire la maggioranza, nell'assemblea nazionale, all'opposizione. Sarebbe un disastro per la rivoluzione. E anche se l'opposizione dovesse fallire nell'ottenere la maggioranza, ma riuscisse comunque ad ottenere un risultato consistente, sarebbe un duro colpo. Una presenza massiccia dell'opposizione nell'assemblea nazionale sarebbe per loro un'arma per sabotare ogni forma di legislazione progressista. Userebbero questa forza per organizzare manifestazioni di massa nelle strade, utilizzando la piccola borghesia e gli studenti delle classi medie come truppe d'assalto al servizio della controrivoluzione. Il pericolo è reale e concreto.
La rivoluzione bolivariana sta attraversando una fase difficile, è vero, ma si tratta allo stesso tempo di una fase assolutamente necessaria ed inevitabile. Ogni rivoluzione nella storia attraversa periodi diversi. C'è sempre una prima fase, quella delle rivendicazioni democratiche – come nella Russia del Febbraio '17 o la Spagna dell'Aprile '31 - , caratterizzata dall'euforia, in cui le masse si convincono che i propri problemi siano risolti. Le cose sembrano così semplici in quella fase!
Ma in seguito, arriva una seconda fase, quella in cui le masse comprendono che le cose non fossero poi così semplici come sembrava in un primo momento. Vedono che le cose non vanno per il verso giusto, e provano sentimenti di disappunto e disillusione. Molti cadono nella passività e nell'inattività. La controrivoluzione diviene sempre più arrogante all'indietreggiare della rivoluzione.
È vero, molti attivisti della prima ora in questo momento sono disillusi e hanno abbandonato l'attività politica. Ma c'è un altro strato, il settore più avanzato dei lavoratori e dei giovani, che ha sviluppato un approccio critico ed è aperto alle prospettive rivoluzionarie. Negli ultimi anni, abbiamo visto questa tendenza svilupparsi rapidamente nelle fila dei chavisti. Cresce l'odio nei confronti della borghesia e della burocrazia riformista, così come l'apertura nei confronti delle istanze avanzate dal Marxismo rivoluzionario. Lo dimostra l'eccellente diffusione del nuovo giornale marxista Lucha de Clases (Lotta di Classe): le copie del primo numero sono state vendute tutte nel giro di pochissimo tempo.
I sostenitori di Lucha de Clases saranno in prima linea per la vittoria del PSUV nelle elezioni di settembre. Il nostro compito primario e più urgente è quello di sconfiggere la controrivoluzione! Ma sarà impossibile sconfiggerla senza una lotta implacabile contro la burocrazia e la borghese “Quinta Colonna” presente all'interno del movimento chavista. Se ci basiamo sulle forze vive della società venezuelana, ovvero i lavoratori, i contadini e la gioventù rivoluzionaria, condurremo lo scontro fino alla fine. Una cosa è assolutamente certa: la rivoluzione bolivariana vincerà come una rivoluzione socialista, o non potrà mai vincere.
5 luglio 2010
Source: FalceMartello